L'arte di chiedere scusa

Non tutti sono capaci di chiedere scusa quando sbagliano: ma quasi sempre, è il modo migliore per mettere fine a un conflitto.
Se i litigi sono tanto naturali quanto comuni in ogni relazione umana, che sia di natura amorosa, di amicizia, parentale, meno naturale e meno ovvio è il momento delle scuse: eppure, ogni conflitto si può dire chiuso solo quando chi ha sbagliato dimostra vero pentimento, e soprattutto lo sa ammettere. Pensateci: quante volte capita che un dettaglio, un piccolo errore di percorso (e capita spesso tra fidanzati) si trasformi da un nonnulla ad una grande, enorme, questione di principio? Quante volte ci fa arrabbiare da morire non tanto il fatto in sé, quanto l'incapacità dell'altro di riconoscere l'errore e chiedere scusa? Spesso ci si intestardisce, ci si impunta solo perché si esige un 'mi dispiace', e sembra che costi così poco da non capire perché non riusciamo ad ottenerelo! E invece no, per alcuni è davvero difficilissimo ammettere un errore! Se parliamo di conflitti e perdono, possiamo raggruppare tre tipi di persone: quelli che riconoscono i propri sbagli, quelli che non vedono mai il proprio errore a meno ché non gli venga schiaffato in faccia, e quelli che, pur sapendo di essere in torto, non riescono a chiedere scusa. Il fatto è che scusarsi viene interpretato troppo sovente come un atto di sottomissione, di debolezza. Si teme di dimostrarsi subordinati, e quindi si continua per la propria strada, veloci come un treno, pur di non cedere all'umiliazione di aver torto. Ma in realtà, è l'esatto contrario! La capacità di auto-analizzarsi, di riconoscere i propri sbagli, e infine di saper chiedere perdono alla persona offesa è un atto di grandissima maturità!
Dimostra carattere, coraggio, personalità e senso della giustizia. La capacità di chiedere scusa è propria delle persone sicure di sé, che non temono di 'abbassarsi' e umiliarsi, ma al contrario sono sicure di poter migliorare e non ripetere l'errore. Certo esistono momenti e modi adatti, non basta ripetere come un pappagallo 'scusa-mi dispiace-ho sbagliato' per venire assolti. Ad esempio, le scuse palesate quando si è ancora in pieno conflitto, odorano di menzogna: quando si è troppo arrabbiati, è difficile fare auto-analisi, perciò un fidanzato, un amico, un collega che nel mezzo della lite chiede in automatico 'scusa' è poco credibile. Suona semplicemente come una tiritera imparata a memoria per gettare acqua sul fuoco. Quindi non ritenetevi soddisfatte quando ricevete delle scuse in piena guerra: è solo un'arma per calmarvi. Le scuse sincere sono la conseguenza di una riflessione, di uno scambio di opinioni profondo: occorre che provengano dritte dritte dal cuore, e che siano passate per cervello e bocca dopo aver fatto svariati giri 'di campo'. Non ci sono tempi specifici ovviamente, dipende dalla gravità del conflitto, dalla disponibilità della persona offesa ad ascoltarci, dalla voglia di ricucire lo strappo, dal tipo di rapporto. Fatto sta che serve calma, riflessione, tranquillità e soprattutto sincerità. Altra regola del perfetto pentito: non minimizzare la propria colpa, non cercare di giustificarsi, non cercare scappatoie. Ancora più irritante di non ricevere delle scuse, è riceverle 'con riserbo'. Se avete sbagliato, avete sbagliato, punto.
Le attenuanti sicuramente possono esserci, ma magari il momento di sfoderarle è un altro, successivo alla richiesta di perdono almeno. Certo questo vale per chi sa di aver sbagliato, ma se invece credete di essere stati incolpati di una cosa di cui non avevate il controllo, o comunque per cui ci sono validissime discriminanti, allora è il caso di difendersi dalle accuse. Magari chiedendo scusa per ciò che vi riguarda, ma estraniandovi dalla colpa assoluta. Tuttavia se sapete di aver sbagliato, riconoscete l'errore e sapete di aver ferito qualcuno che amate, le giustificazioni sono assolutamente out: alla persona che avete davanti potrebbe uscire del fumo dalle orecchie... Insomma, va bene chiarire, spiegare cosa vi ha spinto ad avere quel comportamento, ma non esagerate con la vostra difesa, o provocherete un ulteriore litigio!Dopotutto quando i conflitti si lasciano smorzare nell'indifferenza, nel silenzio, magari ritornando in buoni rapporti per quieto vivere, ma senza avere davvero chiarito, spesso succede che ci si trascina dietro il rancore. E il rancore è un sentimento davvero difficile da debellare, che indebolisce qualsiasi rapporto: per prevenirlo, basta un sincero, sentito, chiaro e forte: mi dispiace ho sbagliato!

Pronti per la notte delle streghe??

La notte delle streghe si avvicina, e se avete intenzione di celebrarla come si deve, ecco qualche idea per il trucco. I protagonisti di Halloween sono vampiri, streghe, zombie: con un po' di creatività i vostri trucchi quotidiani vi faranno entrare a pieno titolo nel sabba più divertente dell'anno!

Guardate la galleria fotografica cliccando sul link: http://donne.it.msn.com/bellezza/foto/gallery.aspx?cp-documentid=155080111&page=1

Barzeletta

Gara di tiro con l'arco e si presentano tre concorrenti:
il primo prende una ragazza gli mette una mela in testa va a 50 metri scocca il dardo e colpisce in pieno la mela, il pubblico tutto in piedi esulta, il concorrente si gira e dice:
"I'm Robin Hood"
Arriva il secondo, prende un'altra ragazza dal pubblico gli mette una mela in testa va a 100 metri scocca il dardo e prende in pieno la mela, il pubblico tutto in piedi esulta, il concorrente si gira e dice:
"I'm Guglielmo Tell"
Arriva il terzo concorrente prende ancora un'altra ragazza gli mette una mela in testa va a 150 metri scocca il dardo e prende in piena fronte la ragazza, il pubblico rimane sbigottito il concorrente si gira e dice:
"I'm sorry!!"

Cu'mme by Mia Martini e Roberto Murolo

Scinne cu 'mme
nfonno o mare a truva'
chillo ca nun tenimmo acca';
vieni cu mme
e accumincia a capi'
comme e' inutile sta' a suffri',
guarda stu mare
ca c'infonne e paure
sta cercanne e ce mbara'....
Ah, comme se fa'
a da' turmiento all'anema
ca vo' vula'
si tu nun scinne ffonne
nun o puo' sape'!
No, comme se fa'
a te piglia' sultanto
o male ca ce sta'
eppoi lassa' stu core
sulo in miezz a via.
Saglie cu 'mme
e accumincia a canta'
insieme e note che l'aria da'.
Senza guarda'
tu continue a vula'
mentre o viento
ce porta la'
addo ce stanno
e parole chiu' belle
e te piglie pe te mbara'.
Ah comme se fa'
a da' turmiento all'anema
ca vo' vula'
si tu nun scinne a ffonne
nun o puo' sape'
no comme se fa'
a te piglia' sultanto
o mare ca ce sta'
eppoi lassa' stu core
sulo in miezz a via
ah comme se fa'
a da' turmiento all'anema
ca vo' vula'
si tu nun scinne a ffonne
nun o puo' sape'
no comme se fa'
a te piglia' sultanto
o mare ca ce sta'
eppoi lassa' stu core
sulo in miezz a via

Per chi vuole lavorare nella Security

E' stato indetto nella Provincia di Enna il Primo Corso di "Addetto ai Servizi di Controllo nei luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi"(Security) .
Gli interessati possono rivolgersi al CIRS sito in via Garibaldi, 56.

Ecco il bando:

Cinema: programmazione Cinema Moderno di Mirabella

da venerdì 29 ottobre a mercoledì 3 novembre
INNOCENTI BUGIE
commedia spionistica d'azione con Tom Cruise e Cameron Diaz
orario spettacoli: ore 18,30 - 20,30
Critica
'Bella commedia di James Mangold: divertente, dinamica, con due star di richiamo. I due protagonisti non sono abbastanza giovani per i personaggi, ma si muovono con sicurezza, autorità e bravura'. (Lietta Tornabuoni,'La Stampa', 8 ottobre 2010)

IL LIBRO La donna che denunciò il suo paese

In libreria "Malanova" di Anna Maria Scarfò con Cristina Zagaria. La storia di una donna del Sud abusata dal branco e condannata dal paese: una donna che ha avuto il coraggio di denunciare tutto. Il libro è edito dalla Sperling & Kupfer (16 euro). Ne pubblichiamo il prologo.

Il cielo tace. La terra accusa. Le case basse del paese premono l'una sull'altra e le voci rimbalzano tra i muri e i coppi. Si danno forza. Subito dopo si frantumano e si infilano sotto la porta. Una alla volta. E tutte insieme. Gemono. "Vai via."
Le minacce segnano il confine. Invadono le strade e divengono vento. Non c'è spazio. Non c'è fuga. Loro sono lì.
"Puttana", gridano.
Anna preme i palmi delle mani sulle orecchie.
"Non è vero", grida lei.
"Puttana", l'urlo del vento è più forte.
Quegli occhi dietro gli scuri. Quei tre uomini fermi nella piazza, sotto la pensilina. La donna sui gradini della chiesa. Il camionista accanto alla statua della madonnina. Quella ragazza alla fontana. Il prete. I vicini di casa. I passeggeri della littorina che arranca sui binari della Calabro-Lucana. Il Cristo all'ingresso del paese. "Puttana."
Il telefono squilla di notte. L'auto frena sotto le finestre. Le porte si chiudono. Madri, mogli, sorelle: sono loro i giudici. Gli uomini ridono. Ecco il paese.
"È colpa tua."
Ecco la sentenza.
"È colpa tua, vai via."
"Io non ho fatto niente. Dovete ascoltarmi."
"Vai via, puttana."

