Apple, la Cina e i costi umani per iPad e iPhone

Incidenti mortali, suicidi e turni di 24 ore sette giorni su sette nella fabbriche dove vengono prodotti tablet e telefono


PECHINO - Semplici eppure geniali. Oggetti di cui non si può più fare a meno: iPad, iPod, iPhone, per citare soltanto i più noti, i più apprezzati, i più rincorsi. Oggetti dalle linee pulite entrati nell’immaginario collettivo. Tecnologia cult che contribuisce a modificare il nostro stile di vita. Ma anche, come un moderno, perverso contrappasso, lo stile di vita chi li produce in conto terzi, ovvero milioni di lavoratori cinesi costretti a rispettare turni estenuanti in condizioni che nessuno, in Occidente, potrebbe nemmeno figurarsi, tanto meno accettare. È il New York Times a far cadere un velo che, per la verità, appare davvero sottile, su una realtà al limite dell’incredibile con una lunga e dettagliata inchiesta cui, finora, la Apple, principale committente di prodotti che ne hanno decretato l’inarrivabile successo degli ultimi dieci anni (utili a 13 miliardi di dollari), non ha voluto replicare ufficialmente.
L'INCHIESTA- Questa realtà parla di incidenti, spesso mortali, nelle differenti aziende che lavorano per il gigante americano dell’elettronica stilosa. Con un’attenzione particolare alla Foxconn, se non altro perché è la più grande fabbrica della Repubblica Popolare (un milione e 200 mila tra operai e addetti) che, oltre a quelli della Apple, assembla i prodotti di industrie come Amazon, Dell, Hewlett-Packard, Nintendo, Nokia e Samsung. La Foxconn, entrata nelle cronache per una «epidemia» di suicidi tra i suoi dipendenti, ha il suo centro nevralgico a Chengdu, metropoli di 12 milioni di abitanti nella provincia del Sichuan, ma ha fabbriche ovunque in Cina e, scrive il New York Times, dai suoi capannoni esce il 40% di tutti i prodotti di elettronica venduti nel mondo con svariati marchi.
TURNI MASSACRANTI- Ma i «gioielli» restano ovviamente i colorati oggetti partoriti dal genio del compianto Steve Jobs. Che probabilmente ignorava le condizioni in cui venivano realizzati se è vero che, in passato, aveva lodato la struttura produttiva cinese: «Le loro fabbriche hanno mense, cinema, piscine», aveva detto durante un convegno. Vero, verissimo. Soltanto che il prezzo pagato dai lavoratori è al di là di ogni immaginazione (occidentale). Basta leggere il cartello che mette in guardia gli operai, come una riedizione del dantesco «Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate». Dice: «Lavorate duramente oggi o duramente trovatevi un altro lavoro domani». Poi il New York Times elenca con precisione come lavorano i dipendenti: turni sulle 24 ore, sei giorni su sette, 12 ore per turno, senza potersi mai sedere, punizioni per i ritardatari, costretti a scrivere umilianti lettere di scuse, dormitori affollati all’inverosimile.
LA DIFESA- La Foxconn si difende negando di «maltrattare gli operai» e anzi affermando di «rispettare le leggi della Repubblica Popolare». D’altro canto, la Apple ha varato un codice di condotta aziendale che vieta di servirsi di fornitori che impongano condizioni disumane ai dipendenti. Evidentemente, fa capire il New York Times, non sempre queste condizioni vengono verificate puntualmente. Altrimenti la Foxconn non sarebbe tra i fornitori della Casa di Cupertino. Quando il britannico Mail on Sunday ha pubblicato un'inchiesta sui metodi impiegati in un impianto della Foxconn a Shenzhen (turni infiniti e persino punizioni fisiche, come l’obbligo di fare flessioni in stile caserma), alcuni dirigenti della Apple si sono detti «scioccati: non sapevamo che cosa succedesse davvero in Cina, tutto questo deve essere cambiato».
«APPLE NON SI PREOCCUPA» - Nella realtà, poco può essere modificato seguendo la logica del profitto imposta dall’industria fondata da Jobs. Perché i margini per il fornitore sono esigui e possono aumentare soltanto riducendo i costi di produzione. In Cina questo viene fatto a spese dei lavoratori, costretti a turni inaccettabili, a utilizzare prodotti chimici pericolosi, a subire soprusi per lavorare di più e meglio. «Una volta che la Apple ha scelto un fornitore - spiega al New York Times un anonimo (ex) manager - difficilmente si preoccupa se il codice di condotta è rispettato come garantito prima di firmare il contratto». Essenziale, prima di tutto, è che iPod e iPad siano a regola d’arte. O che gli iPhone piacciano al pubblico. Che nulla sa del sudore e della sofferenza nascosti nei circuiti interni.
Paolo Salom26 gennaio 2012

Sei chili di ghiaccio secco in una vasca di acqua bollente.

E' nella top ten dei video più visti su YouTube, e rimbalza da ore su tutti i social network. Protagonisti del video sono alcuni ragazzi italiani che decidono di fare un esperimento: versare sei chilogrammi di ghiaccio secco in una vasca da bagno piena di acqua bollente. Il risultato? E' visibile... e dal bagno, rapidamente, abbraccia tutta la casa...




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Video shock: ecco i danni provocati da una sola sigaretta - video

I danni causati dal fumo sono stati ormai ampiamente evidenziati, trattasi di un vizio che vanta un tasso di mortalità elevatissimo in tutto il mondo. Ciò che colpisce in questo video amatoriale, fra i più visti quest'oggi su youtube, sono le immediate conseguenze che una singola sigaretta è in grado di provocare ai polmoni umani, sostituiti in questo caso con dei recipienti di plastica. Un video che sicuramente merita una riflessione


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La storia:avevano deciso l'aborto poi la parrocchia «adotta» bambino

I genitori ripensano alla loro decisione, dopo che padre Nike si impegna a comprare per il bambino quanto serve

