FISICA"Neutrini più veloci della luce"
Messo in discussione Einstein.Clamorosi risultati di uno studio del Cern e dell'Infn guidato da un fisico italiano: particelle sparate da Ginevra al Gran Sasso hanno infranto il muro considerato invalicabile dalla fisica. Margherita Hack: "Sarebbe una rivoluzione"
ROMA - I risultati, se confermati, possono rimettere in discussione le regole della fisica cristallizzate dalle teorie di Albert Einstein, secondo le quali niente nell'universo può superare la velocità della luce. Un gruppo di ricercatori del Cern e dell'Infn guidato dall'italiano Antonio Ereditato ha registrato che i neutrini possono viaggiare oltre quel limite. Le particelle hanno coperto i 730 chilometri che separano i laboratori di Ginevra da quelli del Gran Sasso a una velocità più alta di quella della luce. Il muro è stato infranto di appena 60 nanosecondi. Eppure, il risultato è talmente destabilizzante che il team di ricerca ha atteso ben tre anni di misurazioni per sottoporlo all'attenzione della comunità scientifica. "Abbiamo passato sei mesi a rifare i calcoli", racconta Dario Autiero, responsabile dell'analisi delle misurazioni. Per giustificare la discrepanza sono stati presi in considerazione persino la deriva dei continenti e gli effetti del terremoto dell'Aquila del 2009. "Siamo abbastanza sicuri dei nostri risultati", spiega Ereditato, "ma vogliamo che altri colleghi possano verificarli e confermarli". E le prime reazioni non tardano ad arrivare: secondo il Centre national de la recherche scientifique francese, le fosse confermata la scoperta sarebbe "clamorosa" e "totalmente inattesa" e aprirebbe "prospettive teoriche completamente nuove". Anche per l'astrofisica Margherita Hack si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione perché, osserva, "finora tutte le previsioni della teoria della relatività sono state confermate". Secondo la teoria della relatività ristretta, elaborata da Einstein nel 1905, la velocità è una costante, tanto da essere parte della celeberrima equazione E=mc², dove E è l'energia, m la massa e c, appunto, la velocità della luce. La relatività, spiega ancora la Hack, "prevede che se un corpo viaggiasse ad una velocità superiore a quella della luce dovrebbe avere una massa infinitamente grande. Per questo la velocità della luce è stata finora considerata un punto di riferimento insuperabile".Tra l'altro, la teoria della relatività implica l'impossibilità fisica delle traversate interstellari e dei viaggi nel tempo, finora inesorabilmente relegati alla fantascienza e ritenuti irrealizzabili dalla scienza. Ora tutto ciò potrebbe cadere. "Ma io non voglio pensare alle implicazioni", si affretta a precisare Ereditato. "Siamo scienziati e siamo abituati a lavorare con ciò che conosciamo". La velocità delle particelle è stata misurata dal rivelatore Opera, dell'esperimento Cngs (Cern NeutrinoS to Gran Sasso), nel quale un fascio di neutrini viene lanciato dal Cern di Ginevra e raggiunge i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, dell'Istituto nazionale di Fisica Nucleare.
font:http://www.repubblica.it/scienze/2011/09/22/news/neutrini_pi_veloci_della_luce_studio_italiano_supera_einstein-22085384/
LA RICERCA Il racconto delle malattie un laboratorio in tempo reale
Nasce lo spazio aperto "Viverla Tutta": una iniziativa creata con la collaborazione degli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità, Istituto Mario Negri, Asl 10 di Firenze, European Society for Health and Medical Sociology. Il primo studio di Medicina Narrativa sul web
"Viverla Tutta" è uno spazio aperto all'interno di Repubblica.it, nato per raccogliere le testimonianze di persone che pur trovandosi a vivere una condizione di malattia, propria o della persona che assistono, cercano di non arrendersi agli eventi, ma, anzi, lottano con coraggio ogni giorno, senza cedere alla paura o abbandonarsi alla commiserazione.