Primavera 2010. Calabria. San Martino di Taurianova. Qui comincia la storia di Anna Maria Scarfò. Oggi ha ventiquattro anni e vive sotto scorta.
Io
La mia camera ha due lettini, il mio e quello di mia sorella. Oltre i letti c'è solo l'armadio. Un piccolo televisore e lo stereo sono su una mensola, perché non c'è lo spazio per un altro mobile. Le nostre foto sono appese alle pareti. È una camera molto piccola. Poi ci sono la cucina e la stanza di mia madre e mio padre. Mia madre si chiama Aurora. E va a fare le pulizie in casa della gente. La pagano cinque euro all'ora. Mio padre lavora nei campi, raccoglie arance a Rosarno. E quando non ci sono le arance da raccogliere fa il carrozziere, ma a nero, cioè lui lavora e il cliente lo paga, ma non ha un'officina sua. Mio padre quando va a lavorare nei campi si alza alle cinque del mattino. E ci alziamo tutti, anche io e mia madre, per rispetto. La nostra è una casa popolare.
Il bagno ha la doccia al centro del muro di fronte alla porta, con il pavimento inclinato per far scivolare via l'acqua. Quando ti lavi si bagna tutto, perché non ci sono tende o pareti. Così, quando sei lavata e profumata, devi asciugare il bagno e sudi di nuovo. Ma mia madre è fissata con la pulizia. E se sulle mattonelle rimangono le goccioline, che poi fanno le macchie di calcare, urla.
Eccola, la mia casa. La cucina, due stanze, un bagnetto e una finestra, quella della mia camera, che non posso aprire. Anche se volessi camminare per tenere a bada i pensieri e la paura, non potrei. Non c'è spazio. E così i miei pensieri rimangono qui, assieme alla paura, ora che non posso più uscire di casa. Prima pregavo. Ora a pregare non ci riesco più.
Domenica si vota, ma io non andrò. Non andrò in chiesa per la benedizione delle Palme. Non faccio la spesa. Non vado al mare. Non ho più bisogni. So solo che non voglio fuggire. Non è colpa mia. So che non ho un altro posto dove andare, così scelgo di rimanere.
Ora ho tanto tempo in casa. Non ho fretta. Non ho meta. Non ho niente. Ho solo il mio passato.
Perché non posso uscire di casa? vi starete chiedendo. Se provassi a spiegarvelo non capireste. Non si può partire dalla fine con storie come la mia. Però, posso raccontarvi come sono arrivata a questo punto. Ho tempo. Molto tempo. Posso partire dal principio, da quando ero una ragazzina e tutti mi chiamavano "la bambolina". Mi chiamavano così mia madre, i parenti e anche in chiesa. Avevo le gote sorridenti e gli occhi allegri. Ho le lentiggini sul nasino e un viso smorfiosetto e dolce proprio come una bambola. Un neo al centro della guancia sinistra. Capelli lunghi neri. Lucidi. E poi sono bassa. Sono alta un metro... un metro e cinquanta. Formato bambola. "Annarella, sei bella come una bambola", mi dicevano tutti. E io ci credevo. Questa è la storia di una puttana che aveva tredici anni. Questa è la mia storia. Non è facile scriverla. Né ascoltarla.
Decidete ora se volete continuare a sapere. Ma se cominciate, abbiate il coraggio di ascoltare fino in fondo, come io ho avuto il coraggio di vivere quello che vi racconterò. Comincerò dall'inizio. Da quando tutti mi chiamavano "la bambola".

Proprietà Letteraria Riservata
© 2010 Sperling & Kupfer Editori S. p. A.
Pubblicato in accordo con Grandi & Associati, Milano

font: http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/10/17/news/prologo-8160589/

SPAZIO La prima missione di R2 il robot che sogna Marte

Lunedì prossimo sullo Shuttle Discovery destinato alla stazione orbitante ci sarà anche una macchina-umanoide. È già una star: ha persino un account Twitter per mantenere i contatti con i fan. Ha grande capacità di manipolare gli oggetti: può usare tutti gli strumenti di CLAUDIA DI GIORGIO

SE L'AVESSERO disegnato a Hollywood sarebbe un banale robot umanoide, per di più senza volto e senza gambe: un tronco bianco con due braccia (ben muscolose, però) e una testa-elmetto con un visore dorato che riflette l'esterno, dandogli un'aria un po' inquietante. E invece, dato che lunedì prossimo parte sullo shuttle Discovery diretto alla stazione spaziale internazionale, Robonaut 2 - detto R2 per brevità - è una star: fotografatissimo, come si conviene al primo robot umanoide che va nello spazio, ha persino un account Twitter con cui manterrà i contatti con le migliaia di fan che ha già conquistato.
Progettato al Johnson Space Center della Nasa a Houston in collaborazione con la General Motors, R2 è l'esemplare più recente e avanzato di un ambizioso programma per lo sviluppo di robot umanoidi destinati ad aiutare gli astronauti in lavori complessi o pericolosi, in vista di una collaborazione uomo-robot per missioni nello spazio profondo. Più veloce e compatto del prototipo che l'ha preceduto, il punto forte di R2 è la sua eccellente capacità di manipolare oggetti: i suoi realizzatori sono riusciti a dotarlo di una destrezza manuale che si avvicina parecchio a quella umana, al punto tale che può usare gli stessi attrezzi degli astronauti senza bisogno di modifiche. E senza mai stancarsi né annoiarsi.
Inizialmente, R2 non era progettato per volare; era solo il secondo esemplare del programma, un prototipo "di passaggio" da usare per capire cosa c'era da migliorare. Ma quando è stato completato si è rivelato così efficiente ed evoluto che la Nasa ha deciso di mandarlo subito in orbita, aggiornandolo qua e là per adeguarlo alle condizioni del volo spaziale, anche per approfittare di una delle ultime missioni shuttle prima del pensionamento delle navicelle previsto per il prossimo anno.
Per adesso, tuttavia, R2 non avrà compiti importanti. Trasportato nella stiva del Discovery dentro uno speciale contenitore protettivo, una volta a bordo della stazione spaziale sarà montato su un piedistallo e sottoposto anzitutto a una serie di test per verificare le sue abilità manuali in condizioni di microgravità, dimostrando, per esempio, di saper usare i suoi oltre 350 sensori per controllare con precisione il movimento di braccia e mani una per volta e contemporaneamente. Superati questi primi test, sarà messo davanti a un pannello di controllo dove eseguirà vari compiti: tutti simulati, però, dato che non ha il permesso di interagire con nessuno dei sistemi vitali della Stazione. Anzi, in caso di malfunzionamenti, l'equipaggio potrà "spegnerlo" rapidamente premendogli su un braccio.
E a proposito di equipaggio, un'altra cosa che la Nasa vuole capire con il volo di R2 è come evolveranno i suoi rapporti con gli astronauti. Oltre a testarne l'utilità nella situazione concreta della stazione spaziale, c'è infatti anche un risvolto psicologico da prendere in considerazione prima di ammetterlo a lavorare fianco a fianco con esseri umani. In fondo, un robot umanoide non è una macchina qualunque; come la fantascienza ci ha spesso raccontato, nell'isolamento dello spazio anche un robot può diventare un amico (o un nemico). Uno dei primi a scoprire di che pasta è fatto R2 sarà l'italiano Paolo Nespoli, che a metà dicembre partirà a bordo di una Soyuz per rimanere sei mesi sulla stazione spaziale e avrà quindi l'occasione di interagire con il robot e verificarne meraviglie o difetti.
Ma se il presente di R2 è poco impegnativo, il suo futuro - o meglio, quello dei suoi discendenti - si prospetta ricco di avventure e di gloria. Il prossimo passo vedrà i robot umanoidi lavorare all'esterno della stazione, da soli o insieme agli astronauti. Via via che si perfezionano, saranno poi dotati di gambe (al Johnson Space Center le stanno già preparando) o di ruote per muoversi agevolmente sulla superficie di altri mondi: asteroidi, nuclei di comete, ma soprattutto sulla Luna e su Marte, dove i Robonaut andranno in avanscoperta, precedendo, e preparando, l'arrivo degli equipaggi umani. Alla NASA, infatti, non hanno dubbi: il segreto del successo dell'esplorazione del sistema solare è nell'azione comune di uomini e robot.

font:http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/10/27/news/robot_r2-8469603/

Ue, ai neo papà garantite due settimane di congedo

Con 390 voti a favore, 192 contrari e 59 astensioni l'Europarlamento ha approvato l'innalzamento a 20 settimane di maternità pagata al 100% per tutte le mamme d'Europa e 14 giorni di paternità obbligatoria con stipendio pieno

STRASBURGO - Le mamme di tutta Europa dovranno avere diritto a 20 settimane di congedo retribuito al 100 per cento. Ma soprattutto i papà potranno stare con il loro neonato per almeno due settimane, anch'essi con stipendio pieno. Tra una marea di palloncini rosa e celesti il Parlamento Ue ha approvato gli emendamenti alla proposta di direttiva sui congedi parentali della Commissione europea. In Italia i cinque mesi di congedo per le madri sono già garantiti per legge, ma non in tutti i casi la paga è al 100 per cento. Il nostro Paese è all'avanguardia in Europa, ma è una felice novità per i padri italiani quella di poter usufruire di due settimane pagate di congedo obbligatorio di paternità. L'emendamento che innalza la soglia minima di permesso per le mamme a 20 settimane (oggi erano solo 14) è passato per appena sette voti: 327 sì, 320 no e 30 astenuti. L'intero testo della relazione che porta il nome dell'eurodeputata socialista portoghese Edite Estrela, è stato approvato con 390 voti a favore, 192 contrari e 59 astenuti. Tra gli altri emendamenti approvati dall'Europarlamento, anche quello che vieta il licenziamento delle donne dall'inizio della gravidanza fino ad almeno il sesto mese dopo la fine del congedo di maternità. Queste devono poi poter tornare al loro impiego precedente o a un posto equivalente, con la stessa retribuzione, categoria professionale e responsabilità di prima del congedo. "La maternità non può essere vista come un fardello sui sistemi nazionali di sicurezza sociale, ma rappresenta un investimento per il futuro", ha affermato la relatrice Estrela. Ma per la commissaria alla Giustizia e cittadinanza Viviane Reding "non sarà certamente facile trovare un compromesso equilibrato con il Consiglio Ue", in quanto il voto di Strasburgo "è molto ambizioso". Il testo votato dal Parlamento sulla base delle proposte della Commissione dovrà infatti ancora ottenere il via libera da parte degli Stati membri. Un accordo che si preannuncia particolarmente difficile vista la forte opposizione di Inghilterra, Francia e Germania che hanno già messo in guardia sul fatto che le 20 settimane di congedo pagate per intero costituiranno un onere enorme per i contribuenti, mentre gli imprenditori sostengono che nel lungo tempo la norma rappresenterà un deterrente all'assunzione delle donne.

http:// http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/20/news/maternit_20_settimane-8273412/

E' morto il polpo Paul l'indovino dei mondiali

La piovra di Oberhausen era diventata famosa per aver indovinato l'esito di tutte le partite giocate dalla Germania a Sudafrica 2010

OBERHAUSEN - E' morto nella notte il polpo Paul, la piovra di Oberhausen divenuta una star planetaria durante i mondiali di calcio 2010 in Sudafrica. Lo ha reso noto l'acquario Sea Life che ospitava l'animale.La notorietà mondiale di Paul era giunta in occasione della coppa del mondo in cui aveva indovinato l'esito di tutte le sette partite della nazionale tedesca: il polpo aveva predetto le vittorie dei tedeschi contro Australia, Ghana, Inghilterra, Argentina e Uruguay, così come le sue sconfitte contro Serbia e Spagna.