LIVORNO - Una famiglia già numerosa, un solo lavoro, una gravidanza inaspettata in un periodo di crisi. Ma l'aborto, già deciso con tanto di appuntamento fissato in clinica, è stato fermato dopo l'intervento di «padre Nike», al secolo don Maurizio De Sanctis, il sacerdote-ballerino al quale la coppia aveva deciso di comunicare la loro decisione.
È successo a Livorno, nel quartiere «rosso» della Rosa, dove sarà la parrocchia ad adottare il nascituro. «La mia comunità parrocchiale ha un mutuo di 200 mila euro, ma un cuore più grande: oggi abbiamo salvato la vita di un bambino» ha scritto padre Nike sulla sua bacheca di Facebook il 20 dicembre, raccontando poi la storia ai fedeli della chiesa di Santa Rosa durante la messa di Natale. La coppia abita proprio in zona, alla Rosa, storicamente tra le più a sinistra della città quando si aprono le urne, ma intorno alla cui chiesa gravitano almeno 5 mila persone. «Compreremo noi ciò che serve al bambino: la carrozzina, l'abbigliamento, il biberon. Tutto ciò che serve quotidianamente - assicura don Maurizio, laureato peraltro in psicologia, oltre che in filosofia e teologia - Solo così sono riuscito a convincere i genitori». Il dialogo tra il prete e la coppia è durato per ore, ma pur condividendo le idee del parroco sul valore della vita, i due erano rimasti scettici: lui lavora, lei no e le spese con tre figli sono già considerevoli. «Così mi sono giocato l'ultima carta e ho detto loro che li avremmo aiutati. Abbiamo fatto di questo Natale il nostro Natale - chiosa padre Nike - È stato come accogliere Gesù».
font:http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/2011/27-dicembre-2011/avevano-deciso-aborto-poi-parrocchia-adotta-bambino-1902671597480.shtml

Ha preso il via all’Oratorio S.Anna il Memorial “Alberto Cappello”

Modica - La manifestazione organizzata dal Gruppo Pgs è tornata a disputarsi dopo 19 anni dalla sua prima edizione in memoria del giovane centauro modicano che perse la vita in un incidente stradale nella Via Boccone del Povero.Mercoledì sera la cerimonia inaugurale che ha visto la presenza dei genitori e familiari di Alberto Cappello, Padre Scarso, del sindaco di Modica, Antonello Buscema, dell’Assessore allo Sport, Giovanni Spadaro che è anche vicepresidente della PGS, dei responsabili della Pgs Don Bosco, Emanuele Giannì e Sergio Cappello, fratello del compianto Alberto. Ad inizio cerimonia Padre Scarso ha riunito tutti i presenti in un momento di preghiera nel ricordo di Alberto; il capitano della squadra di casa la Don Bosco, Carlo Avola, ha consegnato un omaggio floreale ai genitori di Alberto e si è proseguito con il saluto delle 17 squadre partecipanti al memorial per un totale di oltre 170 atleti che disputeranno le loro gare in notturna a partire dalle 20.00. L’incontro inaugurale ha visto in campo le formazioni della Don Bosco e della Sea Friends concluso con la vittoria della Don Bosco per 6 a 1.


Ginnastica: buoni risultati della Polisportiva Niche di Imperia a trofeo nazionale di San Maurizio Canavese

A 10 anni dalla scomparsa di Don Gino Borgogno, fondatore delle Polisportive Giovanili Salesiane, il Comitato Regionale Piemonte PGS, ha organizzato, presso il Centro Polisportivo di San Maurizio Canavese (TO), da venerdì a ieri, il primo Trofeo Nazionale di Ginnastica Artistica intitolato al lungimirante sacerdote, Don Gino, che dedicò tutta la sua vita alla crescita di questo Ente di Promozione Sportiva. 15 le società partecipanti, provenienti da Liguria, Piemonte e Veneto, che si sono sfidate in una competizione a squadre nelle diverse specialità della ginnastica artistica: volteggio, trampolino, trave, corpo libero e parallele.
Nel settore femminile le squadre dell'Associazione Sportiva Dilettantistica Niche di Imperia, accompagnate e dirette dagli allenatori, Cordeglio Elena, Ferrari Manuela, Franchini Roberta e Mela Elisa, si sono distinte posizionandosi nella classifica generale come segue: al primo posto con la squadra giovanile (Agnese Serena, Cecchini Katia, Giachino Alice, Musso Beatrice), ed al secondo e terzo posto con le due squadre senior (Bosia Cecilia, Corradi Annamaria, Giacchino Giulia e Loiacono Luana – Peirone Chiara, Piombo Ilaria, Pollero Elisabetta, Ravotto Silvia e Viani Alice). Nelle diverse classifiche per attrezzo, ancora ottimi risultati: 2 ori alla trave con Agnese Serena e Corradi Annamaria, 3 argenti: alla trave Giacchino Giulia e Giacchino Alice, al mini- trampolino elastico: Cecchini Katia, 2 bronzi: al corpo libero ancora Giacchino Alice ed al mini-trampolino elastico: Beatrice Musso. Il Presidente Luciano Franchini si dichiara molto soddisfatto della prestazione delle sue ginnaste:”Questa competizione, in un periodo in cui la preparazione tecnica è ancora incompleta, è stata un efficace momento di confronto ed un test molto importante per valutare il livello delle nostre ragazze, che come sempre hanno dimostrato che l'impegno ed il sacrificio ripagano le fatiche sostenute. Questa verifica ci permetterà, inoltre, di meglio comprendere le nostre lacune e mirare i futuri allenamenti al conseguimento di risultati migliori”. Prossimo appuntamento per tutte le ginnaste dell'ASD NICHE – settore agonistico, nell'anno nuovo con i Campionati Regionali, validi per la qualificazione alle finali nazionali in programma a maggio a Lignano Sabbiadoro.
Carlo Alessi

font:http://www.sanremonews.it/2011/12/12/leggi-notizia/argomenti/sport/articolo/ginnastica-buoni-risultati-della-polisportiva-niche-di-imperia-a-trofeo-nazionale-di-san-maurizio-c.html

