L'onda e la furia dello tsunami: nuovo video

Ancora una volta le immagini amatoriali dello tsunami che ha colpito il Giappone mostrano come pochi metri abbiano segnato la differenza tra la vita e la morte per molte persone. In questo caso decine di individui hanno trovato rifugio in edifici adibiti a parcheggio. Tutto intorno l'inferno: l'acqua trascina via ogni cosa e si alza sempre più di livello, risparmiando miracolosamente i piani alti dei palazzi



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IL CASO Scherzano e fumano in rianimazione sospesi medici e infermieri a Grosseto

Le foto dei sanitari che scherzano in terapia intensiva all'ospedale della Misericordia erano state pubblicate sul profilo Facebook di uno del gruppo. La Asl li ha sospesi. Il sindaco: "Vicenda vergognosa" di MARIO NERI

Tutti sospesi per quelle foto pubblicate su Facebook. C'è chi ride, chi scherza, addirittura chi si fuma sigarette mentre nella stanza accanto ci sono persone in coma. Succede all'ospedale della Misericordia di Grosseto, dove quattro sanitari, fra medici e infermieri, stamani sono stati sospesi dal servizio dall'Asl locale per aver commesso "fatti che rivestono caratteristiche di gravità inaudita", precisa l'azienda sanitaria. L'episodio risale a un anno e mezzo fa, ma le immagini sono state pubblicate stamani dal Corriere di Maremma su segnalazione di una cittadina indignata. Aveva visto gli scatti sul profilo Facebook di uno dei dipendenti dell'ospedale. Le foto ritraggono il personale mentre fuma nel reparto e gioca fasciandosi con garze, bende, cerotti.
"Sono indignata - scrive la lettrice che ha segnalato la vicenda al giornale - per il solo fatto che malati inconsapevoli possano esser stati scherniti con così tanta scioltezza. Per il senso civico ritengo opportuno rendere noto questo fatto tanto increscioso affinchè non accada mai più". La donna evidenzia anche la mancanza di "rispetto per la sofferenza altrui". "E' stata calpestata la privacy - aggiunge la lettrice - E' stato scambiato l'ospedale per una sala da biliardo con tanto di sigarette accese e il reparto di rianimazione, coi pazienti in coma, per un ridicolo carnevale".I sanitari sospesi sono quattro, un medico e tre infermieri. Dai primi accertamenti svolti - riferisce ancora la Asl maremmana che ha avviato un'indagine interna -, l'episodio è riconducibile a circa un anno e mezzo fa e sono da escludere coinvolgimenti diretti dei pazienti ricoverati anche se i fatti rappresentati rivestono comunque caratteristiche di gravità inaudita". Ma l'azienda esprime comunque "stupore e indignazione per quanto appare dalle immagini pubblicate oggi sul Corriere di Maremma. Il fatto è giudicato gravissimo e offensivo per i pazienti e per l'impegno che, in maniera professionale, il complesso degli operatori della rianimazione e, in senso ancora più ampio, dell'intero ospedale, presta quotidianamente ai ricoverati e ai cittadini". Durissimo il commento del sindaco di Grosseto Emilio Bonifazi: "Quanto accaduto è vergognoso. E la sospensione immediata è una scelta doverosa nei confronti dei pazienti e di tutti gli altri operatori del Misericordia. Sono convinto della necessità di seri provvedimenti disciplinari per individui che hanno dimostrato di non avere rispetto di niente, né della dignità né della sofferenza delle persone che si rivolgono con fiducia all'assistenza di un ospedale pubblico". Anche l'assessore regionale alla sanità, Daniele Scaramuccia, si dice "sbigottita", esprime "sgomento e incredulità" e ringrazia l'Asl grossetana per la tempestività con cui ha preso provvedimenti.

font:http://firenze.repubblica.it/cronaca/2011/03/30/news/scherzano_e_fumano_in_rianimazione_sospesi_medici_e_infermieri_a_grosseto-14275138/

Tornano i tre moschettieri, questa volta in 3D

Lo spettacolo è assicurato già dal trailer dei Tre moschettieri, nuova versione in 3D del romanzo d'appendice di Alexandre Dumas e firmata da Paul W.S. Anderson. Le prime immagini, in questi giorni online, annunciano azione e divertimento in un tripudio di effetti speciali in attesa del film che negli Usa uscirà il 14 ottobre. Tra i protagonisti Logan Lerman, Matthew Macfadyen, Ray Stevenson e Luke Evans, Orlando Bloom, Christoph Waltz, Mads Mikkelsen, Juno Temple e, soprattutto, Milla Jovovich (moglie del regista) nei panni di Milady



Pubblicato da RepubblicaRadioTv

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Corrida:batterista fai da te

Jan Twardowski, Il mondo




Dio si e' nascosto perche' il mondo si vedesse
se si mostrasse ci sarebbe solo lui
in sua presenza chi oserebbe mai notare la formica
la bella irascibile vespa affaccendata torno torno
il germano verde con le zampe gialle
la pavoncella che depone quattro uova in croce
gli occhi globosi della libellula e i fagioli nei baccelli

nostra madre a tavola che ancora ieri
teneva la tazza per il buffo manico a orecchio
l'abete che non perde le pigne ma le squame
la sofferenza e il piacere ambedue fonti di sapere
i misteri non piu' piccoli ma sempre diversi
le pietre che ai viandanti mostrano la direzione

L'amore invisibile
non fa schermo di se'




L'AMICIZIA E' UN ANIMA SOLA CHE VIVE IN DUE CORPI...