COME PARTECIPARE ALLA INIZIATIVA
Lo scopo è cercare di raccontare cosa significa vivere la malattia oggi, in un'epoca in cui abbiamo a disposizione cure e trattamenti un tempo impensabili, ma in cui dobbiamo fare i conti con il fatto che molto spesso siamo noi, con la nostra volontà ed il nostro coraggio, i primi responsabili della lotta alla malattia. La società di oggi è, infatti, abituata a pensare la malattia soprattutto come insieme di sintomi, cause e rimedi: raramente è disposta ad ascoltare il racconto dell'esperienza della malattia da parte di chi ne è coinvolto direttamente. Un racconto, fatto di sensazioni, emozioni, dettagli, che, quando viene ascoltato, riserva grandi potenzialità e un incredibile guadagno: la possibilità di trasmettere qualcosa di utile e prezioso. Le storie di malattia contengono, infatti, una serie di elementi relativi alla percezione della malattia, alla sua interpretazione e al modo di affrontarla che, se correttamente raccolti, interpretati ed analizzati attraverso apposite tecniche e metodologie (quelle della Narrative Based Medicine, NBM, o Medicina Narrativa), possono contribuire a migliorare i percorsi di assistenza e cura, riconoscendo la centralità del paziente ed affermando l'importanza, per la medicina, di prendersi cura del malato e non solo della malattia.
LE STORIE
Giulia e Friedreich, come in un film
Scrivo il mio nome in quaranta secondi
Alzheimer, I miei piccoli consigli a familiari e assistenti
LE MALATTIE RARE
Oltre settemila patologie che aspettano una cura
Le corse interrotte già nell'infanzia
Quei bambini incapaci di sorridere
LA MEDICINA NARRATIVA
Quando la parola può essere la cura
CUORE
I centomila battiti del nostro cuore
La protagonista è quindi la personale esperienza della malattia, trasformata però da evento negativo, portatore unicamente di dolore e sofferenza, spesso anche di emarginazione e solitudine, in un vissuto costruttivo, fatto di saperi e di comportamenti fondati sull'esperienza diretta, utile per sé e comunicabile agli altri. "Viverla Tutta" ospita una griglia di domande online, costruita secondo la metodologia della Medicina Narrativa, che aiuta le persone a raccontare la propria storia. Le storie raccolte confluiranno in uno studio più ampio ed articolato, promosso dal Laboratorio Sperimentale di Medicina Narrativa, coordinato, per le malattie croniche, dalla Azienda Sanitaria Locale (ASL) 10 di Firenze e, per le malattie rare, dal Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) - Istituto Superiore di Sanità (ISS) (www.iss. it/cnmr), e dalla European Society for Health and Medical Sociology. Le storie raccolte tramite il web ed il Laboratorio Sperimentale, saranno successivamente analizzate da un comitato scientifico, composto da esperti italiani di Medicina Narrativa, con l'obiettivo finale di giungere all'individuazione ed elaborazione di raccomandazioni volte a promuovere l'integrazione tra la Narrative Based Medicine e l'Evidence Based Medicine, nell'ambito delle malattie rare e delle malattie croniche e diffondere l'impiego della narrazione e delle tecniche narrative in medicina ed in sanità nel nostro Paese. Raccontaci la tua storia di malattia, per aiutarci a costruire buone storie di assistenza e cura Lo studio fa riferimento al protocollo di ricerca "Laboratorio Sperimentale di Medicina Narrativa" messo a punto dal Comitato Tecnico Scientifico composto da:
- Domenica Taruscio, Direttore Centro Nazionale Malattie Rare - Istituto Superiore di Sanità, Roma
- Stefania Polvani, Direttore Educazione alla Salute, Azienda Sanitaria Locale 10, Firenze
- Alfredo Zuppiroli, Direttore Dipartimento Cardiologia, Azienda Sanitaria Locale 10, Firenze e Presidente Commissione di Bioetica, Regione Toscana
- Guido Giarelli, Past-President European Society for Health and Medical Sociology
- Gianni De Crescenzo, Medical Director Pfizer Italia, che partecipa all'iniziativa nell'ambito del Progetto "Viverla Tutta"
Alla discussione per la messa a punto del protocollo di ricerca del progetto ha contribuito il Laboratorio per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità, Istituto Mario Negri, Milano. Questa iniziativa è resa possibile grazie alla collaborazione di Pfizer nell'ambito della campagna d'impegno sociale "Viverla Tutta".
"Viverla Tutta" è uno spazio aperto all'interno di Repubblica.it, nato per raccogliere le testimonianze di persone che pur trovandosi a vivere una condizione di malattia, propria o della persona che assistono, cercano di non arrendersi agli eventi, ma, anzi, lottano con coraggio ogni giorno, senza cedere alla paura o abbandonarsi alla commiserazione.