NEUROLOGIA L'amicizia accende la mente,svelate le basi della socialità

Ricercatori di Harvard hanno fotografato cosa accade nel cervello quando pensiamo a un amico. Nell'attivare i neuroni somiglianze e gusti non contano, ciò che importa è l'affetto di GIULIA BELARDELLI

Il legame inscindibile dell'amicizia fotografato nel cervello. Il meccanismo funziona più o meno così: di fronte a un amico, anche quello più diverso da noi, una parte della mente si "illumina" ed è più pronta a immedesimarsi per comprendere i sentimenti e le azioni dell'altro. Ad attivare la materia grigia, insomma, non sarebbe tanto la somiglianza in fatto di gusti e interessi, quanto piuttosto l'aver condiviso esperienze in passato, belle o brutte che siano. Queste le conclusioni di uno studio dell'Università di Harvard sui processi neuronali che regolano i rapporti sociali e il nostro modo di rapportarci al prossimo. Stando ai risultati, pubblicati sul Journal of Neuroscience, sarebbe proprio la presenza di una relazione già costruita a scatenare i neuroni più di quanto non avvenga al cospetto di uno sconosciuto, anche se costui ci somiglia tantissimo. Le ragioni di questa "scala di valori neuronali", suggeriscono gli autori, potrebbero essere frutto dell'evoluzione di uno dei tratti più distintivi dell'uomo, come sosteneva già il buon vecchio Aristotele: la sua socialità.

Le regioni della mente che ci fanno sociali. Sono più di vent'anni che i neurologi di tutto il mondo collezionano preziose informazioni su quali siano le parti del cervello dedicate all'interpretazione degli altri e ai comportamenti relazionali. Finora si è visto che nell'uomo, come anche nei primati e nei roditori, la zona più direttamente coinvolta nell'elaborazione degli atteggiamenti sociali è quella della corteccia mediale anteriore. Danni in questa parte del cervello, infatti, sono di solito associati a difficoltà nel comprendere le regole di base dell'interazione.
Per questo i ricercatori di Harvard si sono concentrati su questa zona del sistema nervoso, cercando di capire il peso specifico delle due "forze" che guidano la percezione celebrale del prossimo: la somiglianza e la familiarità. Mentre la prima consente al cervello di immedesimarsi nell'altro e dedurre i suoi stati emotivi, la seconda è diretta conseguenza della condivisione di un'esperienza e ha dunque un peso "personale". "Entrambi i meccanismi - spiega a Repubblica.it l'autrice dello studio, Fenna Krienen - hanno una base psicologica ed evolutiva come elementi fondamentali per giudicare il diverso da sé. Il nostro modo di rapportarci con il mondo esterno passa sempre attraverso una valutazione di questi due valori".
L'esperimento: amicizia contro somiglianza. Nello studio i ricercatori hanno scannerizzato, tramite una tecnica di risonanza magnetica funzionale, il cervello di novantotto giovani tra i 18 e i 23 anni alle prese con un test di previsione del comportamento altrui. Il compito consisteva nel provare a mettersi nei panni di un'altra persona e indovinare le sue risposte a una serie di domande. Della rosa di nomi e volti facevano parte sia degli amici (alcuni considerati simili, altri diversi) sia dei perfetti sconosciuti (di cui erano state fornite biografie e foto). Sorprendentemente, in tutti gli esperimenti effettuati a guidare la risposta celebrale nella regione della corteccia mediale anteriore è stata la familiarità, e non la somiglianza in fatto di trascorsi e comportamenti. La presenza o meno di un certo grado di caratteristiche in comune tra soggetto analizzato e protagonista del test non sembrava pesare in modo particolare sull'elaborazione delle inferenze. "Al di là della durata del rapporto e di quanto spesso si frequenti l'amico, la mente entra più rapidamente in empatia con la persona cara, mostrando un pattern di attivazione simile a quello che si osserva nelle decisioni personali", commenta la ricercatrice americana.
Se il cervello "sorride" agli amici. Come osservato da molti studiosi, una delle caratteristiche pressoché uniche dell'uomo è la sua capacità di costruire e mantenere relazioni che vadano oltre la semplice perpetuazione della specie. "Dal nostro studio - sottolinea Krienen - emerge chiaramente come la vicinanza sociale, o familiarità, si sia sviluppata nel cervello lungo circuiti di prima classe e sia il fattore principale di cui la mente si serve per interpretare gli altri". Per gli studiosi di Harvard, dunque, il sistema nervoso processa l'amicizia con un trattamento "speciale": un privilegio che può essere stato accordato agli amici solo grazie all'evoluzione e al vantaggio selettivo della socialità. La tecnica di imaging ha poi permesso un ulteriore passo in avanti: "Per la prima volta - precisa Krienen - siamo riusciti a fotografare questo meccanismo: abbiamo visto cosa accade ai nostri neuroni quando pensiamo a un amico".
La mentalità dell'amicizia. Una delle conseguenze della ricerca americana è l'importanza che la mentalità sociale ricopre nel cervello umano, ovvero l'esistenza di un atteggiamento involontario che ci dispone a comprendere meglio gli individui per cui proviamo una qualche forma di affetto. In questo senso, la presenza o meno di elementi in comune potrebbe non essere necessaria. Come ha mostrato uno studio del MIT di Boston (recentemente pubblicato su Science), quando diverse persone si uniscono per risolvere dei problemi si sviluppa un'intelligenza superiore, una sorta di super-mente sociale. A quanto pare, per funzionare al top questo super-cervello non ha tanto bisogno che tra gli individui ci siano diversi tratti in comune, quanto piuttosto che nel gruppo regni un'elevata "sensibilità sociale". Proprio ciò che c'è tra gli amici, come ricorda anche l'origine latina del termine: amare.

font:http://www.repubblica.it/scienze/2010/10/13/news/cervello_amicizia-7994730/
La FAO, l’Agenzia ONU dedicata all’alimentazione, ha messo online una grande campagna Web per sensibilizzare persone e governi sul tema della denutrizione cronica.
Si chiama
1BillionHungry e punta l’accento proprio sui numeri, cioè su quel miliardo di persone che soffre la fame.

IL CASO "La vita di un operaio albanese vale meno di quella di un italiano"

Torino, sentenza shock: morì sul lavoro, risarcimento ridotto. Ai familiari una somma dieci volte inferiore. All'uomo deceduto addebitato anche il 20% di concorso di colpa nella propria morte

ROMA - L'operaio morto è albanese. Ma la sua vita vale meno di quella di un italiano. Ai suoi familiari, che vivono in Albania, "area ad economia depressa", va un risarcimento di dieci volte inferiore rispetto a quello che toccherebbe ai congiunti di un lavoratore in Italia. Altrimenti madre e padre albanesi otterrebbero "un ingiustificato arricchimento". Questa gabbia salariale della morte, ispirata al criterio del risarcimento a seconda del Paese di provenienza del deceduto sul lavoro, è contenuto in un sentenza shock del Tribunale di Torino. Il giudice civile, Ombretta Salvetti, richiamandosi ad una sentenza della Cassazione di dieci anni fa, ha dunque deciso di "equilibrare il risarcimento al reale valore del denaro nell'economia del Paese ove risiedono i danneggiati". Dopo aver addebitato all'operaio deceduto il 20% di concorso di colpa nella propria morte, la dottoressa Salvetti ha riconosciuto a ciascun genitore residente in Albania la somma risarcitoria di soli 32mila euro. Se l'operaio fosse stato italiano, sarebbero state applicate le nuove tabelle in uso presso il Tribunale di Torino dal giugno 2009 in base alle quali a ogni congiunto dell'operaio morto sarebbero stati riconosciute somme fino a dieci volte superiori (fra 150 e 300 mila euro). Questa sentenza destinata a fare discutere in un mondo del lavoro nel quale la presenza di lavoratori stranieri è sempre più alta, è stata criticata da uno dei massimi esperti di diritto civile, l'avvocato Sandra Gracis. "In base a questo criterio del Tribunale torinese - spiega il legale - converrebbe agli imprenditori assumere lavoratori provenienti da Paesi poveri, perché, laddove muoiano nel cantiere, costa di meno risarcire i loro congiunti". "Ma ribaltando la situazione - aggiunge l'avvocato Gracis - che cosa sarebbe successo se il dipendente morto fosse stato del Principato di Monaco, oppure degli Emirati? Il risarcimento ai genitori sarebbe stato doppio o triplo rispetto a quello per un italiano?". Secondo Sandra Gracis, "il giudice torinese s'è rifatto al una sentenza della Cassazione del 2000 peraltro non risolutiva, ignorando che la Suprema Corte, appena un anno fa, ha affermato che la "tutela dei diritti dei lavoratori va assicurata senza alcuna disparità di trattamento a tutte le persone indipendentemente dalla cittadinanza, italiana, comunitaria o extracomunitaria". Già nel 2006 la Cassazione aveva stabilito che "dal punto di vista del danno parentale, non conta che il figlio sia morto a Messina o a Milano, a Roma in periferia o ai Parioli. Conta la morte in sé, ed una valutazione equa del danno morale che non discrimina la persona e le vittime né per lo stato sociale, né per il luogo occasionale della morte".
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/25/news/operaio_albanese-8403554/

EPIDEMIA Haiti, emergenza colera primi casi nella capitale

Sono oltre 250 i morti nei dipartimenti di Artibonite e Plateau central e si teme il propagarsi dell'epidemia. Registrati cinque contagi a Port-au-Prince ma le autorità assicurano: non è un nuovo focolaio