L'amicizia è un sentimento unico che rende la vita degna di essere vissuta; l'amicizia insegna a vivere la vita con serenità e gioia;l'amicizia aiuta a scalare la montagna della paura, della tristezza, delle difficoltà, della solitudine... senza l'amicizia una persona si perde nei meandri della vita. Crescere insieme senza perdere la propria identità, donarsi per possedere in forma allargata, fondersi in un tutto unico e tuttavia continuare ad esistere ciascuno per proprio conto: questo è il segreto del vincolo dell'amicizia. L'amicizia è un'anima sola che vive in due corpi.KISS ALYY

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Sicurezza Allarme colpo di sonno "pericoloso come l'alcol"

Secondo una stima dell'Ufficio Prevenzione Infortuni svizzero circa il 10-20% degli incidenti stradali sono dovuti a sonnolenza improvvisa. Al via una campagna di sensibilizzazione triennale e delle buone regole da seguiredi MAURILIO RIGO

L'Ufficio Prevenzione Infortuni svizzero lancia l'allarme per il "colpo di sonno" alla guida. Secondo una stima dell'Upi infatti, circa il 10-20% degli incidenti stradali sono dovuti a sonnolenza improvvisa che può mettere a rischio la propria ed altrui sicurezza.
Un problema ricorrente imputabile a diverse cause che gli esperti hanno analizzato e cercano di contrastare con ogni mezzo. E proprio in tal senso l'Upi in collaborazione con il TCS, il Consiglio della sicurezza stradale e il Fondo di sicurezza stradale, è in procinto di avviare una grande campagna di sensibilizzazione, della durata di tre anni contro la sonnolenza alla guida che partirà il prossimo 14 marzo con la "giornata nazionale della turbosiesta". Insomma il colpo di sonno mentre si guida è un nemico silenzioso e subdolo, sempre in agguato, che può colpire tutti e, secondo lo studio, sotto accusa è anche la stanchezza capace di influenzare, in negativo, le capacità di guida. Un killer paragonabile all'alcool, come sottolineano all'Upi: "Se si guida stanchi non si è in grado di valutare correttamente la velocità, non si è concentrati e i riflessi sono rallentati come quando si è sotto l'effetto dell'alcol. La stanchezza al volante ha varie cause, tra cui la carenza di sonno, la guida a orari in cui normalmente si dorme, i periodi di veglia prolungati, l'alterazione del ritmo sonno-veglia, ma anche malattie o disturbi del sonno come l'apnea da sonno o la depressione. Nel caso estremo il conducente si addormenta, con conseguenze spesso fatali. Quando sono causati da conducenti fino a 40 anni, gli incidenti da sonnolenza si verificano soprattutto di notte e durante il fine settimana. Quando invece coinvolgono persone con più di 40 anni accadono piuttosto nel pomeriggio".
Cosa si può fare allora per contrastare efficacemente questo fenomeno prima che si inneschino i meccanismi che portano a conseguenze spesso drammatiche? "Il colpo di sonno è un fenomeno imprevedibile - chiariscono all'Upi - Vi sono però segni premonitori che consentono di prendere per tempo le necessarie misure. Gli indizi possono essere bruciore agli occhi, palpebre pesanti, sbadigli frequenti, vista offuscata, sussulti o una sensazione di freddo. L'unico rimedio davvero efficace contro la stanchezza è dormire a sufficienza. Se si prevede di dover guidare in condizioni di sovraffaticamento è meglio rinunciare all'auto. Quando invece si è al volante, ai primi segni di stanchezza o di sonnolenza occorre fermarsi il più rapidamente possibile e fare un sonnellino di almeno 15 minuti per recuperare le forze - in altre parole fare una 'turbosiesta'. Bere una bibita contenente caffeina prima della turbosiesta può aumentarne l'efficacia. Invece trucchetti come abbassare il finestrino, alzare il volume dell'autoradio o cantare a squarciagola non aiutano a combattere la sonnolenza".
Consigli preziosissimi quindi da tenere bene a mente e mettere in pratica non appena si avvertono i primi sintomi del fenomeno e seppure l'iniziativa è appannaggio della vicina Svizzera, l'Upi rende disponibile del materiale che può essere liberamente consultato da tutti gli automobilisti italiani al fine di garantire una maggiore sicurezza stradale in tutti i Paesi. I benefici della "turbo siesta" sono visibili sul sito web www. turbosiesta. ch/it/homepage/benvenuti mentre l'opuscolo con i consigli per contrastare la stanchezza al volante può essere scaricato (pdf) dal sito www.upi.ch/Italian/shop/Pagine/default.aspx?kind=&topic=<=1&query=3.013. Tutto il materiale è in lingua italiana è può essere utilizzato liberamente. Ma il problema è molto conosciuto e temuto anche al di fuori dai confini svizzeri tant'è che al recente "Mobile World Congress" di Barcellona è stato presentato l'"Anti Sleep Pilot" un piccolo dispositivo portatile dal peso di 56 grammi, sviluppato in Danimarca, da applicare in auto quando si guida e che aiuta a prevenire il colpo di sonno. Il dispositivo, che si basa sulla valutazione di 26 fattori, ha un costo di circa 200 euro e a breve sarà disponibile sul nostro mercato. Nel frattempo i possessori di iPad con connessione 3G e di iPhone possono scaricare dall'App Store la relativa applicazione al costo di 15,99 euro. Entro breve tempo l'applicazione sarà sviluppata anche per altri smartphone inclusi Blackberry e terminali basati sul sistema operativo Android.