COME PARTECIPARE ALLA INIZIATIVA
Lo scopo è cercare di raccontare cosa significa vivere la malattia oggi, in un'epoca in cui abbiamo a disposizione cure e trattamenti un tempo impensabili, ma in cui dobbiamo fare i conti con il fatto che molto spesso siamo noi, con la nostra volontà ed il nostro coraggio, i primi responsabili della lotta alla malattia. La società di oggi è, infatti, abituata a pensare la malattia soprattutto come insieme di sintomi, cause e rimedi: raramente è disposta ad ascoltare il racconto dell'esperienza della malattia da parte di chi ne è coinvolto direttamente. Un racconto, fatto di sensazioni, emozioni, dettagli, che, quando viene ascoltato, riserva grandi potenzialità e un incredibile guadagno: la possibilità di trasmettere qualcosa di utile e prezioso. Le storie di malattia contengono, infatti, una serie di elementi relativi alla percezione della malattia, alla sua interpretazione e al modo di affrontarla che, se correttamente raccolti, interpretati ed analizzati attraverso apposite tecniche e metodologie (quelle della Narrative Based Medicine, NBM, o Medicina Narrativa), possono contribuire a migliorare i percorsi di assistenza e cura, riconoscendo la centralità del paziente ed affermando l'importanza, per la medicina, di prendersi cura del malato e non solo della malattia.
LE STORIE
Giulia e Friedreich, come in un film
Scrivo il mio nome in quaranta secondi
Alzheimer, I miei piccoli consigli a familiari e assistenti
LE MALATTIE RARE
Oltre settemila patologie che aspettano una cura
Le corse interrotte già nell'infanzia
Quei bambini incapaci di sorridere
LA MEDICINA NARRATIVA
Quando la parola può essere la cura
CUORE
I centomila battiti del nostro cuore
La protagonista è quindi la personale esperienza della malattia, trasformata però da evento negativo, portatore unicamente di dolore e sofferenza, spesso anche di emarginazione e solitudine, in un vissuto costruttivo, fatto di saperi e di comportamenti fondati sull'esperienza diretta, utile per sé e comunicabile agli altri. "Viverla Tutta" ospita una griglia di domande online, costruita secondo la metodologia della Medicina Narrativa, che aiuta le persone a raccontare la propria storia. Le storie raccolte confluiranno in uno studio più ampio ed articolato, promosso dal Laboratorio Sperimentale di Medicina Narrativa, coordinato, per le malattie croniche, dalla Azienda Sanitaria Locale (ASL) 10 di Firenze e, per le malattie rare, dal Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) - Istituto Superiore di Sanità (ISS) (www.iss. it/cnmr), e dalla European Society for Health and Medical Sociology. Le storie raccolte tramite il web ed il Laboratorio Sperimentale, saranno successivamente analizzate da un comitato scientifico, composto da esperti italiani di Medicina Narrativa, con l'obiettivo finale di giungere all'individuazione ed elaborazione di raccomandazioni volte a promuovere l'integrazione tra la Narrative Based Medicine e l'Evidence Based Medicine, nell'ambito delle malattie rare e delle malattie croniche e diffondere l'impiego della narrazione e delle tecniche narrative in medicina ed in sanità nel nostro Paese. Raccontaci la tua storia di malattia, per aiutarci a costruire buone storie di assistenza e cura Lo studio fa riferimento al protocollo di ricerca "Laboratorio Sperimentale di Medicina Narrativa" messo a punto dal Comitato Tecnico Scientifico composto da:
- Domenica Taruscio, Direttore Centro Nazionale Malattie Rare - Istituto Superiore di Sanità, Roma
- Stefania Polvani, Direttore Educazione alla Salute, Azienda Sanitaria Locale 10, Firenze
- Alfredo Zuppiroli, Direttore Dipartimento Cardiologia, Azienda Sanitaria Locale 10, Firenze e Presidente Commissione di Bioetica, Regione Toscana
- Guido Giarelli, Past-President European Society for Health and Medical Sociology
- Gianni De Crescenzo, Medical Director Pfizer Italia, che partecipa all'iniziativa nell'ambito del Progetto "Viverla Tutta"
Alla discussione per la messa a punto del protocollo di ricerca del progetto ha contribuito il Laboratorio per il Coinvolgimento dei Cittadini in Sanità, Istituto Mario Negri, Milano. Questa iniziativa è resa possibile grazie alla collaborazione di Pfizer nell'ambito della campagna d'impegno sociale "Viverla Tutta".