PORT-AU-PRINCE - Cinque casi di colera sono stati individuati a Port-au-Prince, la capitale haitiana devastata dal terremoto dello scorso gennaio 1, e si teme il propagarsi dell'epidemia 2 che ha già provocato oltre 250 vittime e più di tremila contagi. Una portavoce dell'ufficio di coordinamento degli affari umanitari (Ocha) dell'Onu, Imogen Wall, ha detto che i cinque casi, i primi confermati nella capitale dall'inizio dell'epidemia, sono persone che hanno contratto il morbo nel dipartimento di Artibonite, una delle zone più colpite, e che che poi si sono spostate a Port-au-Prince, dove si sono ammalate e si trovano ora in quarantena. "La diagnosi è stata fatta rapidamente e i malati sono stati isolati", ha detto la portavoce, citando informazioni fornite dalle autorità sanitarie haitiane. "Questo non è un nuovo focolaio di infezione".
La portavoce umanitaria dell'Onu ha affermato che la situazione è "molto proeccupante", aggiungendo che è urgente approntare piani di intervento ed essere preparati al peggio. Wall ha comunque precisato che le autorità sanitare haitiane stanno lavorando per evitare il colera continui a diffondersi nella capitale. Aumentate le misure di prevenzione e di controllo a Port-au-Prince, dove centinaia di persone vivono in squallide baraccopoli e oltre un milione di sopravissuti al terremoto del 12 gennaio sono ammassati in tendopoli di fortuna. Una popolazione particolarmente vulnerabile a infezioni intestinali e malattie come il colera e la cui situazione è stata definita "pessima" dalla portavoce dell'Onu. Nelle zone più colpite, Artibonite e il Plateau central, dove le autorità stanno tentando di contenere l'epidemia, sono stati diagnosticati oltre 3.000 casi. È questa la seconda, grave emergenza che nel 2010 ha colpito il paese caraibico, uno dei più poveri del mondo, dopo il terremoto di gennaio.
Il colera è apparso la scorsa settimana nel nord del Paese a causa della cattiva qualità dell'acqua potabile. Il focolaio è stato localizzato nell'area di Saint-Marc, nel dipartimento di Artibonite che prende il nome dal fiume che attraversa il centro di Haiti le cui acque, usate dalla popolazione per molte attività quotidiane, sono all'orgine dell'epidemia. Secondo Medici senza frontiere (Msf), l'ospedale locale non è attrezzato per far fronte all'epidemia. Msf ha annunciato che stabilirà un centro per isolare i contagiati.

http://www.repubblica.it/esteri/2010/10/24/news/haiti_capitale-8387768/

Illusioni ottiche artistiche


l'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai con il
torto
Francesco Guccini

Mariano Tomatis: "Niente paura, nel 2012 il mondo non finirà: meglio scherzarci sopra"

Il mondo finirà il 21 dicembre 2012 come indicato chiaramente dal calendario Maya. Questa è la teoria catastrofista e apocalittica che da circa due anni ha conquistato i media. Partendo da una leggenda affascinante sono stati scritti libri, copioni di talk show e anche un film intitolato semplicemente 2012 diretto da Roland Emmerich. Questo martellante tam tam mediatico Ha contribuito a creare una superstizione simile a quella secondo la quale con l'arrivo del 2000 ci sarebbe stata la fine del mondo. Ma, obietta Mariano Tomatis, esattamente come allora "il mondo non finirà in quella data e la responsabilità di dar vita a un cambiamento sarà totalmente nelle nostre mani". Il giovane divulgatore scientifico per mestiere e prestigiatore per passione, ha demolito le tesi apocalittiche in un libro intitolato 2012. E' in gioco la fine del mondo (Iacobelli editore, 2010). Il testo mescola dati storici sulla civiltà Maya con giochi di carte, una scelta che l'autore spiega con una secca battuta: "Il grande mercato fiorito intorno al 2012 sfrutta meccanismi ben noti a chi pratica l'arte dell'inganno".
Mariano Tomatis, come è nata l’idea di questo libro?"Mi era stato chiesto di confutare la teoria della fine del mondo nel 2012, ma non volevo scrivere un libro troppo tecnico. Essendo un matematico ma anche un amante dei giochi di prestigio ho deciso di analizzare la visibilità ottenuta da questa leggenda mescolando l’aspetto storico con quello ludico. Per questo ho alternato capitoli dedicati alla cultura Maya a giochi con le carte che permettono di comprendere in modo semplice come questo popolo creò il suo calendario".
In sintesi cosa succederà il 21 dicembre 2012?"Assolutamente nulla, così come non è successo nulla con l’arrivo del Duemila. Prendo ad esempio il contachilometri dell’auto e le sei rotelline che fanno girare i numeri. Si parte da zero chilometri quando compri l'auto, poi i numeri aumentano fino al momento della vendita o della rottamazione. Il numero più grande che tu puoi raggiungere con il contachilometri è 999.999. Quindi, fatto l’ultimo chilometri, si riparte da zero. In sintesi la macchina ha percorso 1 milione di chilometri, ma questo non significa che è esplosa. Dal punto di vista matematico il 21 dicembre 2012 è una data che segnerà la fine e azzererà un calendario che i Maya avevano inventato più di mille anni fa e che oggi non usa più nessuno. E’ solo l'azzeramento di un contatore, che poi ricomincia ad andare avanti. La prova viene dal fatto che gli stessi Maya avevano fatto delle previsioni fino all’anno 4000 d.C.".
Tanta attenzione da cosa dipende? Da una forma di superstizione?"Mi piace vedere l'aspetto positivo di tanta attenzione sul 2012. Contiene infatti una speranza di cambiamento. E' bello pensare che la crisi dell’era moderna possa cessare con questa data. A tutti capita di trovarsi in certe situazioni in cui si sogna di cancellare tutto e ricominciare da zero. E’ un appiglio psicologico che funziona per chi ci crede".
Nel suo libro lei ricorda che per dare una data della fine del mondo bisogna anche indicare una data d’inizio. Qual è l’anno zero del calendario Maya?"C’è una stele in un sito archeologico che indica una data lunghissima e precedente a quella indicata dai nostri scienziati. Oggi si ritiene che la Terra si sia formata più di 4 miliardi di anni fa e che la vita risalga a 3 miliardi, per i Maya il nostro pianeta era molto più vecchio. Secondo loro la Terra esisteva già prima del Big Bang. E’ ovviamente poco credibile ma bisogna considerare che erano un popolo che non aveva conoscenze di fisica quantistica o di astronomia. Questo ultimo ciclo che è iniziato nel 3114 a.C. per concludersi nel 2012 è solo l’ultimo di una serie interminabile. Ogni ciclo durava circa 5000 anni".
Quella dei Maya non è l’unica profezia utilizzata dai "catastrofisti"."I catastrofisti citano tutti quei popoli che affascinano dal punto di vista archeologico e che Hollywood utilizzerebbe per la trama di un film. Ad esempio gli ebrei e la mitologia della qabbaláh, i cinesi e la tradizione orientale dell’oracolo Ching e ovviamente gli egizi. Il caso più singolare è quello di Terence McKenna un filosofo americano che ha preso i dati di I Ching, li ha inseriti nel computer e ha fatto un calcolo. Il risultato è stato una funzione matematica che oscilla fino ad azzerarsi il 21 dicembre del 2012. Questa sarebbe una prova matematica che il mondo finirà in quel giorno, ma in realtà è stato lo stesso McKenna a voler chiudere in quel punto la funzione perché suggestionato dalla leggenda del 2012".


Fonte: Tiscali

GRAN BRETAGNA Marito perde il biglietto lotteria "Aveva vinto 113 milioni di sterline"

Col super premio non ancora ritirato a 180 giorni dall'estrazione, la moglie si accorge che i numeri appuntati sul taccuino sono quelli vincenti e corre dal consorte che conservava le giocate. Ma lui allarga le braccia: quel tagliando l'ha buttato via pensando di non aver vinto nulla. E lei racconta la sua disperazione ai tabloid dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA - La buona notizia è quella annunciata al marito da una pensionata 70enne di Coventry, la città resa famosa da uno dei peggiori bombardamenti della seconda guerra mondiale, che per quello diede origine al termine "coventrizzazione". L'altro giorno, dopo avere sentito alla tivù che il biglietto vincente della Eurolottery, la lotteria europea, con un premio di 113 milioni di sterline parri a circa 130 milioni di euro, era stato venduto nella sua cittadina ma non era ancora stato ritirato, due settimane dopo l'estrazione, la nonnina è andata a controllare i numeri sul taccuino sul quale li aveva appuntati e per poco non le è venuto un colpo: 9, 30, 35, 39, 46, più 6 e 8 come eurostar! Erano i suoi. Quelli scelti da lei. Così è corsa dal marito, al quale affida sempre i biglietti delle molte lotterie e giochi a premio di ogni tipo che acquista, affinché lui li conservi in un luogo sicuro, e gli ha detto: "Tesoro, ho vinto, siamo ricchi, tira fuori il biglietto!"
La brutta notizia gliel'ha data il marito, dopo un imbarazzato silenzio: "Non ce l'ho. L'ho buttato via. Non ricordo nemmeno dove. Credevo non valesse nulla". Non si sa se la sua ferale ammissione abbia indotto la moglie a cercare di strozzarlo, o le abbia fatto rischiare di soffrire un secondo infarto. Di certo c'è che la coppia, secondo quanto racconta stamani la stampa britannica, ha messo la casa a soqquadro, ha svuotato tutti i bidoni della spazzatura delle vicinanze, ha perlustrato ogni metro di terreno dei luoghi che frequenta abitualmente, ma il biglietto vincente non è saltato fuori. E' stata la stessa presunta vincitrice a raccontare la vicenda ai giornali, chiedendo di rimanere anonima nel caso, per quanto improbabile, che il biglietto sia recuperato o la vincita le sia comunque riconosciuta valida. Potrebbe trattarsi di una mitomane, ma resta il fatto che la vincita continua a non essere stata rivendicata da nessuno, per cui l'ipotesi che il fortunato possessore del biglietto vincente lo abbia perduto è come minimo credibile.
La donna afferma di avere fatto visita all'ufficio postale dove avrebbe comprato il biglietto. Dice di avere mostrato all'impiegato il taccuino su cui segna sempre i nueri che ha giocato, prima di dare i biglietti al marito per timore di perderli. "Purtroppo mio marito è più disordinato di me, anche loui perde tutto, non posso neanche arrabbiarmi, è tutta la vita che lo sopporto", commenta lei. E l'impiegato, del quale si conoscono le generalità, un certo Bob Shards, interpellato dal Daily Mail di Londra e dal quotidiano locale di Coventry conferma che una sua regolare cliente è venuta a trovarlo e gli ha mostrato un taccuino con gli stessi numeri estratti per il premio da 113 milioni di sterline. Poiché la cassa dove si trova il terminale della lotteria è sotto l'occhio vigile di una telecamera a circuito chiuso, in teoria potrebbe essere possibile determinare se l'anonima pensionata ha effettivamente comprato un biglietto per l'estrazione del super-premio in questione e forse anche se i suoi numeri sono quelli vincenti. Ma mister Shards per legge ha la proibizione di rivelare se davvero il biglietto vincente è uscito dal suo terminale: soltanto venerdì i responsabili della lotteria renderanno noto dove è stato esattamente comprato e allora si capirà se la signora è matta o soltanto sfortunata, e se sarà avviato un procedimento legale per cercare di farle ricevere ugualmente il premio non assegnato.
Se 180 giorni dopo l'estrazione nessuno ha ritirato il premio, chiunque avesse trovato il biglietto in un bidone della spazzatura sarebbe intitolato a incassarlo a discrezione delle autorità. Sempre che nel frattempo il marito non chieda il divorzio e poi scompaia nel nulla, tanto per dimostrare alla consorte che non è vero che lui perde sempre tutto.

font: http://www.repubblica.it/esteri/2010/10/20/news/perde_biglietto_lotteria-8262372/

Curiosita'


Sappiate...