Inizia bene la stagione per le atlete della Ginnastica PGS Intemelia

Inizia bene la stagione agonistica per le atlete dell'Associazione Sportiva Dilettantistica PGS Intemelia di Bordighera, tornate ieri con un “en-plein” dal Trofeo d'Autunno, gara a squadre di ginnastica artistica che si è tenuto sabato scorso a San Maurizio Canavese (Torino).Erano ammesse alla gara le atlete che in ogni programma e categoria delle fasi nazionali della Don Bosco Cup 2011 avevano riportato i migliori punteggi nella loro squadra.Le ragazze hanno sostenuto gare di specialità a corpo libero, trave, volteggio e trampolino.Hanno partecipato squadre provenienti da Piemonte, Liguria e Veneto.La PGS Intemelia era presente con una squadra della categoria giovanile del programma A (il più impegnativo) e due squadre, una giovanile e una senior del programma B.Tutte e tre le squadre si sono classificate al terzo posto nelle rispettive competizioni, con punteggi di tutto riguardo.In ogni settore, inoltre, non sono mancate le qualificazioni di specialità; nel programma A la squadra era composta da Serena Sasso, Chiara Artioli e Arianna Saponiero; Chiara Artioli si è piazzata al secondo posto nella specialità volteeggio.La squadra giovanile del programma B (Elena Croesi, Sofia Crespi, Virginia Duce, Valentina Blancardi e Tea Lazzaretti) ha centrato anche tutti i podi di specialità, con Tea Lazzaretti prima a corpo libero, Valentina Blancardi prima a trampolino e seconda a trave; nella squadra senior del programma B, formata da Alice Blancardi, Greta Marra, Federica Politi e Virginia Robbiati, Greta Marra si è aggiudicata il secondo gradino del podio nella specialità trampolino.Ora le ragazze, che si allenano a Bordighera nella palestra dell'Istituto Tecnico “Montale” sotto la guida di Lorenza e Luisa Lorenzi, si preparano, insieme alle compagne che non hanno partecipato a questa prima gara, ai campionati PGS, la cui prima gara regionale è fissata per i giorni 17 e 18 febbraio.

La Redazione13 dicembre 2011


“L’anoressia: adesso per me è una malattia stupida”

Mi chiamo Clara, ho 12 anni e ho iniziato a mangiare meno in terza elementare per piacere ad un ragazzo che mi prendeva in giro. Così è iniziata la mia storia di anoressia. La prima cosa che ho fatto è stata togliere i condimenti, ottenendo subito come risultato quello di dimagrire.
Pensavo che era meglio morire piuttosto che aumentare di peso. Non andavo più fuori a mangiare perché non potevo mangiare la quantità che volevo. Un giorno sono stata costretta da mia mamma ad entrare in un Ospedale per guarire da questa malattia. Io non volevo stare lì perché non mi trovavo bene né con la dottoressa né con le infermiere. Erano troppo duri nei miei confronti, mi dicevano che non miglioravo mai e quindi mi aumentavano la terapia, cioè mi riempivano il bicchiere fino all’orlo di integratore e se non bastava mi facevano le flebo. Se chiedevo se ero aumentata di peso non mi rispondevano; secondo me avevano il timore che noi ci spaventassimo e che quindi rifiutassimo di mangiare. Dovevo fare tutto quello che dicevano loro anche se non mi piaceva, non potevo più andare a scuola o uscire a divertirmi ed ero sempre giù di morale. Io non volevo essere chiamata anoressica perché per me di questa malattia soffrono le persone che vogliono assomigliare alle modelle e non pensano a vivere, ma solo ad essere magre. Ci sono stati momenti in cui rinfacciavo a mia madre che desideravo morire piuttosto che continuare la cura. Mia mamma era molto preoccupata per me, si sentiva in colpa perché pensava di avermi dato poche attenzioni.
Ed è così che mia madre ha scoperto il Centro Psiche e ho iniziato a frequentare il Day Hospital. Durante il primo colloquio, ho conosciuto la responsabile di questo Centro, che mi è stata immediatamente simpatica e da cui mi sono sentita subito capita. In questo Centro ho trovato un ambiente di cura accogliente, durante i colloqui con la dottoressa non mi sentivo giudicata se mangiavo o non mangiavo. Potevo raccontarle tutto quello che volevo, mi sentivo libera e tranquilla. Trascorrevo del tempo anche con un'altra psicologa, che mi faceva disegnare, giocare e divertire… Ogni volta che andavo inventavamo qualcosa di nuovo, una volta ho preparato i biscotti al cioccolato per la festa della mamma! Ero felice quando arrivavano i giorni della settimana in cui dovevo andare da loro. Ricordo che in uno degli ultimi incontri ho disegnato dei profitterols dicendo che ne avrei mangiati a dozzine. Solo alcuni mesi prima pensavo che sarebbero stati un incubo per la mia linea e una bomba di calorie infinite. Nel giro di pochi mesi ho quindi iniziato a pensare che non volevo essere anoressica, ma che volevo ricominciare a vivere. Adesso penso che l’anoressia sia una malattia stupida.


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La sposa è in ritardo, il prete non l'aspetta

Fa discutere la scelta di «padre Nike», il don controcorrente amico di Fiorello e Jovanotti.Il sacerdote ha aspettato 20 minuti. Poi ha dato comunque il via alla messa. «Non era cerimonia privata»


LIVORNO – Il Paradiso si può perdere anche per venti minuti di ritardo. Se poi la ritardatrice è una sposa, poco importa, la messa deve iniziare. Così padre Maurizio De Sanctis, giovane parroco della chiesa di Santa Rosa da Viterbo, quartiere popolare della Rosa a Livorno, allo scoccare del ventesimo minuto di tempo supplementare, ha guardato i tanti fedeli che gremivano la chiesa, ha sorriso ai molti bambini un po’ stufi di stare lì ad aspettare, e ha iniziato la funzione davanti a uno sposo esterrefatto e con i pareti che guardavano nervosamente la porta di ingresso sperando di essere illuminati e rassicurati dalla visione di un velo nuziale e magari dalle note immancabili di Mendelssohn. La sposa invece è arrivata alle 11.22, con oltre venti minuti di ritardo. L’hanno vista salire radiosa i gradini dell’ingresso e poi rimanere a bocca aperta nel vedere il prete continuare a dire messa, il futuro marito impalato davanti all’altare, gli invitati guardare la scena allibiti. Poi la ragazza ha raggiunto rapidamente l’altare per fortuna al momento delle letture e così non si è persa lo scambio degli anelli, il giuramento solenne di fedeltà e il bacio finale con applauso. La storia, raccontata stamani sulla cronaca livornese del Tirreno, ha fatto il giro della città. Confermata dallo stesso parroco, padre Maurizio, ribattezzato da tempo padre Nike per il suo modo di vestire moderno (anche ai piedi), sacerdote giovane e di base, capace di sorprendere con le sue scelte contro correte, amico di Jovanotti e Fiorello. Padre Nike è amatissimo nel quartiere della Rosa. Da quando è arrivato, un annetto fa, la chiesa si è riempita di fedeli e anche atei e «mangiapreti» lo ammirano e lo invitato spesso a casa loro o a qualche dibattito. Il sacerdote ha anche spiegato il motivo perché non ha aspettato un minuto di più la sposa ritardataria. «Non era una cerimonia privata per uno sposalizio – ha detto – ma una messa parrocchiale all’interno della quale due persone si univano in matrimonio. I bambini, che erano in chiese dalle 10 per il catechismo, erano stanchi e nervosi, non potevo aspettare di più». Durante l’omelia padre Maurizio non ha dimenticato una tirata di orecchi alla coppia raccomandando sempre la puntualità. Il Paradiso non può attendere. La messa e il matrimonio, neppure. Andate in pace e rimettete l’orologio.