font:http://www.repubblica.it/speciali/salute/viverla-tutta/edizione2011/2011/09/12/news/il_racconto_delle_malattie_un_laboratorio_in_tempo_reale-21550198/
LO STUDIO Confidarsi? Una perdita di tempo
Perché i maschi nascondono le emozioni Una ricerca dell'università del Missouri: la riluttanza degli uomini ad esprimere ansie e dispiaceri dipende unicamente da un fattore pratico: lo ritengono inutile. Mentre le donne si sentono meglio dopo uno sfogo. Ma c'è un modo per ridurre le distanze di IRMA D'ARIA
ROMA - "Confidarsi con qualcuno: questo sì che è da pazzi....", scriveva Luigi Pirandello. Il Nobel fotografava così un tipico pensiero degli uomini, valido allora come oggi, che spiega già da solo come mai le donne non sappiano tenere per sè problemi, ansie e dispiaceri, mentre gli uomini si tengono tutto dentro. Ad analizzare le differenze è stato uno studio condotto presso l'Università del Missouri su oltre 2mila bambini e adolescenti. Ne è emerso che la differenza nella capacità di confidarsi inizia sin da piccoli e non è legata affatto, come si potrebbe pensare, alla maggior riservatezza maschile nella condivisione dei propri sentimenti. La questione è molto più pratica: per gli uomini si tratta semplicemente di una perdita di tempo. "Lo studio" commenta Luigi Janiri, professore associato di psichiatria presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma "fotografa perfettamente la differenza di genere che esiste prima di tutto a livello genetico e biologico. Nella donna, infatti, prevale il cervello emotivo, ovvero l'emisfero destro e il lobo limbico e ciò determina una differenza precisa nell'elaborazione e anche nell'espressione delle emozioni". Perciò, mentre per le ragazze confidarsi con un'amica significa sfogarsi e sentirsi meglio, per i maschi non vi è alcuna ragione valida per dire a qualcun altro ciò che si prova. Ed ecco che crescendo si sviluppa la tipica riluttanza maschile ad esprimere i propri sentimenti persino alla partner. "Per anni la maggior parte degli psicologi ha insistito sulla necessità che i maschi imparassero ad esprimere sensazioni e stati d'animo, superando l'imbarazzo e il timore di apparire deboli", spiega la dottoressa Amanda Rose che ha svolto quattro studi sul tema. "Ma quando abbiamo chiesto ai ragazzi come si sentivano dopo aver parlato dei propri problemi, non hanno espresso più angoscia o disagio rispetto alle ragazze. Semplicemente i ragazzi hanno spiegato che non vedono alcuna utilità nel perdere del tempo a parlare dei propri sentimenti" conclude Rose. Conclusioni che sono state pubblicate su Child Development e che ci aiutano a spiegare meglio perché uomini e donne hanno un approccio diverso rispetto ai problemi di relazione. Quando c'è qualcosa che non va nella coppia, in genere è la donna a cercare il dialogo perché è convinta che così si riuscirà a comprendere la causa del problema e a risolverlo. Al contrario l'uomo sfugge perché secondo lui più si pensa e si parla del problema, più lo si ingigantisce. In un precedente studio della Rose, infatti, è emerso che il continuo rimuginare sui problemi aveva reso i ragazzi e non le ragazze più ansiosi e depressi. "La minor propensione dell'uomo a confidarsi e ad entrare in intimità - spiega Janiri - ha un impatto enorme sulla relazione di coppia specie al giorno d'oggi in cui la donna è più autonoma e ha fatto tante conquiste senza però perdere la sua capacità di introspezione". Dunque, si ribadisce il concetto del libro di Gray John secondo cui gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere e che a riguardo non c'è nulla che si possa fare? Secondo gli psicologi, qualcosa si può fare per accorciare le distanze. Per esempio, i genitori dovrebbero esortare i figli a condividere i propri stati d'animo e le preoccupazioni in modo da poterli seguire meglio e rassicurarli nei momenti di crisi. Al contrario, le ragazze dovrebbero imparare che per far fronte ai problemi non basta solo parlarne, ma conta di più guardarsi dentro e sapersela cavare anche da sole. "Solo agendo precocemente si può tentare di correggere l'atavica suddivisione dei ruoli maschili e femminili. Per esempio, a partire dai giochi. Dovremmo lasciare i bambini liberi di fare le loro scelte ed esplorazioni. Se un maschietto vuole giocare con le bambole o una femminuccia con la pistola, i genitori non devono intervenire per inculcare loro l'idea che questo non è un gioco adatto. È proprio così che si creano i presupposti per le differenze di genere"