Sappiate che chi governa a caso si ritruova alla fine a caso; la diritta è
pensare, esaminare, considerare bene ogni cosa etiam minima; e vivendo ancora
cosí, si conducono con fatica bene le cose; pensate come vanno a chi si lascia
portare dal corso della acqua.

Guicciardini, Ricordi, parte II, 187

L'agente di Benigni: "250mila euro? Viene anche gratis"

Nessuno stop alla trattativa tra la Rai e gli ospiti di 'Vieni via con me', il programma di Rai3 affidato a Roberto Saviano e Fabio Fazio che dovrebbe andare in onda nel tardo autunno. La Direzione Generale della Rai smentisce "nella maniera più ferma e decisa quanto contenuto in alcuni articoli apparsi sui quotidiani in merito alla trattativa relativa agli ospiti della trasmissione. Non c’è alcuno stop - spiega il Dg Mauro Masi - ma soltanto un doveroso approfondimento portato avanti dagli uffici competenti, come giusto che sia, in merito a richieste economiche per la Rai molto significative (in un caso 250 mila euro per una sola puntata). A riguardo c'è più che il sospetto che alcune notizie vengano fatte filtrare accampando inesistenti motivazioni politiche per 'forzare' la trattativa economica. Si è comunque fiduciosi nel recupero di ragionevolezza e quindi nel buon esito della trattativa stessa".
Immediata è arrivata la smentita da parte di Lucio Presta, agente di Roberto Benigni secondo cui "i soldi non c'entrano, Benigni andrebbe anche gratis. La questione dei soldi è una scusa per mettere i bastoni fra le ruote al programma. Quando sono andato in Rai per aprire la trattativa sulla partecipazione di Benigni a Vieni via con me per la prima volta nella mia vita non ho chiesto una cifra, ma mi sono limitato a chiedere quale fosse l'offerta dell'azienda per la presenza di Roberto. Mi è stata fatta un'offerta e io l'ho accettata subito, senza discutere”. Presta, e dunque Benigni, ha accettato in sintesi tutte le condizioni poste dalla Rai. Stando a quanto dichiarato da Presta i vertici della Rai avrebbero persino cambiato le condizioni contrattuali, riducendo drasticamente il compenso pattuito per Benigni: “Mi ha chiamato un importante responsabile dell'ufficio scritture per comunicarmi un'offerta pari a un decimo di quella pattuita, prendere o lasciare. Naturalmente ho lasciato. E' chiaro però che i problemi di natura economica mi sono sembrati una scusa".
L’Idv attacca: “Questa è censura” - "Masi stavolta si è superato e ha messo in atto una censura da Oscar. Chi ha paura di un simbolo della lotta a tute le mafie come Roberto Saviano?", si chiede Orlando. "Anche un premio Oscar come Benigni - aggiunge - non ha diritto di essere ospitato in Rai e lo si lascia senza contratto. Garimberti e Zavoli intervengano, con Masi l`azienda ha letteralmente toccato il fondo".
Vita (Pd): "Da Masi censura con il latinorum" - "Mauro Masi usa il latinanorum pur di bloccare il programma di Fazio con Saviano. Spieghi nelle sedi competenti come mai alla vigilia dell'andata in onda di un'iniziativa editoriale lungamente annunciata e certamente attesa siano ancora da approfondire gli aspetti contrattuali del tutto". Il senatore Pd Vincenzo Vita, componente della commissione di Vigilanza Rai, non usa mezzi termini. "Delle due l'una - rileva - o è censura, o è incapacità. In entrambi i casi aumenta a dismisura il dubbio sull'opportunità che lo stesso Masi continui a svolgere la funzione di Direttore generale della Rai".
Anche Farefuturo contesta l’operato di Masi - Boffo, Fini, Santoro e ora Saviano: esempi di un "potere chiuso nel bunker" che mette in atto, però, una "strategia suicida" che lo rende "sempre più debole". Lo scrive su Ffwebmagazine il direttore Filippo Rossi. "A guardare in faccia gli scherani di Silvio Berlusconi - osserva - li vedi terrorizzati da qualsiasi voce alternativa, da qualsiasi possibile crepa di un bunker sempre più buio, sempre più scomodo. Sempre più debole. E allora hanno attaccato qualsiasi nemico potesse dar fastidio al manovratore. Hanno attaccato il direttore dell'Avvenire Boffo. Hanno cercato di massacrare mediaticamente Gianfranco Fini. Hanno cercato di chiudere Annozero di Michele Santoro. Adesso stanno cercando di togliere l'ossigeno alla trasmissione di Roberto Saviano. Non sopportano chi spariglia le carte, non sopportano chi vuole ragionare senza obbedire. Non sopportano che vuole raccontare il paese che è e non per quello che vorrebbero loro. Non sopportano la complessità".
Fonte: Tiscali

Sciopero della saponetta alla Ducati La Cgil: "Fanno pagare Valentino a noi"

L'azienda cancella la pausa di 5 minuti per lavarsi le mani, prevista due volte al giorno, prima di pranzo e a fine turno. I sindacati insorgono: "Era un'abitudine storica", per togliersi di dosso il grasso dei motori. Una consuetudine cancellata per ragioni di produttività. Ma la Fiom denuncia: "Il costo di Valentino Rossi sulle spalle degli operai" di MARCO BETTAZZI

È lo "sciopero della saponetta". Tra produttività e igiene, alla vigilia dell'arrivo di Valentino Rossi e del lancio della nuova moto Diavel, l'ultima battaglia sindacale in casa Ducati si gioca su cinque minuti. Anzi dieci, la durata delle due pause concesse fino a pochi giorni fa agli operai per lavarsi le mani prima di pranzo e a fine turno. Un'usanza storica nei capannoni di Borgo Panigale. Ma nel mondo che corre per l'azienda non c'è più tempo per la pausa saponetta.
Via il privilegio, dunque. Unilateralmente. E immediate le proteste degli operai perché, dicono, si è sempre "staccato" cinque minuti prima per togliersi di dosso il grasso dei motori. Un'abitudine regolamentata che ora, in tempo di crisi, l'azienda sacrifica sull'altare della produttività: il permesso è stato tagliato qualche giorno fa scatenando le ire dei sindacati che, come spesso accade, reagiscono a ranghi separati. La Fiom già stamattina a suon di volantini chiederà ai lavoratori di scioperare 15 minuti a pranzo e altri 15 all'uscita (la durata minima di sciopero prevista per legge), per procedere poi a oltranza finché l'azienda non si rimangerà l'affronto. La Fim Cisl organizzerà scioperi simili e annuncia diffide legali per violazione degli accordi contrattuali.
Ma l'azienda non demorde. "Dobbiamo recuperare efficienza, e questo è solo uno dei sistemi, peraltro indolore - spiega il capo del personale Ducati Luigi Torlai - chiediamo agli operai di lavorare dieci minuti in più al giorno, che in un anno per noi significa molto. Le mani del resto se le possono lavare all'uscita". La novità è già stata introdotta in officina, da ieri nel reparto montaggio motori e presto in tutta l'azienda, ma capita in un momento delicato: tra lunedì e mercoledì ci sono le elezioni dei rappresentanti sindacali.
"Forse la Ducati vuole far pagare Valentino Rossi a noi", risponde a stretto giro di posta il segretario bolognese della Fiom Bruno Papignani. "Non vorrei che Del Torchio si sia montato la testa e voglia fare un pò il Marchionne, ma non mi pare la persona giusta", ha aggiunto intervistato su "Radiotau".

font:http://bologna.repubblica.it/cronaca/2010/10/14/news/alla_ducati_ora_scatta_lo_sciopero_della_saponetta-8032593/

Esce l'ultimo dei minatori A San Josè l'incubo è finito

Alle 2.56, ora italiana, fuori il capo squadra Luis Urzua. Ha razionato il cibo nei 70 giorni di "reclusione". Il presidente Pinera: "Sei stato un buon capitano". Poi sigilla il pozzo