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FISICA"Neutrini più veloci della luce"

Messo in discussione Einstein.Clamorosi risultati di uno studio del Cern e dell'Infn guidato da un fisico italiano: particelle sparate da Ginevra al Gran Sasso hanno infranto il muro considerato invalicabile dalla fisica. Margherita Hack: "Sarebbe una rivoluzione"


ROMA - I risultati, se confermati, possono rimettere in discussione le regole della fisica cristallizzate dalle teorie di Albert Einstein, secondo le quali niente nell'universo può superare la velocità della luce. Un gruppo di ricercatori del Cern e dell'Infn guidato dall'italiano Antonio Ereditato ha registrato che i neutrini possono viaggiare oltre quel limite. Le particelle hanno coperto i 730 chilometri che separano i laboratori di Ginevra da quelli del Gran Sasso a una velocità più alta di quella della luce. Il muro è stato infranto di appena 60 nanosecondi. Eppure, il risultato è talmente destabilizzante che il team di ricerca ha atteso ben tre anni di misurazioni per sottoporlo all'attenzione della comunità scientifica. "Abbiamo passato sei mesi a rifare i calcoli", racconta Dario Autiero, responsabile dell'analisi delle misurazioni. Per giustificare la discrepanza sono stati presi in considerazione persino la deriva dei continenti e gli effetti del terremoto dell'Aquila del 2009. "Siamo abbastanza sicuri dei nostri risultati", spiega Ereditato, "ma vogliamo che altri colleghi possano verificarli e confermarli". E le prime reazioni non tardano ad arrivare: secondo il Centre national de la recherche scientifique francese, le fosse confermata la scoperta sarebbe "clamorosa" e "totalmente inattesa" e aprirebbe "prospettive teoriche completamente nuove". Anche per l'astrofisica Margherita Hack si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione perché, osserva, "finora tutte le previsioni della teoria della relatività sono state confermate". Secondo la teoria della relatività ristretta, elaborata da Einstein nel 1905, la velocità è una costante, tanto da essere parte della celeberrima equazione E=mc², dove E è l'energia, m la massa e c, appunto, la velocità della luce. La relatività, spiega ancora la Hack, "prevede che se un corpo viaggiasse ad una velocità superiore a quella della luce dovrebbe avere una massa infinitamente grande. Per questo la velocità della luce è stata finora considerata un punto di riferimento insuperabile".Tra l'altro, la teoria della relatività implica l'impossibilità fisica delle traversate interstellari e dei viaggi nel tempo, finora inesorabilmente relegati alla fantascienza e ritenuti irrealizzabili dalla scienza. Ora tutto ciò potrebbe cadere. "Ma io non voglio pensare alle implicazioni", si affretta a precisare Ereditato. "Siamo scienziati e siamo abituati a lavorare con ciò che conosciamo". La velocità delle particelle è stata misurata dal rivelatore Opera, dell'esperimento Cngs (Cern NeutrinoS to Gran Sasso), nel quale un fascio di neutrini viene lanciato dal Cern di Ginevra e raggiunge i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, dell'Istituto nazionale di Fisica Nucleare.



font:http://www.repubblica.it/scienze/2011/09/22/news/neutrini_pi_veloci_della_luce_studio_italiano_supera_einstein-22085384/

LA RICERCA Il racconto delle malattie un laboratorio in tempo reale

Nasce lo spazio aperto "Viverla Tutta": una iniziativa creata con la collaborazione degli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità, Istituto Mario Negri, Asl 10 di Firenze, European Society for Health and Medical Sociology. Il primo studio di Medicina Narrativa sul web

"Viverla Tutta" è uno spazio aperto all'interno di Repubblica.it, nato per raccogliere le testimonianze di persone che pur trovandosi a vivere una condizione di malattia, propria o della persona che assistono, cercano di non arrendersi agli eventi, ma, anzi, lottano con coraggio ogni giorno, senza cedere alla paura o abbandonarsi alla commiserazione.