ROMA - "Confidarsi con qualcuno: questo sì che è da pazzi....", scriveva Luigi Pirandello. Il Nobel fotografava così un tipico pensiero degli uomini, valido allora come oggi, che spiega già da solo come mai le donne non sappiano tenere per sè problemi, ansie e dispiaceri, mentre gli uomini si tengono tutto dentro. Ad analizzare le differenze è stato uno studio condotto presso l'Università del Missouri su oltre 2mila bambini e adolescenti. Ne è emerso che la differenza nella capacità di confidarsi inizia sin da piccoli e non è legata affatto, come si potrebbe pensare, alla maggior riservatezza maschile nella condivisione dei propri sentimenti. La questione è molto più pratica: per gli uomini si tratta semplicemente di una perdita di tempo. "Lo studio" commenta Luigi Janiri, professore associato di psichiatria presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma "fotografa perfettamente la differenza di genere che esiste prima di tutto a livello genetico e biologico. Nella donna, infatti, prevale il cervello emotivo, ovvero l'emisfero destro e il lobo limbico e ciò determina una differenza precisa nell'elaborazione e anche nell'espressione delle emozioni". Perciò, mentre per le ragazze confidarsi con un'amica significa sfogarsi e sentirsi meglio, per i maschi non vi è alcuna ragione valida per dire a qualcun altro ciò che si prova. Ed ecco che crescendo si sviluppa la tipica riluttanza maschile ad esprimere i propri sentimenti persino alla partner. "Per anni la maggior parte degli psicologi ha insistito sulla necessità che i maschi imparassero ad esprimere sensazioni e stati d'animo, superando l'imbarazzo e il timore di apparire deboli", spiega la dottoressa Amanda Rose che ha svolto quattro studi sul tema. "Ma quando abbiamo chiesto ai ragazzi come si sentivano dopo aver parlato dei propri problemi, non hanno espresso più angoscia o disagio rispetto alle ragazze. Semplicemente i ragazzi hanno spiegato che non vedono alcuna utilità nel perdere del tempo a parlare dei propri sentimenti" conclude Rose. Conclusioni che sono state pubblicate su Child Development e che ci aiutano a spiegare meglio perché uomini e donne hanno un approccio diverso rispetto ai problemi di relazione. Quando c'è qualcosa che non va nella coppia, in genere è la donna a cercare il dialogo perché è convinta che così si riuscirà a comprendere la causa del problema e a risolverlo. Al contrario l'uomo sfugge perché secondo lui più si pensa e si parla del problema, più lo si ingigantisce. In un precedente studio della Rose, infatti, è emerso che il continuo rimuginare sui problemi aveva reso i ragazzi e non le ragazze più ansiosi e depressi. "La minor propensione dell'uomo a confidarsi e ad entrare in intimità - spiega Janiri - ha un impatto enorme sulla relazione di coppia specie al giorno d'oggi in cui la donna è più autonoma e ha fatto tante conquiste senza però perdere la sua capacità di introspezione". Dunque, si ribadisce il concetto del libro di Gray John secondo cui gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere e che a riguardo non c'è nulla che si possa fare? Secondo gli psicologi, qualcosa si può fare per accorciare le distanze. Per esempio, i genitori dovrebbero esortare i figli a condividere i propri stati d'animo e le preoccupazioni in modo da poterli seguire meglio e rassicurarli nei momenti di crisi. Al contrario, le ragazze dovrebbero imparare che per far fronte ai problemi non basta solo parlarne, ma conta di più guardarsi dentro e sapersela cavare anche da sole. "Solo agendo precocemente si può tentare di correggere l'atavica suddivisione dei ruoli maschili e femminili. Per esempio, a partire dai giochi. Dovremmo lasciare i bambini liberi di fare le loro scelte ed esplorazioni. Se un maschietto vuole giocare con le bambole o una femminuccia con la pistola, i genitori non devono intervenire per inculcare loro l'idea che questo non è un gioco adatto. È proprio così che si creano i presupposti per le differenze di genere"
font:http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2011/09/05/news/le_differenze_tra_uomini_e_donne_nel_confidare_i_problemi-21142786/
STUDI Aroma di cioccolato, mix di 600 odori inclusi cavolo, cetrioli e sudore umano