MINIERA DI SAN JOSE' (CILE) - "Missione compiuta Cile". Poche parole, ma sufficienti a racchiudere la soddisfazione e il sollievo per un'impresa che resterà nella memoria. Le hanno lasciate a più di settecento metri di profondità, su un piccolo cartello, i sei soccorritori che sono scesi nelle viscere della terra per riportare alla luce i trentatré minatori intrappolati, dal 5 agosto scorso, nella miniera di San José. Un incubo durato 70 giorni, che ha tenuto con il fiato sospeso i minatori, le loro famiglie, il Cile e il mondo intero che, giorno dopo giorno, ha seguito tutti i tentativi fatti per salvare la vita al gruppo dei 'los 33'.
Alle 2.56 (ora italiana) anche Luis Urzua, 54 anni, il capo squadra, ha potuto riabbracciare i suoi cari e ricevere l'applauso delle migliaia di persone che, da più due mesi, aspettavano il lieto fine di una storia che, al momento del crollo della miniera, sembrava essere già finita in tragedia. Invece, grazie alla grandissima mobilitazione e alle forze messe in campo dal Cile, la capsula Fenix, in più di 27 ore di lavoro, ha estratto tutti gli uomini.
Avvolto nella bandiera cilena, Luis Urzua ha ricevuto l'abbraccio del presidente Sebastian Pinera: "Ti sei comportato come un vero capitano - ha detto il presidente al minatore -. Il capitano di una nave, che la lascia per ultimo". Poi, una volta che anche i soccorritori sono riemersi dal tunnel, Pinera ha sigillato il pozzo della miniera, per scrivere, questa volta per sempre e con il sorriso, la parola 'fine' alla vicenda.
"Spero che episodi come questo non si ripetano mai più", ha detto Luis Urzua al presidente cileno. Nato a Vallenar, un villaggio non lontano da San Josè, con una trentina d'anni d'esperienza mineraria, Urzua è stato il capo-turno e leader del gruppo fin dal giorno del crollo, il 5 agosto. È riuscito a imporre l'ordine e la disciplina nel gruppo, fin dai primi giorni di "prigionia", razionando gli alimenti dei quali disponevano i minatori: qualche lattina di tonno, latte e frutta in scatola.
Prima di Urzua, per ultimi, erano usciti Richard Villarroel, Juan Aguilar, Pedro Cortez e Ariel Ticona. Ma, solo dopo l'uscita dei sei soccorritori calati in fondo al giacimento per organizzare la risalita degli operai, il Cile ha potuto andare a dormire sereno. Manuel Gonzalez, tecnico con 20 anni di esperienza nell'affrontare questo tipo di incidenti, è rimasto per circa mezz'ora solo nella cavità sotterranea. Le tv cilene l'hanno definito "l'uomo che ha spento la luce".

font:http://www.repubblica.it/esteri/2010/10/14/news/esce_l_ultimo_dei_minatori_a_san_jos_l_incubo_finito-8030371/

Video carino

New York, lampi sulla Statua della Libertà

40 anni di attesa per questo scatto. Il fotografo newyorkese Jay Fine, di 58 anni, ha tentato per quattro decenni di immortalare una sequenza del genere, ma alla fine c'è riuscito. Jay è rimasto almeno due ore posizionato durante un violento temporale su Manhattan, facendo più di 80 scatti e confidando nella fortuna di riuscire a cogliere l'attimo giusto, in cui il fulmine si è abbattuto sul simbolo di New York . Per curiosità Jay Fine ha usato una Nikon D300S (reflex digitale) con obiettivo 60 mm 2.8. Ha scattato, ovviamente su un cavalletto, alle 20.45, a 200 ISO di sensibilità. Il tempo di posa era di 5 secondi, l'apertura del diaframma 10. (Foto Milestone)

Stiamo consumando il nostro pianeta

ROMA - Oggi consumiamo più risorse di quelle che la Terra può fornire senza impoverirsi e colmiamo la differenza rubando l'acqua che scorre in falde acquifere che non si rigenerano, bruciando foreste che si trasformano in deserto, pescando tanti pesci da spopolare i mari. C'è già di che preoccuparsi, ma il futuro - in assenza di una rapida correzione di rotta - è ancora più preoccupante: il bilancio si aggraverà pesantemente già nel 2030. E' l'allarme contenuto nel "Living Planet Report", il rapporto biennale realizzato dal Wwf in collaborazione con la Zoological Society di Londra e il Global Footprint Network, che nell'anno internazionale della biodiversità e a pochi giorni dall'apertura della Conferenza di Nagoya che dovrà decidere le nuove strategie per fermare il tasso di perdita della biodiversità al 2020.
Quello che emerge è un quadro grave, che offre anche una chiave di lettura per capire la crisi economica che stiamo attraversando: una crisi che s'intreccia con la minaccia di bancarotta ecologica. Sovrappopolazione, sprechi, disattenzione hanno portato a un saccheggio crescente delle materie prime e delle fonti energetiche che oggi hanno un andamento fortemente instabile dal punto di vista dei prezzi e disastroso dal punto di vista ambientale: la depurazione dell'acqua, la fertilità del suolo, la stabilità dell'atmosfera (e quindi del clima) sono servizi gratuiti che la natura offre e che la crescita umana senza controllo sta minando.

font: http://www.repubblica.it/ambiente/2010/10/12/news/un_pianeta_e_mezzo-7984084/

I tre alberi

In un bosco in cima ad una collina, vivevano tre alberi. Un giorno iniziarono a discutere dei loro desideri e delle loro speranze. Il primo albero disse: "Spero di diventare un giorno lo scrigno di un tesoro. Potrei essere riempito d'oro, d'argento e di gemme preziose. Potrei essere decorato con intarsi finissimi ed essere ammirato da tutti." Il secondo albero disse: "Io spero di diventare una nave possente. Vorrei portare re e regine attraverso i mari fino agli angoli più reconditi del mondo. Vorrei che per la forza del mio scafo ognuno si sentisse al sicuro." Infine il terzo albero disse: "Io vorrei crescere fino a diventare l'albero più alto e più dritto di tutta la foresta. Tutta la gente mi vedrebbe irto sulla cima della collina e ammirando i miei rami contemplerebbe i cieli e penserebbe a Dio, vedendo quanto io gli sia vicino. Sarei il più grande albero di tutti i tempi e tutti si ricorderebbero di me." Trascorse qualche anno e ogni albero pregava che i suoi desideri si avverassero. Alcuni taglialegna passarono un giorno vicino ai tre alberi. Uno di questi si avvicinò al primo albero e disse: "Questo sembra un albero molto resistente, riuscirò sicuramente a venderne la legna ad un falegname". E iniziò a tagliarlo. L'albero era felice perché sapeva che il falegname lo avrebbe trasformato in uno scrigno prezioso. Giunto dal secondo albero un taglialegna disse: "Questo sembra un albero molto resistente, credo che riuscirò a venderlo ad un cantiere navale." Il secondo albero era felice perché sapeva che stava per diventare una nave possente. Quando i taglialegna si avvicinarono al terzo albero, l'albero era spaventato perché sapeva che se fosse stato tagliato i suoi sogni non si sarebbero mai avverati. Uno dei taglialegna disse: "Non ho ancora deciso cosa ne farò del mio albero. Ma intanto lo taglierò". E subito lo tagliò. Quando il primo albero fu consegnato al falegname fu trasformato in una cassa per contenere mangime per animali. Fu portato in una grotta e riempito di fieno. Ciò non era certamente quello per cui l'albero aveva pregato. Il secondo albero fu tagliato e trasformato in una piccola barca da pesca. I suoi sogni di diventare una nave possente e trasportare re e regine era terminato. Il terzo albero fu tagliato in due tronconi e abbandonato nel buio. Gli anni passarono e gli alberi dimenticarono i loro sogni. Finché un giorno, un uomo e una donna giunsero alla grotta. La donna partorì e il neonato fu adagiato nella cassa per il mangime degli animali che era stata fatta con il primo albero. L'uomo aveva sperato di poter costruire una culla per il bambino, ma fu la mangiatoia a divenirlo. L'albero avvertì l'importanza di questo evento e capì che aveva accolto il più grande tesoro di tutti i tempi. Anni dopo, alcuni uomini erano sulla barca da pesca che era stata realizzata con il secondo albero. Uno degli uomini era stanco e si era addormentato. Mentre si trovavano in mare un violento temporale li sorprese e l'albero pensò che non sarebbe stato abbastanza robusto per proteggere i passeggeri. Gli uomini svegliarono la persona che si era addormentata che alzandosi in piedi disse al mare “Taci, calmati”. La tempesta si placò immediatamente. A questo punto il secondo albero capì di aver trasportato il Re dei Re nella sua barca. Alla fine, qualcuno arrivò e prese il terzo albero. Un troncone venne fissato nel terreno, mentre l’altra metà venne messa sulle spalle di un uomo condannato a morte. Mentre veniva trasportato attraverso le strade, la gente scherniva l'uomo che lo sosteneva. Quando si fermarono l'uomo fu inchiodato all'albero e innalzato in aria lasciandolo morire in cima ad una collina. Dopo tre giorni, l'albero capì che non solo era stato vicino a Dio, ma lo aveva sostenuto inchiodato su di sé poiché Gesù era stato crocifisso sul suo legno.

Quando le cose non sembrano andare nella direzione che ti aspetti, sappi che Dio ha sempre un piano per te. Se tu hai fiducia in Lui, Lui ti darà grossi doni. Ogni albero ebbe ciò che voleva ma non nel modo che avrebbe immaginato.
Noi non sappiamo sempre ciò che Dio ha riservato per noi. Sappiamo che le Sue vie non sono le nostre vie, ma le sue vie sono sempre le migliori.

Pannolini ecologici

Per chi non ha mai usato i pannolini ecologici, ma vuole saperne di più, questo video del canale Greenlife di DeabyDay illustra bene le caratteristiche dei pannolini riutilizzabili.I pannolini lavabili sono una scelta saggia per quanto riguarda la salute dei bambini e la tutela dellambiente. Siete pronti ad abbandonare la comodità di pannolini usa e getta per contribuire a donare un futuro migliore ai vostri figli?