font:http://www.repubblica.it/motori/sicurezza/2011/03/13/news/motori_colpo_di_sonno-13477331/

Lo tsunami travolge l'auto: la ripresa dall'interno

Sono immagini terrificanti quelle registrate da una telecamera posizionata nell'abitacolo di una macchina investita dallo tsunami. La vettura sfreccia su una strada della prefettura di Chiba proprio mentre l'onda anomala si abbatte sulla costa. Mai come in questo caso le immagini testimoniano la sua velocità e la sua potenza ed è spaventoso assistere all'acqua che prima ricopre il parabrezza e poi solleva l'auto, trascinandola via come tutte quelle viste finora nei filmati amatoriali o nei servizi dei network televisivi. La logica vuole che il conducente sia sopravvissuto: in caso contrario questo video non avrebbe più visto la luce



font: http://tv.repubblica.it/dossier/giappone-terremoto-tsunami/lo-tsunami-travolge-l-auto-la-ripresa-dall-interno/64360?video=&pagefrom=1

Forza neonati: gli scatti di Martyna Ball

I soggetti sono strepitosi e in qualche caso non facilmente gestibili. Stare in posa, per loro, è un problema. Ci vuole amore e pazienza per fare questo lavoro. Tanta quanta ne ha Martyna Ball, fotografa che vive a Roma. Come l'americana Stephanie Robin, antesignana di questa tecnica, è una delle artiste che ha fatto della ritrattistica infantile uno dei pilastri della sua produzione. Con grazia maneggia soggetti inconsueti ma la leggerezza dei suoi scatti la colloca tra le migliori fotografe italiane del genere


font: http://www.repubblica.it/persone/2011/03/14/foto/martyna_ball-13587790/1/

Testimone di Geova rifiuta le cure La figlia la denuncia: "Guaritela"

Ricoverata in ospedale a Bordighera, una donna di 68 anni rifiuta le trasfusioni indispensabili per salvarsi. La figlia si è rivolta all'avvocato per presentare un esposto in procura e chiedere l'intervento immediato della magistratura. "Ognuno è libero di credere in quello che vuole, ma qui è come se tutti assistessero a un omicidio senza fermarlo" di WANDA VALLI

E' una lotta tra madre e figlia, una lotta per la vita. Perchè la madre, Annunziata Iannicelli, 68 anni, sta male ma rifuta le trasfusioni di sangue, in nome del credo di Geova e la figlia, Maria Tronti, sta tentando il tutto per tutto, compresa una possibile denuncia all'autorità giudiziaria, pur di costringerla a curarsi. Ma Annunziata ha deciso che, pur di rispettare la sua scelta di essere testimone di Geova, correrà ogni rischio, consapevole che potrebbe costarle la vita. Intanto Maria Tronti, sua figlia, sta tentando ogni cosa pur di riuscire a salvarla, a imporre cure coatte. Tutto, compresa una denuncia in Procura contro l'ospedale Saint Charles di Bordighera, e una richiesta al giudice tutelare perché le affidi le sorti della madre. Annunziata, a sua volta, con le poche forze che le rimangono, si affida al nipote, il figlio di Maria che la pensa come lei, e ha firmato un documento per nominare un tutore e togliere alla figlia qualsiasi possibilità di intervenire. Maria Tronti, dice di non avere nulla contro Geova e i suoi accoliti: "Ognuno è libero, anzi liberissimo, di credere in quello che vuole, ma qui c'è di mezzo una vita umana, è come se tutti assistessero a un omicidio senza fermarlo". Il dramma di queste due donne, madre e figlia, incomincia il 24 febbraio quando Annunziata viene ricoverata all'ospedale. Malata da tempo, con importanti problemi al cuore, tanto da aver ottenuto l'invalidità civile, è anche seguita dal centro di salute mentale di Ventimiglia. Quel giorno accusa forti dolori allo stomaco, come spesso le accade dopo l'infarto che ha segnato per sempre il suo cuore quando Annunziata aveva 58 anni. Il 4 marzo avrebbe dovuto essere dimessa, ma una forte crisi respiratoria fa precipitare la situazione. La donna viene trasferita d'urgenza in rianimazione a Sanremo, poi la riportano a Bordighera, le emorragie aumentano, lei continua a rifiutare le trasfusioni. Il credo in Geova lo vieta, lei lo rispetta. Non solo, cerca di bloccare qualsiasi tentativo della figlia, mentre i medici dell'ospedale la giudicano prefettamente in grado di capire quello che sta facendo e non possono intervenire e curarla contro la sua volontà. Maria Tronti non si arrende, parla con i carabinieri e con il suo avvocato, vuole presentare un esposto in procura per chiedere l'intervento immediato della magistratura. Anche se, ora dopo ora, le speranze di vita di Annunziata Iannicelli si assottigliano. Ha bisogno di quel sangue che rifiuta in nome del suo credo.

