RICERCA Un cervello per amare neuroscienze, è sfida

Presentato al Brain Forum lo studio di Mobley sull'attivazione delle emozioni fra neuroni. Secondo lo scienziato dell'University of California, entro una ventina d'anni sarà possibile intervenire sulle emozioni passando dalla corteccia cerebrale. E intanto l'Italia lavora per creare, entro il 2020, il primo modello di cervello artificiale di SARA FICOCELLI

Un cervello per amare neuroscienze, è sfida Secondo i ricercatori, presto sarà possibile intervenire sui neuroni per "pilotare" le emozioni DI che colore è il pensiero? La scienza ancora non ha una risposta ma tutti percepiamo - come ha scritto il presidente di Brain Circle Italia Viviana Kasam - che "il pensiero è pittore... dipinge le nostre emozioni, la speranza, l'invidia, l'estasi, il lutto, la passione". E l'amore. Del "Brain built for love", il cervello fatto per amare, si è parlato alla seconda edizione del Brain Forum di Milano, appuntamento che il 4 e 5 aprile ha raccolto al Piccolo Teatro il fior fiore dei neuroscienziati di tutto il mondo.
Il dottor William C. Mobley, direttore del Center for Down Syndrome Research and Treatment all'Università di Stanford e dal 2009 titolare della cattedra di Neuroscience all'University of California, San Diego, ha spiegato come la nostra mente sia programmata per ricevere, elaborare e inviare informazioni e come questa continua sinergia tra neuroni sia alla base dell'amore romantico, di quello amicale e di quello materno. Tre emozioni diverse, basate sui medesimi processi comunicativi perché l'amore, di qualunque natura esso sia, attiva sempre le stesse aree del cervello. Mobley ha studiato a lungo gli scambi di informazioni tra circuiti neuronali, "all'inizio usando strumenti grezzi, primitivi - ha spiegato al forum - e poi decifrando i dati in maniera sempre più approfondita. La mia idea è che esista la possibilità, per lo scienziato, di intervenire sulla chimica neuronale e in particolare sulla capacità del cervello di provare empatia e compassione, due emozioni fondamentali, alla base del sentimento amoroso". Empatia e compassione, dunque. La prima sottintende una volontà di comprendere l'altro, la seconda un senso di partecipazione rispetto a una situazione. Entrambe si sviluppano nella corteccia cerebrale anteriore, adibita ai sentimenti soggettivi, che crea quella "consapevolezza di sé" che ci rende unici. Secondo Mobley, il processo che porta la mente a focalizzarsi su un oggetto e a intergrare questa percezione con sentimenti soggettivi è alla base dell'amore. E la cosa straordinaria è che monitorare e rimodulare questo meccanismo è possibile, utilizzando strumenti di ultima generazione in grado di studiare l'anatomia del cervello. "Il dolore, ad esempio - spiega lo scienziato - nasce nell'insula cerebrale anteriore, nella corteccia del cingolo, che riceve informazioni simpatico-sensoriali e permette la comunicazione fra area destra e sinistra, tra zona limbica sensoriale e corteccia del cingolo. Intervenire sui meccanismi di comunicazione tra A e B permetterebbe di calibrare la sensibilità del cervello alla sofferenza e di capire, tra le altre cose, perché è così difficile amare". A detta dello scienziato, questi studi permetteranno, entro i prossimi 20 anni, non solo di migliorare la situazione di persone affette da disturbi affettivi (una per tutte, l'incapacità di provare empatia, determinata da squilibri nella zona frontotemporale) ma anche di approfondire gli aspetti più specifici dei rapporti umani, permettendo a tutti, come ha ricordato lo stesso Mobley, di "amare di più per vivere più a lungo e meglio". "Quando si dice che l'amore è cieco - ha concluso - si fa riferimento a una verità scientifica, perché è proprio la deattivazione di alcune zone corticali la base dell'amore materno, eterno per definizione". Che la neuroscienza stia facendo passi da gigante nella scoperta dei misteri della mente lo conferma un altro progetto presentato al Brain Forum, "Human Brain", di durata decennale, finalizzato a ricreare, entro il 2020, il primo modello completo di cervello artificiale. Il progetto è candidato al Premio Flagship, sponsorizzato dalla Commissione europea, che premierà le due iniziative scientifiche più meritevoli con cospicui finanziamenti e si avvale della partecipazione di neuroscienziati come Henry Markram del Brain Mind Institute di Losanna, Idan Segev della Hebrew University di Gerusalemme e di circa un centinaio di laboratori in Europa. I quattro gruppi fondatori italiani sono l'Università di Pavia, il Politecnico di Torino, l'università di Firenze e il CNR e il tutto si inserisce nell'ambito del "Blue Brain Project" 1, progetto avviato nel maggio 2005 da IBM in collaborazione con Henry Markram e con l'École Polytechnique di Losanna in Svizzera. Ma questo supercervello artificiale sarà mai capace di amare?

font:http://www.repubblica.it/scienze/2011/04/11/news/cervello-14678849/

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