PSICOLOGIA Quanto durerà l'amore? Un test per scoprirlo prima

Ricercatori dell'università di Rochester hanno sperimentato un meccanismo che permette ai partner di rivelare ciò che pensano reciprocamente senza rendersene conto, così da fornire risposte spontanee. L'esperto: "Va usato come strumento di prevenzione" di SARA FICOCELLI

SETTE anni fa Beigbeder Frédéric distrusse l'orizzonte cuoriforme degli innamorati dando alle stampe il bestseller "L'amore dura tre anni" (Feltrinelli, 139 p.). Nel suo libro lo scrittore e pubblicitario francese dimostrò, tra statistiche, biochimica ed esperienza personale, come l'innamoramento somigli più a un vasetto di yogurt che a un calice d'ambrosia, e abbia una data di scadenza. Se le sue conclusioni vi sono sembrate esagerate, preparatevi a quelle dell'ultimo studio dei ricercatori dell'università di Rochester, pubblicato sulla rivista Psychological Science: secondo il team dello psicologo Ronald Rogge, che ha condotto l'indagine, l'amore non solo ha una scadenza, ma è possibile stabilire quando gli innamorati si diranno addio. Gli annales delle storie d'amore pullulano di relazioni in cui apparentemente tutto fila liscio ma che poi scoppiano perché uno dei due, senza rendersene conto, comincia a non sentirsi felice come prima. Lo studio del professor Rogge è partito da qua, arrivando a sviluppare un test che fa venir fuori i "dubbi inconfessabili" e permette di calcolare quanto resta al cervello prima di sbottare e metter fine alla relazione.
Il test fa in modo che i componenti delle coppie rivelino ciò che pensano reciprocamente senza rendersene conto, così da dare risposte spontanee. Il risultato permette di comprendere se, nel profondo, c'è qualcosa che non va. Gli esami condotti fino a oggi su questo argomento, spiegano i ricercatori, si basavano sul chiedere direttamente alle persone un giudizio sul proprio partner, dando vita a risposte razionali e controllate, e quindi poco rivelatrici. "La difficoltà principale in una coppia - spiega Rogge - è che il rapporto presuppone che entrambi i componenti della coppia siano felici, ma non sempre è così. E spesso molte persone non vogliono ammettere che stanno iniziando a sentirsi meno bene all'interno del rapporto".
Lo studio è durato 12 mesi e ha coinvolto decine di coppie per un totale di 222 volontari felicemente fidanzati o ammogliati. Tutti sono stati sottoposti a due prove: nella prima uomini e donne dovevano premere la barra della tastiera quando vedevano comparire su un monitor combinazioni tra parole positive e sostantivi da loro stessi collegati al partner, mentre nella seconda dovevano premere quando comparivano combinazioni tra parole negative e altre da legare al compagno. L'obiettivo dell'esperimento era quello di andare a stimolare reazioni automatiche, così da ottenere risposte immediate e dettate esclusivamente dall'inconscio. I risultati hanno mostrato che i volontari che hanno trovato più facile svolgere il secondo esercizio, associando al proprio partner parole negative e azioni difficili, avevano probabilità sette volte più alte di separarsi entro l'anno successivo. "Ciò che mi ha emozionato di più - spiega il professor Rogge - è che il nostro test è riuscito a interpretare lo stato di salute delle relazioni molto meglio delle parole dei partecipanti". La tecnica in realtà non è nuova ma è innovativo il modo in cui è stata utilizzata e l'interpretazione che è stata data ai risultati. Finora, infatti, test come questo sono stati usati per individuare pregiudizi legati al razzismo o fobie nascoste, ma mai per stabilire le possibilità di durata di una relazione.
Non tutte le storie d'amore, comunque, sono destinate a finire. Un altro studio americano, pubblicato sulla Review of General Psychology, spiega infatti che la coppia può conservare il sentimento dei primi tempi, definito dagli scienziati "un mix di intensità, coinvolgimento e chimica sessuale", anche nei rapporti duraturi. Gli ingredienti fondamentali sono comprensione e condivisione, ammettendo cosa va e cosa no. Secondo lo psicologo Roberto Cavaliere, esperto di problematiche legate alla coppia e responsabile del sito Maldamore.it, il test messo a punto dall'università americana va utilizzato come strumento di prevenzione. "Nella società di oggi siamo abituati a non usare i pezzi di ricambio, a gettar via una cosa quando non ci va più bene - spiega - Le coppie, per vari motivi, stanno perdendo la capacità di recuperare e riparare ciò che non va. Questo test potrebbe servire per aiutare due che si amano a non arrivare al punto di non ritorno". L'esperto spiega che spesso si arriva alla terapia di coppia quando ormai non c'è più nulla da fare, e quello che manca è soprattutto un percorso di elaborazione personale. "Lo studio americano - continua Cavaliere - mette in evidenza come spesso chi ha un problema col partner non riesca a identificarlo, né tanto meno a confessarlo. A volte è difficile ammetterlo a se stessi, figuriamoci alla persona che ci sta accanto. Ma un percorso di autoanalisi è fondamentale. Solo dopo aver capito cosa ci da fastidio potremo affrontare il problema". A quel punto, conclude lo psicologo, l'ultimo step è quello del dialogo: "La comunicazione è fondamentale. Senza, non c'è battaglia che possa essere vinta o relazione che si possa riparare".
Una posizione in linea con quella di Bauman Zygmunt, che nel suo "Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi" (Laterza, 219 p.) sintetizzò l'universo delle problematiche amorose spiegando che non c'è nulla di programmabile in esse, se non la loro precarietà. Già nel 2003 il sociologo e psicologo polacco aveva definito l'amore "un prestito ipotecario fatto su un futuro incerto e imperscrutabile", arrivando con anni di anticipo a conclusioni poi confermate da studi scientifici come questo: nel solco della convinzione che l'unico modo per prevedere il futuro di una relazione sia viverla.

font:http://www.repubblica.it/scienze/2010/10/11/news/quanto_dura_una_storia_d_amore-7868119/?ref=HREC2-10

Al volo di tacco: eurogol all'incrocio dei pali

Ultimo cross prima del fischio finale, l'attaccante dei Glentoran Matty Burrows intercetta un cross con il tacco. Nella massima serie del campionato dell'Irlanda del Nord

Al cinema a Mirabella

da venerdì 8 a mercoledì 13 ottobre
SHARM EL SHEIKH - UN'ESTATE INDIMENTICABILE
commedia con Giorgio Panariello, Enrico Brignano, Maurizio Casagrande
orario spettacoli ore 19 - 21
Critica: "Diretto da Giordani, incredibilmente allievo di Olmi, trattasi di un cinepanettone d'autunno con 2 manager fantozziani licenziandi che rincorrono il nuovo cafonissimo boss a Sharm. [...] (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 17 settembre2010)

Addio Charlie. Da attrazione turistica a violenza sugli animali

Charlie, lo scimpanzé che fumava sigarette e le offriva ai visitatori, è morto nello zoo di Bloemfontein, in Sudafrica. L'animale, un maschio adulto, era diventato una vera e propria istituzione dello zoo, con migliaia di visitatori che si recavano nella riserva per vederlo.
Lo rende noto la stampa locale. "Era famoso per questa vizio", ha spiegato il portavoce del parco, Qondile Khedama, aggiungendo che Charlie era diventato vecchio e malgrado la dieta speciale a cui era sottoposto, non é riuscito a salvarsi. Lo scimpanzé si è spento all'età di 52 anni. Analisi saranno condotte per stabilire la causa della sua morte. Il portavoce dello zoo ha detto che verrà trovato un altro esemplare maschio di scimpanzé per fare compagnia a Judy, la femmina di Charlie. "Certo sarà difficile sostituirlo, se non impossibile, visto il suo carattere".
Fonte: Tiscali
Non credevo il passo da attrazione turistica a violenza su animale fosse talmente breve. Quanto questo scimoanzè è stato indotto a fare è ripugnante. Dove sono le associazioni a tutela degli animali?? Ma in che mondo viviamo?!

Questo mondo che non va

Quanto sono più felici gli astrologi che gli altri
uomini! Quelli, dicendo tra cento bugie una verità, acquistano fede in modo che è
creduto loro il falso; questi dicendo tra molte verità una bugia, la perdono in
modo che non è più creduto loro il vero.Questo apparente paradosso deriva dalla
curiosità degli uomini che, desiderosi di sapere il futuro e non avendo alcun
modo di farlo, sono inclini a correre dietro a chi promette loro di saperlo
dire.
Guicciardini, Ricordi, 57

Ike Diztenberger ha diciassette anni ed è affetto dalla sindrome di Down

Una malattia che non gli impedisce di inseguire il suo sogno: giocare a football nella squadra della sua scuola, gli Snohomish Panthers di Washington. E magari segnare una meta in una parita ufficiale. Un desiderio che si realizza finalmente venerdì scorso quando, con la complicità degli avversari del Lake Stevens Vikings,"Special Ike" - come lo chiamano i compagni - entra in partita a dieci secondi dalla fine del match. E' la sua prima volta nel campionato di football che raggruppa le high school americane. E Ike lascia il segno con una corsa gentilmente incontrastata di 51 yards che si conclude con un touchdown. Saranno gli unici sei punti della sua squadra, sconfitta in casa per 35 a 6. Anche alla fine dei normali allenamenti, durante la settimana, i compagni lasciano segnare Ike. "Gli ho sempre ripetuto che nella vita può riuscire a fare tutto quello che vuole - dice alla stampa la mamma Kay Ditzenberger - Vuole giocare a football? Sta a lui"


Nigeria, l'allarme di Medici senza frontiere "400 bambini morti avvelenati da piombo"

Ma potrebbero essere molti di più secondo un responsabile dell'organizzazione umanitaria. Sono le piccole vittime di un avvelenamento di massa emerso nei mesi scorsi, provocato dalla ricerca dell'oro nelle miniere abbandonate. Oltre 18mila le persone contaminate secondo l'Onu

KANO (Nigeria) - Avvelenamento di massa in Nigeria a causa del piombo: sono almeno 400 i bambini morti negli ultimi sei mesi nel nord del Paese. A lanciare l'allarme è stato oggi un responsabile dell'organizzazione Medici senza frontiere (Msf), El Shafii Muhammed Ahmad. "Oltre 400 bambini sono morti negli ultimi mesi avvelenati dal piombo" nello Stato di Zamfara, ha dichiarato Ahmad, coordinatore di Msf ad Anka, città di quello Stato. "Noi di Msf riteniamo però che le cifre siano molto più elevate", ha aggiunto, precisando che numerosi casi di contaminazione da piombo non sono stati censiti in quanto non individuati come tali dalle comunità colpite. L'avvelenamento di massa è emerso poco più di sei mesi fa quando è stato osservato un aumento di decessi e malattie nello Stato di Zamfara. Fenomeno che si è moltiplicato con il passare dei mesi. Le indagini condotte hanno identificato la causa nella ricerca dell'oro fatta con metodi "artigianali" dagli abitanti dei villaggi, che scavano nelle miniere abbandonate contaminate dal piombo usato per estrarre il metallo prezioso. Il terreno, inoltre, sarebbe contaminato da grandi quantità di rame e mercurio. A settembre le Nazioni Unite sono intervenute sull'emergenza in Nigeria inviando una squadra di esperti nella regione di Zamfara dove, secondo le stime fornite dall'Onu, erano oltre 200 i bambini morti dall'inizio dell'anno. I casi di contaminazione da piombo sono stati osservati in almeno sette villaggi, dove 18mila persone risultano colpite, aveva detto la portavoce dell'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), Elysabeth Byrs, sottolineando la particolare vulnerabilità dei bambini e delle donne incinte. Nella regione ci sono miniere d'oro e la popolazione porta a casa terra e fango per estrarne il prezioso metallo con metodi poco ortodossi, ha detto Byrs. L'Onu ha aumentato gli sforzi per aiutare le autorità nigeriane. Una squadra di cinque esperti, appoggiata da quattro specialisti delle emergenze ambientali dei Paesi Bassi, è stata inviata ad Abuja per raccogliere campioni del suolo e delle acque. Le analisi, andate avanti per qualche settimana e che dovranno
terminare nei prossimi giorni, serviranno a determinare le dimensioni della crisi e a elaborare una risposta. Non si conosce ancora la completa diffusione dell'intossicazione. "Le analisi in laboratorio sono necessarie per determinare l'entità e la gravità della crisi e per cercare di provvedere a una risposta rigorosa'', ha spiegato l'Ocha.

http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2010/10/05/news/nigeria_msf-7741980/

Domatore attaccato da due leoni

Un paio di minuti di terrore puro all'interno di un circo a Lviv. Il video, realizzato da una famiglia americana in vacanza, mostra un domatore, Oleksie Pinko, aggredito da più leoni affamati nel corso del suo numero.