font:http://genova.repubblica.it/cronaca/2011/03/10/news/geova-13425760/

A.S.D P.G.S "Stelle Azzurre" dal 1983: Le pagelle di Calogero Pici

A.S.D P.G.S "Stelle Azzurre" dal 1983: Le pagelle di Calogero Pici: "Castagnola voto 7, grande partita nel primo tempo, poi pero si mette tipo Abbiati in Juve-Milan e si mette a contare i tifosi. Tirri voto 7..."

"Prima" e "dopo" l'uso di stupefacenti Le foto che hanno choccato l'America

Ventuno immagini segnaletiche di detenuti arrestati per droga. Persone immortalate "prima" e "dopo" l'uso di eroina, hashish, cocaina. Uomini e donne di ogni età, accomunati dal destino di vedere il loro corpo subire una vera e propria metamorfosi in pochi mesi. E' la campagna più scioccante e controversa mai ideata per dichiarare guerra alle droghe. Diffusa nelle scuole medie e superiori. E' polemica negli Stati Uniti.

LE FOTO - L’aspetto della campagna che ha suscitato maggior dibattito tra i banchi di scuola è la decisione di allegare al documentario un cd con le foto segnaletiche di 21 detenuti finiti dentro per droga e immortalati "prima" e "dopo". Si tratta di uomini e donne di ogni età e di ogni razza, accomunati dal destino di vedere il loro corpo subire una vera e irreversibile metamorfosi nel giro di pochi anni, talvolta anche di mesi. Visi che soltanto sei mesi prima apparivano normali, in alcuni casi anche attraenti, sono adesso irriconoscibili, deturpati da macchie e segni indelebili, con lo sguardo spento e assente, e un’aria di chi ormai ha perso ogni speranza.

font:http://affaritaliani.libero.it/cronache/usa_campagna_droga100311.html

Tributo Michael Jackson fatto da un pappagallo

Pappagallo ke balla una delle tanti canzoni famose di Michael Jackson

LA STORIA Benvenuti a Sant'Agata la città dove comandano le donne

Sindaco e assessori: un'intera giunta al femminile in provincia di Bologna. Tutte continuano a lavorare, per fare le amministratrici restano in Comune anche fino a mezzanotte. Asilo modello e senza liste d'attesa, servizi alla persona. "Niente quote, qui l'efficienza è rosa". "Abbiamo scelto di privilegiare scuola e famiglia"
dal nostro inviato MARIA NOVELLA DE LUCA