COME PARTECIPARE ALLA INIZIATIVA

Lo scopo è cercare di raccontare cosa significa vivere la malattia oggi, in un'epoca in cui abbiamo a disposizione cure e trattamenti un tempo impensabili, ma in cui dobbiamo fare i conti con il fatto che molto spesso siamo noi, con la nostra volontà ed il nostro coraggio, i primi responsabili della lotta alla malattia. La società di oggi è, infatti, abituata a pensare la malattia soprattutto come insieme di sintomi, cause e rimedi: raramente è disposta ad ascoltare il racconto dell'esperienza della malattia da parte di chi ne è coinvolto direttamente. Un racconto, fatto di sensazioni, emozioni, dettagli, che, quando viene ascoltato, riserva grandi potenzialità e un incredibile guadagno: la possibilità di trasmettere qualcosa di utile e prezioso. Le storie di malattia contengono, infatti, una serie di elementi relativi alla percezione della malattia, alla sua interpretazione e al modo di affrontarla che, se correttamente raccolti, interpretati ed analizzati attraverso apposite tecniche e metodologie (quelle della Narrative Based Medicine, NBM, o Medicina Narrativa), possono contribuire a migliorare i percorsi di assistenza e cura, riconoscendo la centralità del paziente ed affermando l'importanza, per la medicina, di prendersi cura del malato e non solo della malattia.
LE STORIE
Giulia e Friedreich, come in un film
Scrivo il mio nome in quaranta secondi
Alzheimer, I miei piccoli consigli a familiari e assistenti
LE MALATTIE RARE
Oltre settemila patologie che aspettano una cura
Le corse interrotte già nell'infanzia
Quei bambini incapaci di sorridere
LA MEDICINA NARRATIVA
Quando la parola può essere la cura
CUORE
I centomila battiti del nostro cuore
La protagonista è quindi la personale esperienza della malattia, trasformata però da evento negativo, portatore unicamente di dolore e sofferenza, spesso anche di emarginazione e solitudine, in un vissuto costruttivo, fatto di saperi e di comportamenti fondati sull'esperienza diretta, utile per sé e comunicabile agli altri. "Viverla Tutta" ospita una griglia di domande online, costruita secondo la metodologia della Medicina Narrativa, che aiuta le persone a raccontare la propria storia. Le storie raccolte confluiranno in uno studio più ampio ed articolato, promosso dal Laboratorio Sperimentale di Medicina Narrativa, coordinato, per le malattie croniche, dalla Azienda Sanitaria Locale (ASL) 10 di Firenze e, per le malattie rare, dal Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) - Istituto Superiore di Sanità (ISS) (www.iss. it/cnmr), e dalla European Society for Health and Medical Sociology. Le storie raccolte tramite il web ed il Laboratorio Sperimentale, saranno successivamente analizzate da un comitato scientifico, composto da esperti italiani di Medicina Narrativa, con l'obiettivo finale di giungere all'individuazione ed elaborazione di raccomandazioni volte a promuovere l'integrazione tra la Narrative Based Medicine e l'Evidence Based Medicine, nell'ambito delle malattie rare e delle malattie croniche e diffondere l'impiego della narrazione e delle tecniche narrative in medicina ed in sanità nel nostro Paese. Raccontaci la tua storia di malattia, per aiutarci a costruire buone storie di assistenza e cura Lo studio fa riferimento al protocollo di ricerca "Laboratorio Sperimentale di Medicina Narrativa" messo a punto dal Comitato Tecnico Scientifico composto da:
- Domenica Taruscio, Direttore Centro Nazionale Malattie Rare - Istituto Superiore di Sanità, Roma
- Stefania Polvani, Direttore Educazione alla Salute, Azienda Sanitaria Locale 10, Firenze
- Alfredo Zuppiroli, Direttore Dipartimento Cardiologia, Azienda Sanitaria Locale 10, Firenze e Presidente Commissione di Bioetica, Regione Toscana
- Guido Giarelli, Past-President European Society for Health and Medical Sociology
- Gianni De Crescenzo, Medical Director Pfizer Italia, che partecipa all'iniziativa nell'ambito del Progetto "Viverla Tutta"
Alla discussione per la messa a punto del protocollo di ricerca del progetto ha contribuito il Laboratorio per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità, Istituto Mario Negri, Milano. Questa iniziativa è resa possibile grazie alla collaborazione di Pfizer nell'ambito della campagna d'impegno sociale "Viverla Tutta".



font:http://www.repubblica.it/speciali/salute/viverla-tutta/edizione2011/2011/09/12/news/il_racconto_delle_malattie_un_laboratorio_in_tempo_reale-21550198/

LO STUDIO Confidarsi? Una perdita di tempo

Perché i maschi nascondono le emozioni Una ricerca dell'università del Missouri: la riluttanza degli uomini ad esprimere ansie e dispiaceri dipende unicamente da un fattore pratico: lo ritengono inutile. Mentre le donne si sentono meglio dopo uno sfogo. Ma c'è un modo per ridurre le distanze di IRMA D'ARIA
ROMA - "Confidarsi con qualcuno: questo sì che è da pazzi....", scriveva Luigi Pirandello. Il Nobel fotografava così un tipico pensiero degli uomini, valido allora come oggi, che spiega già da solo come mai le donne non sappiano tenere per sè problemi, ansie e dispiaceri, mentre gli uomini si tengono tutto dentro. Ad analizzare le differenze è stato uno studio condotto presso l'Università del Missouri su oltre 2mila bambini e adolescenti. Ne è emerso che la differenza nella capacità di confidarsi inizia sin da piccoli e non è legata affatto, come si potrebbe pensare, alla maggior riservatezza maschile nella condivisione dei propri sentimenti. La questione è molto più pratica: per gli uomini si tratta semplicemente di una perdita di tempo. "Lo studio" commenta Luigi Janiri, professore associato di psichiatria presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma "fotografa perfettamente la differenza di genere che esiste prima di tutto a livello genetico e biologico. Nella donna, infatti, prevale il cervello emotivo, ovvero l'emisfero destro e il lobo limbico e ciò determina una differenza precisa nell'elaborazione e anche nell'espressione delle emozioni". Perciò, mentre per le ragazze confidarsi con un'amica significa sfogarsi e sentirsi meglio, per i maschi non vi è alcuna ragione valida per dire a qualcun altro ciò che si prova. Ed ecco che crescendo si sviluppa la tipica riluttanza maschile ad esprimere i propri sentimenti persino alla partner. "Per anni la maggior parte degli psicologi ha insistito sulla necessità che i maschi imparassero ad esprimere sensazioni e stati d'animo, superando l'imbarazzo e il timore di apparire deboli", spiega la dottoressa Amanda Rose che ha svolto quattro studi sul tema. "Ma quando abbiamo chiesto ai ragazzi come si sentivano dopo aver parlato dei propri problemi, non hanno espresso più angoscia o disagio rispetto alle ragazze. Semplicemente i ragazzi hanno spiegato che non vedono alcuna utilità nel perdere del tempo a parlare dei propri sentimenti" conclude Rose. Conclusioni che sono state pubblicate su Child Development e che ci aiutano a spiegare meglio perché uomini e donne hanno un approccio diverso rispetto ai problemi di relazione. Quando c'è qualcosa che non va nella coppia, in genere è la donna a cercare il dialogo perché è convinta che così si riuscirà a comprendere la causa del problema e a risolverlo. Al contrario l'uomo sfugge perché secondo lui più si pensa e si parla del problema, più lo si ingigantisce. In un precedente studio della Rose, infatti, è emerso che il continuo rimuginare sui problemi aveva reso i ragazzi e non le ragazze più ansiosi e depressi. "La minor propensione dell'uomo a confidarsi e ad entrare in intimità - spiega Janiri - ha un impatto enorme sulla relazione di coppia specie al giorno d'oggi in cui la donna è più autonoma e ha fatto tante conquiste senza però perdere la sua capacità di introspezione". Dunque, si ribadisce il concetto del libro di Gray John secondo cui gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere e che a riguardo non c'è nulla che si possa fare? Secondo gli psicologi, qualcosa si può fare per accorciare le distanze. Per esempio, i genitori dovrebbero esortare i figli a condividere i propri stati d'animo e le preoccupazioni in modo da poterli seguire meglio e rassicurarli nei momenti di crisi. Al contrario, le ragazze dovrebbero imparare che per far fronte ai problemi non basta solo parlarne, ma conta di più guardarsi dentro e sapersela cavare anche da sole. "Solo agendo precocemente si può tentare di correggere l'atavica suddivisione dei ruoli maschili e femminili. Per esempio, a partire dai giochi. Dovremmo lasciare i bambini liberi di fare le loro scelte ed esplorazioni. Se un maschietto vuole giocare con le bambole o una femminuccia con la pistola, i genitori non devono intervenire per inculcare loro l'idea che questo non è un gioco adatto. È proprio così che si creano i presupposti per le differenze di genere"

font:http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2011/09/05/news/le_differenze_tra_uomini_e_donne_nel_confidare_i_problemi-21142786/