ALIMENTAZIONE Obesità, gli uomini superano le donne ma la vera emergenza è fra i bambini

Risultati preoccupanti dal rapporto dell'Adi sulla situazione nazionale: i cittadini in sovrappeso aumentano e chi si "cura" lo fa più per ragioni estetiche che pensando alla salute. Il ricorso alla chirurgia frenato dalle liste d'attesa: da 6 mesi a due anni

ROMA - E' la solita contraddizione tutta italiana, quella che traspare dal primo Rapporto dell'Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) sulla condizione dell'obesità e del sovrappeso nel Belpaese. Presentata oggi a Roma alla stampa in occasione dell'"Obesity Day" 2010 - che il 10 e 11 ottobre prossimi apre le porte dei centri pubblici di dietetica (circa 200 sul territorio nazionale) - , la ricerca fa le pulci allo stile di vita degli italiani e una sorta di bilancio di quanto e come è cambiato nell'ultimo decennio il pianeta obesità, sovrappeso & co.
Disarmante lo scenario: in generale è cresciuta la cultura del "buon peso" tra i due sessi, ma a prevalere sono più le motivazioni estetiche che salutistiche. L'italiano però non si lascia spaventare dall'ago della bilancia che sale impazzito e non rinuncia alle buone, antiche tradizioni della tavola. A peccare di più sono gli anziani e gli uomini, che hanno attuato il sorpasso sulle donne. "La situazione nazionale è preoccupante: un italiano su dieci è francamente obeso, uno su tre è sovrappeso", dice Giuseppe Fatati, presidente Adi.
I numeri dicono che il 27% non ha mai seguito una dieta, il 22% si è "arrangiato", mentre un obeso su dieci dice di "star bene così", percentuale che vola al 47% tra i sovrappeso. Al contrario, 66 persone su cento in piena forma si lamentano del proprio peso (dati Adi Nestlè). Nel fenomeno che cresce, in leggera controtendenza ci sono solo Toscana ed Emilia Romagna. In tutto in Italia abbiamo 4 milioni e 700mila obesi e di recente c'è stato un vero e proprio ribaltone: nella fascia d'età 35-74 anni, quella "pesante", le donne obese erano 24 su cento nel 1998 (Osservatorio epidemiologico cardiovascolare) e tante sono rimaste; gli uomini extra large invece erano 19 su cento e ora sono ben 25 su cento.
La donna negli anni è diventata più consapevole del proprio corpo, gli uomini sono schiavi del lavoro e spesso pranzano fuori casa convinti che mangiare un "insalatona" risolva il problema ma non fanno alcuna attività fisica. Il 10 e 11 ottobre prossimi gli specialisti offriranno consigli e suggerimenti a quanti con problemi di peso si rivolgeranno ai centri Adi, ma chiedono anche provvedimenti governativi per altre emergenze: finanziamenti, politiche antiobesità e posti letto per seguire, passo dopo passo, quelli che vanno considerati veri malati.
Allarme per i piccoli Sul fronte dei bambini è emergenza: sono 138mila i piccoli obesi e la situazione peggiora ovunque, con l'eccezione della Basilicata dove si registra un lieve miglioramento. La Campania è maglia nera in Europa: 18 bambini su cento tra i 6 e gli 11 anni sono sovrappeso, 21 sono obesi. Il guaio è che quattro madri italiane su dieci dichiarano di non rendersi conto che il proprio figlio è sovrappeso.
Misurare lo stress Tante le cause quando il girovita va fuori controllo. Lo stress, a quanto pare, è tra le più importanti. "Quando è eccessivo e prolungato, lo stress innesca una serie di processi negativi che si ripercuotono sia a livello biologico che psicologico dando il via a meccanismi che predispongono all'obesità", afferma David Lazzari, presidente Sipnei. Oltre a pesare il corpo, suggeriscono gli psicologi, dobbiamo misurare la mente e quindi i nostri livelli di stress con test appositi che ci aiutano a ridurre gli stress. "Lo stress cronico induce un'iperattivazione del sistema simpatico che è connesso con il centro della fame e il senso di sazietà. Più siamo stressati più aumenta la fame e i comportamenti di accumulo e sedentarietà".
Per il bisturi due anni d'attesa Sono sempre più giovani, tra i 25 e i 45 anni, le donne che chiedono alla chirurgia un aiuto contro l'obesità. La richiesta sale tra i giovanissimi anche se non ci sono le indicazioni cliniche. Purtroppo le liste d'attesa sono lunghissime e si attende da sei mesi a due anni per un intervento (bendaggio gastrico, 25%, bypass 25%, 5% diversione bilio pancreatica). Solo in seimila arrivano in sala operatoria in un anno: uno su tre in Lombardia che insieme a Lazio, Emilia Romagna, Veneto, Toscana e Sicilia copre l'80% degli interventi. Al momento sono in lista 1,5 milioni di persone, all'80% donne.

font:http://www.repubblica.it/salute/forma-e-bellezza/2010/10/05/news/obesit_cresce_fra_gli_uomini-7741223/

LA RICERCA: L'uomo a casa è più felice e lo confessa al cellulare

Una ricerca dell'Università di Cambridge prova, per la prima volta, la verità scientifica dell'antico adagio "casa dolce casa". I dati raccolti analizzando le conversazioni attraverso un telefonino appositamente modificato. Il pericolo? Che della stessa tecnologia si impadronisca il marketing per leggerci dentro


COPENHAGEN - "Home sweet home". Casa dolce casa. E ancora: "Home is where the heart is". La casa è dove è il tuo cuore. L'antico adagio non può mentire. Dalle caverne ai loft ultratecnologici, la sua dimora è il luogo dove l'uomo si libera di scarpe, vestiti e soprattutto di ogni schermo alle emozioni. Perché a casa si sente protetto, al sicuro. Felice. Una convinzione condivisa da sempre, eppure mai provata scientificamente. A colmare il vuoto giunge oggi una ricerca elaborata all'Università di Cambridge, utilizzando una metodologia in apparenza semplice eppure rivoluzionaria: tracciare la mappatura delle emozioni provate da un essere umano studiando le sue conversazioni al cellulare. E' il telefonino, dunque, lo strumento con cui i ricercatori coordinati dalla dottoressa Cecilia Mascolo, hanno raccolto i dati su cui basare il loro studio, presentato in questi giorni in conferenza a Copenhagen. Concludendo che quando sono a casa, gli esseri umani sono più felici. Ovviamente, non un cellulare qualunque, ma un modello appositamente modificato. Dell'apparecchio sono stati dotati 18 volontari, che lo hanno usato per 10 giorni, periodo durante il quale le "cavie" hanno dovuto anche redigere un personale diario delle loro emozioni. I ricercatori, a loro volta, hanno utilizzato un software per il riconoscimento delle voci al telefono per tracciare il percorso emozionale di ognuno dei 18 volontari. Tutto questo mentre il Gps rivelava la loro posizione al momento della conversazione e il Bluetooth l'identità del loro interlocutore.
Metodologia che aprirebbe la via a una migliore comprensione della psicologia umana. Perché, secondo gli esperti, osservando gli esseri umani nei loro ambienti naturali, gli psicologi possono ottenere risultati molto significativi nell'analisi della felicità, della rabbia e dello stress utilizzando metodi che non siano percepiti dai soggetti come intrusivi. Proprio come il telefono. Ma c'è un'altra faccia della medaglia: se la scienza esulta, incute una certa inquietudine lo scenario che un giorno la pubblicità sarà in grado di "leggere" la gente sfruttando la via tracciata dalla scienza. Pericolo ben presente nell'agenda della dottoressa Mascolo, che tiene a precisare come i 18 volontari monitorati abbiano mantenuto intatta la loro sfera personale in quanto "proprietari" in ogni momento dei risultati personali dello studio. Quanto allo sviluppo successivo della tecnologia, "ora stiamo cercando di renderla sicura nel racchiudere tutti i dati nel telefono" chiarisce la dottoressa, molto più propensa a illustrare le ricadute scientifiche dell'esperimento piuttosto che le sue possibili conseguenze se messa al servizio del marketing. Secondo la ricerca dell'Università di Cambridge, una persona al telefono è influenzata da ciò che la circonda, dal momento della giornata in cui avviene la conversazione e dalle relazioni con gli altri. E la "collocazione" del soggetto ha un effetto pronunciato sul suo stato mentale. Più in dettaglio, quasi la metà dei soggetti osservati era più felice quando parlava al cellulare da casa, mentre per il 54% sono state registrate emozioni "tristi" se ricevevano la telefonata al lavoro. Inoltre, lo studio rileva come le emozioni siano più intense nelle conversazioni notturne e conferma come le persone siano più propense a esprimere i propri sentimenti quando sono in piccoli gruppi piuttosto che davanti a tanta gente.
Secondo la dottoressa Mascolo, la nuova tecnologia permetterebbe agli psicologi di uscire dai laboratori e, in generale, dagli ambienti artificiali, potendo analizzare gli esseri umani in situazioni a loro naturali e di quotidiana normalità. "Con la nuova tecnologia possiamo intraprendere studi prolungati su più persone - aggiunge la ricercatrice - e così definire una fotografia migliore del comportamento umano, che prima non era possibile ottenere". Perché, conclude, "i telefonini sono strumenti potenti che permettono di studiare il comportamento di una persona in modo sicuro e senza intrusioni nella sua vita, mentre si trova in un ambiente a lei naturale".

font: http://www.repubblica.it/scienze/2010/09/30/news/uomo_pi_felice_a_casa_lo_dice_il_cellulare-7549939/?ref=HREC2-15