SANT'AGATA BOLOGNESE (Bologna) - Sotto la penombra dei porticati il circolo "Sandro Pertini" ha le luci accese, e a pochi passi nella sede dell'Udi si imbustano mimose e si selezionano manifesti storici per la festa dell'8 marzo. L'atmosfera è lenta, calma, lungo la passeggiata del corso "2 agosto 1980", strada che riporta alle memorie amare della strage di Bologna. Un paese racchiuso tra mura storiche, l'antico orologio e il teatro "Bibbiena", case basse, intonaci colorati, giardini ben tenuti. Oltre, alle spalle, lo stabilimento della Lamborghini. E sarà perché a Sant'Agata Bolognese, unico Comune in Italia governato dal 2009 da una giunta di sole donne, la demografia cresce ma la fila al nido non c'è e gli appartamenti costano un po' meno, intorno ci sono tante facce giovani e tanti bambini che girano da soli in bicicletta. Nuovissima forma di immigrazione, tutta italiana, che vede le neo-famiglie abbandonare le cinture metropolitane e rifugiarsi qui, in queste zone un tempo paludose ma oggi ricche di servizi e dove l'occupazione, anche femminile, ha ancora i livelli più alti d'Italia. "Qui" è la città delle donne, ossia un paese di 7.300 abitanti governato da "una" sindaco e 4 assessori donna, più Rosa, la segretaria comunale. E a 21 mesi dall'insediamento, scherza Erika Zambelli, 31 anni, assessore alla Cultura (e a molto altro) la più giovane del gruppo, aspetto solare e sorriso semplice "non abbiamo ancora litigato, come in molti si aspettavano...". Eccola dunque la giunta più rosa d'Italia, nello studio colmo di piante e di luce del sindaco Daniela Occhiali, insegnante in aspettativa, tre figli, al secondo mandato eletta in un lista di centrosinistra, e un'avversione dichiarata, dice "verso le quote rosa". "Non ho scelto gli assessori in base al sesso ma alle competenze: avevo chiesto anche a due uomini di entrare in giunta, ma non erano disponibili. Così il gruppo si è formato al femminile, ma soltanto perché Giorgia, Francesca, Erika e Fabiana avevano i profili giusti . Certo - ammette Daniela Occhiali - l'esperienza di lavorare con un team di sole donne è creativa, stimolante, ma soprattutto, efficace". Nel loro linguaggio si chiama "estrema condivisione degli obiettivi". Per una indennità di 360 euro al mese, tanto che nessuna, a parte il sindaco, ha rinunciato alla propria professione. "Risultato - dice ironica Francesca Cavrini, assessore alla Sanità - facciamo il triplo lavoro...". "Ogni mercoledì - racconta Giorgia Verasani, vicesindaco anche lei maestra, un figlio e un compagno - facciamo le nostre riunioni di giunta: sono lunghissime, non finiscono mai... Spesso quando spegniamo le luci del Comune è mezzanotte passata. Ma a quel punto il problema è stato risolto e la decisione presa. All'unanimità. E dal giorno dopo, senza perdere tempo, si passa al fare". Il fare, appunto. Servizi prima di tutto e ancora servizi. Un nido storico, "Vita Nuova", nato nel 1972 e ispirato al modello di Reggio Emilia, aperto dal primo mattino al pomeriggio inoltrato, "e senza liste d'attesa - precisa con orgoglio il vicesindaco - quando ci siamo accorti che le richieste aumentavano abbiamo creato una sezione in più". E poi rette agevolate per la mensa, sostegni agli anziani e ai disabili, consultori, pannelli solari, un museo archeologico, la piccola ma ricca biblioteca "Terre d'acqua". Scelte precise, ma che hanno la cifra della cura alla persona, alla famiglia. Daniela Occhiali più che di "genere" parla però di sensibilità. "I tagli sempre maggiori, ci hanno imposto di creare delle priorità. E tra il tagliare l'erba delle aiuole o riparare un pezzo di asfalto abbiamo preferito sostenere le famiglie e la scuola... Certo poi la buca andrà rimessa a posto, ma possiamo aspettare che smetta di nevicare". E non è un caso, commenta Francesca Cavrini, 40 anni, assessore alla Sanità, "che siano le santagatesi le nostre maggiori fan". Accolta come un "caso" e con un bel po' di scetticismo ("ora ci vorrebbero le quote azzurre") la giunta rosa di Sant'Agata Bolognese si appresta a doppiare i due anni di Governo. Alla vigilia di un 8 marzo che registra ancora abissi di distanza: le donne primo cittadino sono il 10,6% contro l'89,4 degli uomini. Ma né quote rosa né altro, dicono sindaco e assessore. Eppure, alla fine qualche differenza tra loro e una giunta "mista" c'è. Daniela, Giorgia, Erika, Francesca e Fabiana, ad esempio sono diventate amiche. "Prima che finisca il mio mandato, a parte costruire una nuova scuola - scherza il sindaco - vorrei che alcune di loro mi dessero un nipotino, sarebbe anche ora visto che il tempo passa... ". Uffici sempre aperti, e ritmi di lavoro altissimi. "Quello che ci caratterizza - conclude Daniela Occhiali - è un'attenzione alle relazioni oltre che ai problemi. Ho cercato di rendere anche i matrimoni un po' meno burocratici, leggo delle poesie. Il risultato è che adesso a Sant'Agata di matrimoni ne celebro molti più io che il parroco...".

font:http://www.repubblica.it/cronaca/2011/03/07/news/paese_donne-13274140/

Pakistan, così i bambini giocano al kamikaze

In un paese dilaniato dai conflitti, anche le gesta dei kamikaze possono diventare un gioco per i bambini. In questo video amatoriale, pubblicato su YouTube e ripreso dal Guardian, alcuni bambini pashtun in Pakistan mettono in scena un attentato suicida. Uno dei bambini, con il volto coperto di nero, saluta i compagni e poi si avvicina a un altro gruppo di bambini dove finge di farsi saltare in aria: il gruppo di finte vittime si lascia cadere, lanciando in aria della terra per fingere l'esplosione

Giovani con il bicchiere in mano che bevono per dimenticare il futuro

La storia del rapporto fra un figlio quindicenne e madre e padre assenti in "Ragazzi ubriachi", il libro di Flavio Pagano. Le radici di un fenomeno sempre più diffuso, l'alcolismo fra gli adolescenti. E il ruolo dei genitori, incapaci di parlare e di ascoltare di SILVANA MAZZOCCHI