STUDI Aroma di cioccolato, mix di 600 odori inclusi cavolo, cetrioli e sudore umano



Una ricerca presentata al congresso dell'American Chemical Society ha mappato la composizione dell'essenza delle fave del cacao, scoprendo che è generata da una miscela sorprendente di effluvi fra cui quello di patate fritte, di pesche, miele e terra


ROMA - Verrebbe da pensare che è un aroma primario, invece l'aroma del cioccolato - e delle fave di cacao che ne sono l'ingrediente chiave - è il risultato di un mix abbastanza sorprendente di odori, fra i quali quello delle patate fritte, della pesca e dei cetrioli. La tesi è il punto di arrivo di una ricerca tedesca che è stata presentata oggi a Denver, durante le sessioni del 242° congresso nazionale dell'American Chemical Society. Secondo lo studio, l'aroma finale del cioccolato è il frutto di un bouquet di sostanze che, prese singolarmente, hanno l'odore di patatine fritte, carne cotta, pesche, miele, ma anche di grasso di manzo, cavolo cotto, terra, cetrioli e perfino sudore umano. Secondo Peter H. Schieberle, ricercatore della Technical University di Monaco di Baviera, dalla ricerca potrebbe nascere un nuovo genere di "cioccolatini di design", dal sapore e dall'aroma mai provati prima. "Per sviluppare un cioccolato migliore - afferma Schieberle -, è necessario conoscere la chimica celata dietro l'aroma e le sostanze che compongono il gusto del cacao. Si deve dunque partire "dalle sostanze che compongono il sapore del cacao grezzo, estendendosi poi a tutte le fasi di lavorazione, fino a quando il consumatore mangia il cioccolato". E anche in questo caso, è importante non saltare i passaggi e non avere troppa fretta. Anche quando il 'cibo degli dei' arriva in bocca, infatti, provoca una reazione chimica: "Alcune persone semplicemente danno un morso e ingoiano il pezzetto di cioccolato. Ma in questo modo - dice il ricercatore - la reazione non si può verificare e si perde molto del sapore". Il sapore caratteristico del cioccolato si evolve nel corso di tutta la sua produzione. "Per un aroma di cacao molto buono, però, occorrono solo 25 dei quasi 600 composti volatili presenti nelle fave di cacao", assicura Schieberle. "Noi chiamiamo sensonomico questo tipo di studio su larga scala", aggiunge l'esperto. Poiché nella fase iniziale non è stata identificata una sostanza singola responsabile del tipico aroma del cacao, i ricercatori hanno dovuto mappare i diversi aromi e metterli di nuovo insieme per testare l'effetto dei vari mix finali, scoprendo appunto alcuni elementi olfattivi insospettabili - dalla terra al sudore umano - capaci di generare nel cervello la percezione complessiva del cioccolato. Non solo. Il team ha scoperto anche un modo per migliorare il gusto del prodotto finale. Il gruppo ha visto, infatti, che aggiungendo un po' di zucchero al cacao prima del processo di lavorazione più utilizzato (quello detto 'olandese'), il cioccolato diventa ancora più vellutato. Secondo i ricercatori, aldilà del rilievo scientifico, il loro lavoro potrà avere conseguenze sul piano industriale e commerciale, contribuendo a mettere a punto nuove e più allettanti varianti di cioccolatini e prodotti a base di cacao.


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Lo scatto fortunato del dilettante: il fulmine colpisce la Torre Eiffel

Questa spettacolare immagine, scattata tre anni fa, sta facendo ora il giro della rete perché inserita all'interno di una esposizione fotografica intitolata "Lumieres celestes, lumieres des hommes", in Francia. Uno scatto decisamente fortunato, di Bertrand Kulik, un fotoamatore dilettante, che catturato l'istante esatto in cui un fulmine colpisce la torre Eiffel, durante una temporale su Parigi (a cura di Matteo Marini)


font:http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/09/01/foto/lo_scatto_fortunato_del_dilettante_il_fulmine_colpisce_la_torre_eiffel-21126596/1/?ref=HRESS-4

Una tuta del sonno per dormire dovunque

La formula perfetta del sonno imporrebbe quattro riposini da 30 minuti nell'arco delle 24 ore e ad aiutare chi sogna di metterla in pratica senza dover rinunciare a una vita professionale e privata attiva ci pensa il designer americano Forrest Jessee. E' sua la Spleep Suit: la tuta del sonno consiste in un involucro da indossare, che grazie alla sua struttura morbida ma resistente permette di dormire comodi in qualsiasi luogo



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L'ALLARME Il fumo fa male soprattutto alle donne

Ogni sigaretta accelera il processo di arteriosclerosi quanto cinque per gli uomini. Lo dimostra una ricerca finanziata dall'Unione europea su un campione di 3 mila persone. Ma le campagne informative sui danni del tabacco sono state un fallimento proprio nell'universo femminile