Una ricerca presentata al congresso dell'American Chemical Society ha mappato la composizione dell'essenza delle fave del cacao, scoprendo che è generata da una miscela sorprendente di effluvi fra cui quello di patate fritte, di pesche, miele e terra
ROMA - Verrebbe da pensare che è un aroma primario, invece l'aroma del cioccolato - e delle fave di cacao che ne sono l'ingrediente chiave - è il risultato di un mix abbastanza sorprendente di odori, fra i quali quello delle patate fritte, della pesca e dei cetrioli. La tesi è il punto di arrivo di una ricerca tedesca che è stata presentata oggi a Denver, durante le sessioni del 242° congresso nazionale dell'American Chemical Society. Secondo lo studio, l'aroma finale del cioccolato è il frutto di un bouquet di sostanze che, prese singolarmente, hanno l'odore di patatine fritte, carne cotta, pesche, miele, ma anche di grasso di manzo, cavolo cotto, terra, cetrioli e perfino sudore umano. Secondo Peter H. Schieberle, ricercatore della Technical University di Monaco di Baviera, dalla ricerca potrebbe nascere un nuovo genere di "cioccolatini di design", dal sapore e dall'aroma mai provati prima. "Per sviluppare un cioccolato migliore - afferma Schieberle -, è necessario conoscere la chimica celata dietro l'aroma e le sostanze che compongono il gusto del cacao. Si deve dunque partire "dalle sostanze che compongono il sapore del cacao grezzo, estendendosi poi a tutte le fasi di lavorazione, fino a quando il consumatore mangia il cioccolato". E anche in questo caso, è importante non saltare i passaggi e non avere troppa fretta. Anche quando il 'cibo degli dei' arriva in bocca, infatti, provoca una reazione chimica: "Alcune persone semplicemente danno un morso e ingoiano il pezzetto di cioccolato. Ma in questo modo - dice il ricercatore - la reazione non si può verificare e si perde molto del sapore". Il sapore caratteristico del cioccolato si evolve nel corso di tutta la sua produzione. "Per un aroma di cacao molto buono, però, occorrono solo 25 dei quasi 600 composti volatili presenti nelle fave di cacao", assicura Schieberle. "Noi chiamiamo sensonomico questo tipo di studio su larga scala", aggiunge l'esperto. Poiché nella fase iniziale non è stata identificata una sostanza singola responsabile del tipico aroma del cacao, i ricercatori hanno dovuto mappare i diversi aromi e metterli di nuovo insieme per testare l'effetto dei vari mix finali, scoprendo appunto alcuni elementi olfattivi insospettabili - dalla terra al sudore umano - capaci di generare nel cervello la percezione complessiva del cioccolato. Non solo. Il team ha scoperto anche un modo per migliorare il gusto del prodotto finale. Il gruppo ha visto, infatti, che aggiungendo un po' di zucchero al cacao prima del processo di lavorazione più utilizzato (quello detto 'olandese'), il cioccolato diventa ancora più vellutato. Secondo i ricercatori, aldilà del rilievo scientifico, il loro lavoro potrà avere conseguenze sul piano industriale e commerciale, contribuendo a mettere a punto nuove e più allettanti varianti di cioccolatini e prodotti a base di cacao.
font:http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2011/08/29/news/i_composti_dell_aroma_del_cioccolato-21004231/?ref=HRLV-1
Lo scatto fortunato del dilettante: il fulmine colpisce la Torre Eiffel
Questa spettacolare immagine, scattata tre anni fa, sta facendo ora il giro della rete perché inserita all'interno di una esposizione fotografica intitolata "Lumieres celestes, lumieres des hommes", in Francia. Uno scatto decisamente fortunato, di Bertrand Kulik, un fotoamatore dilettante, che catturato l'istante esatto in cui un fulmine colpisce la torre Eiffel, durante una temporale su Parigi (a cura di Matteo Marini)
font:http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/09/01/foto/lo_scatto_fortunato_del_dilettante_il_fulmine_colpisce_la_torre_eiffel-21126596/1/?ref=HRESS-4
Una tuta del sonno per dormire dovunque
La formula perfetta del sonno imporrebbe quattro riposini da 30 minuti nell'arco delle 24 ore e ad aiutare chi sogna di metterla in pratica senza dover rinunciare a una vita professionale e privata attiva ci pensa il designer americano Forrest Jessee. E' sua la Spleep Suit: la tuta del sonno consiste in un involucro da indossare, che grazie alla sua struttura morbida ma resistente permette di dormire comodi in qualsiasi luogo
font:http://www.repubblica.it/tecnologia/2011/08/21/foto/involucro-20694482/1/
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