IN Ragazzi ubriachi, il bel libro di Flavio Pagano (Manifestolibri), così li racconta il protagonista quindicenne: "Tanti amici miei, quando erano un po' ubriachi, anche le ragazze, prima erano allegri, così allegri e pieni di vita che sembravano che il mondo se lo volevano mangiare. Però, dopo un po' diventavano tristi. Il mondo se l'erano bevuto... Bere è così, sembra che voli, ma le ali non ce l'hai". Un gruppo di ragazzi come tanti cerca nell'alcol la sicurezza, ma nell'alcol finisce per perdersi. In un'altalena perenne che va dallo smarrimento alla delusione, alla voglia d'amore e d'amicizia, allo scontento. Con intorno genitori benestanti e assenti che cercano di vivere alla meno peggio, tra amarezza e disincanto. Senza saper ascoltare, o saper vedere davvero i propri figli, neanche quando rischiano di imboccare un cammino senza ritorno. E' costruito a due voci, con i diversi punti di vista di padre e figlio, Ragazzi ubriachi. Il padre, un uomo buono ma distratto e lontano, irrisolto nel lavoro e incapace di imporre regole di qualsiasi tipo. Il figlio ragazzino, poco amante della scuola ed eternamente alle prese con una quotidianità che lo trascina sempre più giù. E, sullo sfondo, una madre, ansiosa, apprensiva, eternamente in viaggio, preoccupata allo spasimo, eppure negata a comprendere. Genitori separati, non diversi da tanti altri. E come tanti altri convinti che sia indispensabile occupare il tempo dei figli con mille impegni "formativi". Ma incapaci di dar loro le poche certezze di cui hanno davvero bisogno: poter contare su un punto di riferimento sicuro, su qualcuno che sappia captare le loro fragilità, l'allarme lanciato dai primi segnali di alcolismo. Un padre e una madre in grado di saper davvero guardare il loro ragazzo, ascoltarne le ragioni, i bisogni, i desideri. Ragazzi ubriachi racconta una realtà molto diffusa e ancora sottostimata: i giovanissimi usano l'alcol e ne abusano, si ubriacano e si stordiscono. "Bevono per dimenticare il futuro". E troppo spesso i genitori se ne rendono conto solo quando è ormai troppo tardi. Flavio Pagano, scrittore e autore televisivo, ha il dono di una scrittura semplice e suggestiva, Il suo romanzo ha il merito di raccontare un pezzo di vita vera.
I ragazzi e l'alcol, si può quantificare il fenomeno in Italia?
"Nella cultura mediterranea il bere ha una lunghissima tradizione, le cui radici affondano nella poesia latina ma in quella tradizione prevale l'aspetto conviviale, il vino come amico, consolatore e talvolta illuminante. Poi c'è stata la svolta. Il bere, molto e male, è diventato un fenomeno sociale. Il 10% dei giovani tra i 13 e i 24 anni dichiara almeno un episodio di binge drinking, ovvero il consumo di almeno cinque bevande alcoliche nel giro di due ore, lontano dai pasti, negli ultimi tre mesi. Più numerosi i maschi, 15%, ma le ragazze che bevono aumentano. Quasi il 30% dei giovani, sempre tra i 13 e i 24 anni, dichiara di essersi "ubriacato almeno una volta" e più in generale l'esperienza dell'ubriachezza, anche occasionale, riguarda quasi il 20% degli italiani. Del cambio culturale in corso fa parte anche il declino del vino a favore dei superalcoolici. L'Organizzazione mondiale della sanità riferisce che in Europa il 25% delle morti di giovani di età compresa tra i 15 e 29 anni è ricollegabile, direttamente o indirettamente, all'alcool. In Italia sui circa 170 mila incidenti stradali che si verificano annualmente, un terzo è attribuibile all'alcool e la metà delle vittime è rappresentata da giovani. Ovviamente l'alcool è anche la principale causa di cirrosi epatica". Alcol e sballo, qual è il disagio dei giovanissimi? Il ruolo delle famiglie, della scuola...
"I ragazzi si avvicinano al bere perché quella tradizione di cui dicevamo è ancora viva, almeno nelle parole, e bere è il gesto conviviale per eccellenza. Non si pensa all'ubriachezza, ma ad inebriarsi. È questa l'idea che seduce. I motivi sembrano futili. Si beve perché brilli ci si sente più simpatici, per trovare il coraggio di avvicinare una ragazza, ma anche per autodrammatizzazione - che è un ideale giovanile sempre più diffuso, e molto insidioso. Riecheggiano atteggiamenti del Romanticismo, dove l'eroe è bello e un po' ammaccato. I ragazzi perdono contatto con le proprie emozioni, bevono "per dimenticare una vita che non hanno ancora vissuto" e tendono verso atteggiamenti clamorosi. Dietro la futilità apparente delle ragioni c'è un vuoto inquietante. Bere un bicchiere e farsi quattro risate lascia il posto al bere quattro bicchieri e farsi un bel pianto. In famiglia, più che il dialogo, manca l'ascolto. E poi famiglia, società, scuola, non posseggono né offrono riferimenti. I ragazzi ubriachi fanno parte del popolo degli invisibili, di quelli che per sentire di esistere devono incendiare un cassonetto a una manifestazione, o vomitare nel cesso di un locale. Dalla politica alla vita domestica, gli adulti offrono solo confusione e debolezza". Un romanzo a due voci, il padre e il figlio adolescente; è possibile il dialogo in certe circostanze? "Nel libro ho cercato di dar voce ad entrambe le parti. Gli stessi episodi sono raccontati dal punto di vista di un padre (figura demolita) e di suo figlio. Il confronto è duro: i primi due capitoli cominciano con una dichiarazione di guerra "Mio figlio è uno stronzo", "Mio padre è uno stronzo", eppure è uno scontro tra persone che si cercano disperatamente. Tutto avviene in una famiglia "normale", dove non ci sono problemi economici, né tanto meno un livello culturale insufficiente. Ed è lì che l'alcool rivela la sua insidiosità. Perché non fa scalpore, non sembra una cosa pericolosa. I genitori sottovalutano spesso i segnali di disagio dei propri figli. Sono loro, prima di tutto, a essere ubriachi. Ubriachi di noia, di slogan, di idee senza radici, di parole. I genitori di oggi, spesso, in realtà sono degli eterni figli. Quello che occorre a un ragazzo è l'esempio. Quella del libro è una famiglia di genitori separati. Ma il discorso non vale solo per le famiglie dissolte. Prima di parlare con i propri figli bisogna ascoltarli, vederli. Essere presenti. Mettere regole, e dare l'esempio in prima persona. Il punto è lì. Altrimenti le parole, che pur sono un mondo meraviglioso, diventano chiacchiere. Ci vuole amore, e anche fermezza".