PARIGI - Il cuore delle donne è cinque volte più vulnerabile al fumo di quello degli uomini. Ogni sigaretta accelera il processo di arteriosclerosi, il principale fattore di rischio cardiovascolare, quanto cinque per gli uomini. E' quanto risulta da una ricerca finanziata dall'Unione Europea su oltre 3mila persone, metà uomini e metà donne, abitanti in Italia, Finlandia, Svezia, Olanda e Francia, in cui è stato misurato lo spessore della parete della carotide, una delle arterie che portano il sangue al cervello, parametro indicativo del livello di arteriosclerosi del sistema vascolare. La ricerca è stata coordinata da Elena Tremoli del dipartimento di Scienze Farmacologiche dell'Università di Milano che l'ha presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia in corso a Parigi fino a mercoledì 31 agosto. I risultati delle misurazioni delle carotidi mostrano che l'ispessimento della parete è proporzionale alla durata ed all'intensità dell'abitudine al fumo in ambedue i sessi. Ma l'effetto del numero di sigarette fumate al giorno sulla progressione dell'arteriosclerosi è cinque volte maggiore nelle donne. Indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio per l'inspessimento delle arterie come età, livello della pressione e del colesterolo, obesità e classe socioeconomica (più è bassa e maggiore è il rischio di arteriosclerosi). "La maggiore nocività delle sigarette per il cuore delle donne - Spiega Elena Tremoli - è una scoperta particolarmente importante, in relazione all'ormai accertato fallimento sul sesso femminile delle campagne informative fatte negli ultimi anni per diminuire il numero dei fumatori". Per la prima volta in Italia, rivela il Rapporto annuale sul fumo dell'Osservatorio Fumo Alcol e Droghe dell'Istituto Superiore di Sanità, si è raggiunta quasi la parità tra uomini e donne con il vizio. E queste ultime sono anche più restìe a smettere.
Le fumatrici sono 5,2 milioni (19,7%), gli uomini 5,9 milioni, (23,9%). Le signore che hanno detto addio alle "bionde" sono 2,6 milioni (il 9,8% di ex fumatrici), gli uomini 3,9 milioni (il 15,7%). Fumo e alcol assieme poi, secondo un altro studio condotto in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità presentato al congresso, stanno costando cari alle donne europee, che rispetto agli uomini vivono più a lungo, ma peggio. "E' noto che le donne, sino alla menopausa, sono protette dalle malattie cardiovascolari - conclude la Tremoli - E le donne stesse pensano di essere meno vulnerabili ai fattori più dannosi per le arterie come ipertensione, colesterolo alto, alimentazione grassa e fumo. Per quest'ultimo abbiamo scoperto essere il contrario". A Parigi, fra le altre ricerche ne sono state presentate alcune che confermano invece l'effetto protettivo del cacao. La revisione di 7 lavori, per un totale di oltre 100mila persone coinvolte, sia sane che cardiopatiche, ha portato a confermare i benefici del cacao sul cuore e a individuare la dose minima efficace. Bastano 7,5 grammi al giorno, il contenuto di un cioccolatino fondente, per registrare una riduzione del rischio di infarto del 37% e di ictus del 29%. A proposito di ictus, infine, ottimi risultati vengono da uno studio su oltre 18mila pazienti in cui un nuovo anticoagulante, l'apixaban, ha ridotto sensibilmente il numero di casi di ictus in soggetti con fibrillazione atriale, l'artimia cardiaca asintomatica frequente causa del danno vascolare al cervello.

font:http://www.repubblica.it/salute/prevenzione/2011/08/29/news/il_fumo_fa_peggio_alle_donne-21009755/

Quei giovani fuori dal bar


FATICO a capire i giovani, nonostante che io me ne occupi da quand'ero giovane. Cioè da molto, troppo tempo. Certo, ho la fortuna di frequentarli spesso e con regolarità, da genitore e professore. Tuttavia, mai come in questa fase stento a riconoscerli, perché mi è, comunque, difficile misurarmi con essi. Certo, i tempi sono cambiati da quand'ero giovane anch'io. Secoli, millenni. Non c'è bisogno di rammentare le distanze cosmiche dal punto di vista delle tecnologie e dei metodi di comunicazione a livello personale e sociale. Però alcuni riferimenti, alcuni luoghi del paesaggio che compone la nostra vita quotidiana sono rimasti gli stessi. Anche se nella pratica non sono più gli stessi. Sono divenuti "altro". I bar, ad esempio. Ci sono ancora, come quando io ero giovane. A volte sono negli stessi luoghi, con gli stessi nomi. Però è cambiato l'uso che se ne fa. Il posto che hanno nella giornata e nella vita dei giovani. Ai miei tempi (che impressione usare questa formula. Segno che sono davvero invecchiato) i bar erano luoghi e centri sociali. Ci passavi le sere. Le domeniche. Uscivi di casa e andavi là, dove incontravi gli amici. Il barista era una figura leader della formazione giovanile. Veniva dopo i genitori, gli insegnanti e gli amici stretti. Andavi al bar. Poi decidevi dove recarti. Al cinema, a una manifestazione, a una festa, a zonzo. E ci tornavi più tardi. Peró potevi anche scegliere di rimanere lì. Di passarci la sera a giocare a biliardo, a calcetto, a carte. A bere, chiaccherare, tirare tardi. E, comunque e soprattutto, la vita del bar si svolgeva inevitabilmente dentro. Dentro. Il bar, come ho detto, era un luogo e un centro sociale in sè. E, in particolare, "un" bar. Dove si trascorreva gran parte del tempo libero. Ora non è più così. Basta girare per le città per vedere che i giovani si ammassano "fuori". Davanti e intorno al bar. Occupano uno spazio ampio, variabile. Il marciapiede, l'intera strada. In piedi, appoggiati ai muri, seduti sull'asfalto... Sono tanti, tantissimi. Alle ore più diverse. Prima di cena, per lo spritz. O a cena, per il kebab, il piatto pronto. Dopo cena o comunque a tarda sera (e notte). A volte, anzi, spesso, sono avvolti da musica tecno a volume variabile. Dipende dall'ora, dalle ordinanze e dai regolamenti comunali, dal grado di sopportazione dei residenti. Ma si tratta sempre di un brulichio, una folla mobile. Gli addensamenti giovanili non sono stabili, ma in costante evoluzione. Perché loro, i giovani, si spostano di continuo. Individualmente o in gruppo. Arrivano, parlano, mangiano, bevono, fumano. E se ne vanno. Con alcuni amici, in gruppo oppure da soli. Vanno altrove. Incontrano altri amici, ascoltano altra musica, beccheggiano altri spuntini. Cambiano bar e dunque compagnia oppure attività. Poi magari ri-passano. Ma restano sempre "fuori". Raramente entrano. Ovviamente, di conseguenza, sono cambiati anche i bar, che si sono adattati a fare altre cose. E a volte hanno innovato, promuovendo nuove abitudini. Si pensi all'happy hour, che ha rimpiazzato, talora, la cena, tante sono le proposte alimentari che i diversi locali associano al drink (i noti spuntini ipercalorici). Ma i bar qui mi interessano soprattutto in relazione ai giovani e ai loro stili di vita. Le loro abitudini. I bar. Sono divenuti stazioni di passaggio di una vita itinerante. Di una generazione itinerante, sempre in movimento, sempre in viaggio. Perché costretta - o meglio, indotta - a vivere un eterno presente. Precario. Una generazione di passaggio. Alla ricerca di un luogo dove fermarsi, finalmente. Tra un bar e l'altro.



