Viaggio negli oltre mille villaggi abbandonati perché la popolazione li crede infestati da spettri. Un inventario raccolto in un documentario presentato alla Biennale del paesaggio di PAOLO RUMIZ
Il vecchio Tonino Guerra sapeva che vicino a casa sua, a Marecchia in Romagna, c'era un casolare dove sessant'anni prima era passato Ezra Pound. Lo scrittore ci andò, la trovò in rovina, ma provò a entrare lo stesso. L'idea di gettare la propria ombra su quei muri per farli rivivere lo attirava irresistibilmente. Il pavimento della prima stanza era sfondato, riuscì a passare rasente ai muri. La porta della seconda era aperta e dentro si vedeva chiaramente una sedia. Ebbene, su quella sedia, racconta Guerra, c'era un'ombra. Il vecchio Pound, il poeta, seduto di spalle. Inconfondibilmente lui. Le case abbandonate hanno spesso uno spettro che le abita. E poiché l'Italia ha più case abbandonate di qualsiasi altro paese del Mediterraneo - un migliaio di villaggi, più case sparse, che potrebbero contenere la popolazione di Roma e Milano insieme - è probabile che qui si registri anche la massima densità di spettri d'Europa. Bambini che gridano in fondo ai pozzi, ombre di donne abbandonate nel solaio, partigiani torturati, vittime di fatti di sangue. Storie vere, ma più spesso inventate, o trasfigurate, per motivare un abbandono recente, altrimenti inspiegabile.
Che pensare se non storie lugubri davanti a una villa piena di ragnatele che contiene ancora armadi, posaterie, quadri, bicchieri, lettere d'amore? Che dire di un paese abitato da cani e pipistrelli dove la vita sembra essersi interrotta per un maleficio, in assenza di catastrofi come guerre, incendi o terremoti? Parla di questo il documentario "Case abbandonate" di Alessandro Scillitani, che stasera sarà proiettato in anteprima al cinema "Al Corso" di Reggio Emilia, nell'ambito della Biennale del paesaggio. Non un semplice inventario di rovine, ma una galleria di leggende, racconti noir e apparizioni spesso sinistre che abitano il paesaggio dell'italica incuria.
A Paralup in Valle Stura, Piemonte, frazione che si tenta di far rivivere come luogo della memoria partigiana, non c'è solo l'ombra del comandante Duccio Galimberti, ma anche - racconta Antonella Tarpino - la voce di un cantore cieco come Omero che saliva lassù fino agli anni Sessanta, quelli della grande fuga in fabbrica. Esplorando poi la storia di Villa Destefanis nel Vercellese lo scrittore Danilo Arona ha trovato storie da "Poltergeist" (un cimitero di soldati austriaci massacrati dai contadini nelle fondamenta) narrate per motivare eventi terribili registrati dalle cronache, il custode della casa che stermina la propria famiglia e un suicidio dal balcone.
A Casacca nel Parmigiano, territorio di messe nere e riti occulti, si parla di bare scoperchiate nel cimitero, e anche lì l'abbandono è messo in relazione a una tragedia, l'amore proibito di un prete e una suora dal quale sarebbe nato un bambino poi nascosto, sepolto o murato vivo. C'è anche un pozzo, in paese, dove affermano si possa sentire il canto di una bambina caduta lì dentro. Storie probabilmente false, ma utili a razionalizzare l'inspiegabile e talvolta l'indicibile: la fuga in massa delle persone, e poi la spoliazione delle cose per mano di vandali e antiquari.
A Reneuzzi, paese fantasma da Dario Argento (vedi la "villa del bambino urlante" a Torino) sugli impervi monti liguri, l'abbandono è legato a un fatto reale: la storia di Davide che vede partire Mariuccia per la pianura, capisce di perderla per sempre e la uccide, poi si dà alla latitanza. L'ombra dell'omicida terrorizza i pochi rimasti, che fuggono a valle lasciando il villaggio deserto, e non importa se qualche settimana dopo il corpo di Davide suicida sarà trovato decomposto nel bosco. Di Villa Clara a Bologna si dice che la figliastra del padrone - nobile famiglia Alessandri - sarebbe stata murata dopo una tresca proibita con un sottoposto, mentre a Villa Pastore nell'Alessandrino un fantasma di donna suona il piano tutte le notti.
In Romagna l'addensamento di visioni è impressionante, anche perché si tratta spesso di abbandoni di pianura, i più spettrali. Come villa Boccaccini dalle parti di Comacchio, dove Pupi Avati - in quella che definisce una "campagna malata, nebbiosa, inquietante" - ha girato "La casa delle finestre che ridono", la storia di un pittore maledetto, specializzato nel ritrarre agonie. Anche lì segnali del terzo tipo, una lampada che si accende a una finestra, la testa di un diavolo affrescata sotto l'immagine di un santo, e ovunque l'impressione di entrare in uno spazio a-temporale, quasi subacqueo, come se l'abbandono risalisse a mille anni fa, non quaranta.