Flavio Pagano
Ragazzi ubriachi
Manifestolibri
pag.172, euro 18

font:http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/03/03/news/passaparola_fabio_pagano-13136235/

NEUROSCIENZE Sei in ufficio? Tieni il muso I sorrisi finti rovinano l'umore

Il sorriso di circostanza diretto a colleghi o a clienti può portare all'esaurimento emotivo di chi è costretto a esibirlo. Lo dimostra una ricerca americana. "E nelle donne è anche peggio" di SARA FICOCELLI

IL SORRISO di circostanza, tanto di moda negli ambienti professionali, è deprimente. Le persone che sorridono forzatamente si rovinano l'umore e questo stato riduce la loro concentrazione sul lavoro e quindi la loro produttività. E' quanto sostiene uno studio pubblicato sul numero di febbraio dell'Academy of Management Journal da un gruppo di psicologici della Michigan State University. Che lancia una larvata provocazione: se si vuol rendere il massimo sul posto di lavoro più spontaneità e meno sorrisi posticci. E se il prezzo da pagare è quello di venire bollati come musoni pazienza, il sistema nervoso ringrazierà. La ricerca condotta dallo psicologo Brent Scott dimostra infatti che il finto sorriso diretto a colleghi o a clienti può portare all'esaurimento emotivo di chi è costretto a esibirlo. In particolare, Scott ha studiato le reazioni psicologiche di un campione di autisti di autobus, obbligati per contratto a interagire sorridendo con i passeggeri, notato anche che lo sforzo di proiettare un buon umore non sentito risulta più oneroso e deprimente per le donne che per gli uomini. Ma è davvero così elementare il rapporto di causa-effetto tra emozioni ed espressioni facciali? La professoressa Raffaella Rumiati, docente di Neuroscienze Cognitive alla SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste), spiega che esistono due tipi di emozioni, quelle primarie (o fondamentali) che sono paura, rabbia, sorpresa, tristezza, disgusto e gioia, e quelle complesse (o sociali), ovvero compassione, imbarazzo, vergogna, colpa, orgoglio, invidia, gratitudine, indignazione e disprezzo. Un modo semplice per studiarle è proprio quello di osservare le espressioni facciali degli individui. "L'emozione - spiega la Rumiati - è la risposta complessa di un organismo a un dato stimolo. Il nostro cervello, come quello di altri animali, è predisposto a reagire agli input emozionali con un determinato repertorio di azioni: alla vista di un serpente trasaliamo, alla vista di un cibo chiaramente avariato ci disgustiamo, e così via". Una risposta emotiva comporta dunque una modificazione interna dell'organismo (ad esempio il battito cardiaco) o di una caratteristica esterna, come appunto l'espressione facciale o l'intonazione della voce. "Nel caso delle emozioni fondamentali - continua la neuroscienziata - si tratta di risposte inevitabili, automatiche. Tuttavia, avendo accumulato negli anni una certa dimestichezza con le emozioni (cominciamo da piccoli a sorridere, spaventarci), col tempo riusciamo a fingere di provarle. Ma mostrare un'espressione felice non significa esserlo davvero, perché naturalmente mancano i correlati fisiologici interni". E' dunque possibile, precisa l'esperta, che lo sforzo che si compie per adottare un'espressione finta eroda risorse cognitive e provochi una sostanziale riduzione dell'attenzione. E le donne, secondo la ricerca americana, sarebbero le più vulnerabili. L'articolo evidenzia infatti una differenza di genere: l'umore femminile risente di più di questa falsificazione rispetto a quello dei maschi e questo potrebbe spiegare perché le donne sono più rinunciatarie sul lavoro. "Secondo il dottor Scott - conclude la Rumiati - le donne sorridono di più degli uomini non perché più felici ma perché pensano che da loro ci si aspetti una maggiore reattività emotiva. Sono scettica a proposito di queste differenze. Probabilmente le donne ricomprono posizioni meno prestigiose e sicure. La diversità dipende non dal sesso ma dallo status".