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Ridere 15 minuti al giorno fa bene al cuore

Al Congresso della Società Europea di Cardiologia, in corso a Parigi, presentati i risultati di una ricerca condotta dall'Università del Maryland sui benefici effetti del buonumore. Stime preoccupanti per le conseguenze dello stress dovuto alla situazione economica

PARIGI - Dopo anni di ricerche che hanno dimostrato quanto stress e malumore siano tossici per il cuore e, al contrario, sia benefico il buonumore, si è giunti finalmente a quantificare la dose minima efficace, la "pillola" che protegge dall'infarto: almeno 15 minuti al giorno di risate. Ma devono essere intense, piene, coinvolgenti, come quelle che si scatenano vedendo film capolavori della comicità. Solo così equivalgono ai famosi 30 minuti al giorno di camminata veloce, stabiliti da qualche anno come la "dose minima quotidiana" di attività fisica che protegge dall'infarto. Le ricerche sull'influenza dello stato d'animo su cuore e arterie sono state presentate oggi al congresso della Società Europea di Cardiologia dove anche il malumore è tornato protagonista. Sulla base di ricerche dello scorso anno si prevede che l'attuale situazione di stress per crisi economica indurrà un aumento del 15% dei ricoveri nelle unità coronariche del Vecchio Continente. La ricerca che arriva a definire la dose minima di risate è stata condotta dall'Università del Maryland che ha sottoposto i volontari alla visione di film divertenti come Tutti pazzi per Mary oppure mentalmente stressanti come Salvate il sodato Ryan: sono state eseguite oltre 300 misurazioni e nella quasi totalità i partecipanti dimostravano un aumento del flusso di sangue fino al 50% in più dopo la visione della pellicola mentre succedeva l'opposto dopo aver assistito a sequenze violente o drammatiche. Un consistente e prolungato abbassamento della pressione si è mantenuto per 24 ore manifestato dopo almeno 15 minuti di ilarità suscitata dal film. Ma si registra già una dilatazione delle arterie e un calo significativo della pressione dopo appena dieci secondi di risata intensa. "La risata abbassa la frequenza cardiaca con effetti benefici sull'endotelio e riduce il rilascio di sostanze euroendocrine vasocostrittrici - spiega Roberto Ferrari, ordinario di Cardiologia all'università di Ferrara e past president dei cardiologi europei - Inoltre, stimola la produzione di endorfine, sostanze chimiche che presentano un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare, in quantità simili a quelle indotte dall'attività fisica. Ma è più in generale il buonumore che fa bene. Per questo raccomandiamo sempre ai nostri pazienti di non imporsi rinunce troppo gravose, né di cambiare radicalmente il proprio stile di vita. La dieta, ad esempio, si può modificare rendendola più sana con alcuni semplici accorgimenti, senza misure drastiche e senza dire addio ai piaceri della tavola. Ad esempio, da questo congresso emerge (se ne parlerà domani, ndr) come il cioccolato abbia proprietà antinfiammatorie e antiossidanti che riducono la pressione arteriosa e il diabete. Non bisogna aspettare di ammalarsi, ma giocare d'anticipo". Per quanto riguarda invece la cardio-tossicità dello stress indotto dalla crisi economica dal congresso, 30 mila i medici convenuti da tutto il mondo, arrivano stime preoccupanti. Sulla base dei risultati di uno studio irlandese dello scorso anno che aveva registrato un aumento dei ricoveri nelle unità coronariche del 12%, si prevede che nel 2011 l'attuale crisi ormai estesa a vari Paesi europei porterà a un aumento almeno del 15% dei pazienti ricoverati nelle unità coronariche nel Vecchio continente. I soggetti più a rischio sono le persone fra i 40 i 60 anni, sia perché hanno un sistema cardiovascolare che potrebbe essere già minato da qualche deposito arteriosclerotico e sia perché più esposti alle conseguenze della crisi economica sotto forma di stress lavorativo, incertezza occupazionale e riduzione del livello economico. Lo stress causato dalla preoccupazione scatena una costante alterazione dell'equilibrio all'interno del sistema cardiovascolare: l'adrenalina prodotta su stimolo del cervello funziona come un vasocostrittore che alla lunga danneggia le arterie, soprattutto quelle che nutrono il cuore e il cervello.


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Axel, cane fedele fino alla fine.La padrona muore, lui non regge

Una donna di 74 anni trovata senza vita nel suo appartamento a Calderara, nel Bolognese. II suo bulldog richiama l'attenzione dei vicini abbaiando a oltranza, ma dopo poco l'arrivo dei soccorsi crolla esanime.

Non aveva altro modo per chiedere aiuto che abbaiare, attirando l'attenzione dei vicini. Abbaiare per comunicare che la sua padrona, una donna di 74 anni, era a terra, senza vita. I soccorsi sono arrivati, ma per la donna non c'era più nulla da fare. E a quel punto anche il suo bulldog si è arreso: si è accasciato a terra ed è morto sullo stesso pavimento, sotto quel tetto che aveva condiviso con l'anziana, a Calderara, alle porte di Bologna. Un legame, quello fra Axel - così si chiamava il cagnolino, di sette anni - e la sua padrona che in un certo senso non si è mai spezzato. Axel ha visto la donna cadere a terra: ha capito che non era affatto un gioco, e si è messo ad abbaiare nel cuore della notte. Latrati strazianti. I minuti passavano e il cane non smetteva: i vicini hanno allora deciso di chiamare i carabinieri. I militari hanno contattato un parente dell'anziana, che aveva le chiavi, e sono riusciti a entrare.
Nell'appartamento, a terra, c'era il corpo della donna. I soccorsi sono stati inutili: era già spirata. Accanto a lei Axel, che non l'ha lasciata un minuto. Le è stato accanto mentre il personale medico confermava la morte e ne cercava la causa, un arresto cardiocircolatorio: voleva forse proteggerla da quell'invasione di sconosciuti. E' stato solo quando quel turbinio di persone nel suo appartamento stava per cessare che anche il cuore dell'affezionato bulldog ha ceduto, proprio accanto al corpo della sua padrona.

font:http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/08/23/news/la_padrona_muore_lui_abbaia_a_oltranza_i_soccorsi_sono_inutili_e_il_cane_si_accascia-20769137/