E poi l'Abruzzo, con gli spettri di Sperone e Frattura, dove senti ancora la voce di bambini estinti. "Luoghi dove - racconta Romano Camassi dell'Istituto geofisico di Bologna - il terremoto non è mai l'unica causa dell'abbandono". E la Calabria, con l'enigma dei "paesi doppi", come li chiama l'antropologo Vito Teti, quelli che si duplicano sulla costa dopo secoli di resistenza sui monti. Storie dove miseria, 'ndrangheta, emigrazione, frane, brigantaggio e latitanza di criminali si intrecciano a costruire storie poco tranquillizzanti. Come Roghudi, protetta da inestricabile boscaglia, dove tutti ti dicono che è meglio non andare. E dove la sera qualche luce fantasma si accende.
Che pensare se non storie lugubri davanti a una villa piena di ragnatele che contiene ancora armadi, posaterie, quadri, bicchieri, lettere d'amore? Che dire di un paese abitato da cani e pipistrelli dove la vita sembra essersi interrotta per un maleficio, in assenza di catastrofi come guerre, incendi o terremoti? Parla di questo il documentario "Case abbandonate" di Alessandro Scillitani, che stasera sarà proiettato in anteprima al cinema "Al Corso" di Reggio Emilia, nell'ambito della Biennale del paesaggio. Non un semplice inventario di rovine, ma una galleria di leggende, racconti noir e apparizioni spesso sinistre che abitano il paesaggio dell'italica incuria.
A Paralup in Valle Stura, Piemonte, frazione che si tenta di far rivivere come luogo della memoria partigiana, non c'è solo l'ombra del comandante Duccio Galimberti, ma anche - racconta Antonella Tarpino - la voce di un cantore cieco come Omero che saliva lassù fino agli anni Sessanta, quelli della grande fuga in fabbrica. Esplorando poi la storia di Villa Destefanis nel Vercellese lo scrittore Danilo Arona ha trovato storie da "Poltergeist" (un cimitero di soldati austriaci massacrati dai contadini nelle fondamenta) narrate per motivare eventi terribili registrati dalle cronache, il custode della casa che stermina la propria famiglia e un suicidio dal balcone.
A Casacca nel Parmigiano, territorio di messe nere e riti occulti, si parla di bare scoperchiate nel cimitero, e anche lì l'abbandono è messo in relazione a una tragedia, l'amore proibito di un prete e una suora dal quale sarebbe nato un bambino poi nascosto, sepolto o murato vivo. C'è anche un pozzo, in paese, dove affermano si possa sentire il canto di una bambina caduta lì dentro. Storie probabilmente false, ma utili a razionalizzare l'inspiegabile e talvolta l'indicibile: la fuga in massa delle persone, e poi la spoliazione delle cose per mano di vandali e antiquari.
A Reneuzzi, paese fantasma da Dario Argento (vedi la "villa del bambino urlante" a Torino) sugli impervi monti liguri, l'abbandono è legato a un fatto reale: la storia di Davide che vede partire Mariuccia per la pianura, capisce di perderla per sempre e la uccide, poi si dà alla latitanza. L'ombra dell'omicida terrorizza i pochi rimasti, che fuggono a valle lasciando il villaggio deserto, e non importa se qualche settimana dopo il corpo di Davide suicida sarà trovato decomposto nel bosco. Di Villa Clara a Bologna si dice che la figliastra del padrone - nobile famiglia Alessandri - sarebbe stata murata dopo una tresca proibita con un sottoposto, mentre a Villa Pastore nell'Alessandrino un fantasma di donna suona il piano tutte le notti.
In Romagna l'addensamento di visioni è impressionante, anche perché si tratta spesso di abbandoni di pianura, i più spettrali. Come villa Boccaccini dalle parti di Comacchio, dove Pupi Avati - in quella che definisce una "campagna malata, nebbiosa, inquietante" - ha girato "La casa delle finestre che ridono", la storia di un pittore maledetto, specializzato nel ritrarre agonie. Anche lì segnali del terzo tipo, una lampada che si accende a una finestra, la testa di un diavolo affrescata sotto l'immagine di un santo, e ovunque l'impressione di entrare in uno spazio a-temporale, quasi subacqueo, come se l'abbandono risalisse a mille anni fa, non quaranta.
E poi l'Abruzzo, con gli spettri di Sperone e Frattura, dove senti ancora la voce di bambini estinti. "Luoghi dove - racconta Romano Camassi dell'Istituto geofisico di Bologna - il terremoto non è mai l'unica causa dell'abbandono". E la Calabria, con l'enigma dei "paesi doppi", come li chiama l'antropologo Vito Teti, quelli che si duplicano sulla costa dopo secoli di resistenza sui monti. Storie dove miseria, 'ndrangheta, emigrazione, frane, brigantaggio e latitanza di criminali si intrecciano a costruire storie poco tranquillizzanti. Come Roghudi, protetta da inestricabile boscaglia, dove tutti ti dicono che è meglio non andare. E dove la sera qualche luce fantasma si accende.
font: http://www.repubblica.it/cronaca/2010/12/02/news/case_fantasmi-9746775/
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