font:http://www.repubblica.it/scienze/2011/03/02/news/sei_un_ufficio_tieni_il_muso_i_sorrisi_finti_rovinano_l_umore-12894638/

Il cane poliziotto entra in campo e azzanna il pallone

In Brasile un cane poliziotto non resiste alla tentazione di avventarsi sul pallone durante la partita di calcio tra Boa Viagem e Canal UEC, serie B del campionato dello stato di Minas Gerais. Il pastore tedesco entra in campo proprio mentre un calciatore sta per colpire la sfera sulla fascia. E con i suoi colpi di muso ruba la scena ai giocatori: il pubblico sugli spalti, esaltato dalla sua "azione", lo omaggia con un coro personalizzato



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CATANZARO Gita vietata a studente down ma i compagni si ribellano

All'istituto Comprensivo, una dirigente impedisce a un ragazzo con handicap di partecipare ad un'escursione. La classe rifiuta e decide di rinunciare all'attività, pur di evitare discriminazioni

CATANZARO - Uno studente di scuola media affetto dalla sindrome di Down, una gita scolastica, e una dirigente dell'istituto che nega al ragazzo l'autorizzazione a partecipare ad una gita. Tre elementi che sommati danno un risultato: la classe non ci sta, protesta e non va in gita. E' Ida Mendicino, responsabile del coordinamento regionale per l'integrazione, a raccontare la vicenda: "In un primo momento la dirigente della scuola si era rifiutata di far partecipare lo studente alla gita". I genitori hanno interessato del fatto la Polizia, perchè c'è una norma che riconosce le gite scolastiche come "un'opportunità fondamentale per la promozione dello sviluppo relazionale e formativo di ciascun alunno". E anche per "l'attuazione del processo di integrazione scolastica dello studente diversamente abile, nel pieno esercizio del diritto allo studio". Ma nonostante la normativa, la dirigente continua ad opporsi. Prosegue Mendicino: "La dirigente ha espresso ai docenti l'intenzione di non autorizzare in futuro alcuna uscita dello studente affetto da sindrome di Down. Ha anche chiesto ai compagni di classe di non portare a conoscenza del ragazzo le date delle gite in programmazione". Con quale motivazione? La "Scarsa capacità dello stesso ad apprendere a causa della sua infermità genetica". L'invito è stato immediatamente declinato dai compagni, ragazzi di terza media, i quali hanno dichiarato che avrebbero preferito rinunciare "tutti alle gite, pur di non veder discriminato il loro compagno". Mendicino dice di raccontare volentieri l'episodio occorso in quanto "Segnale importante di cambiamento in una generazione spesso tacciata di eccesso di individualismo e di scarso senso di solidarietà. Un plauso ai ragazzi dell'Istituto Comprensivo di Catanzaro - conclude - che si sono dimostrati vera speranza di maturazione del tessuto sociale rispetto agli esempi che spesso provengono dal mondo dei grandi".

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In che parte del mondo è la Libia?

È una questione di geografia, di geopolitica. E di comunicazione globale. Il disorientamento di fronte a quel che capita nel Nord Africa. Davanti a noi. Poco più avanti. Due passi appena dalle nostre coste meridionali. Ma fatichiamo a renderci conto di quanto ci riguardi davvero. Quanto possa cambiare le nostre vite, la nostra vita. L'unica cosa che ci preoccupi davvero è l'ondata migratoria - incombente e imminente. Enorme, inutile nasconderlo. E noi, che, nel corso degli anni, abbiamo eretto un muro nel Mediterraneo, per difenderci dagli "altri". Dall'invasione dei "disperati". Noi, che abbiamo trasformato il Mediterraneo stesso in un muro, per fingerci inaccessibili. Una fortezza. Al sicuro dal mondo. Noi: ci siamo allontanati dalle sponde del Nord Africa e del Medio Oriente. Le abbiamo allontanate da noi. Le abbiamo "percepite" lontane. Un altro continente, appunto. Un'altra epoca. Un'ex colonia d'oltre mare, sperduta nello spazio e nel tempo. E le visite di Gheddafi a Roma non hanno fatto che rafforzare questa convinzione. Vista la determinazione estrema con cui il rais, nelle sue visite in Italia, ha provocato stupore e incredulità. In modo consapevole e volontario. Cammelli, vergini e guardie del corpo al seguito. Tutti accampati nel centro di Roma. Con la compiacente complicità del governo. Tutto per marcare le distanze da noi. Dalla nostra... cultura. Senza troppe speranze, perché ormai ci siamo abituati a ben altro. Figurarsi se ci possiamo sorprendere per qualche decina di ragazze e una tendopoli di lusso in centro città. Tuttavia, abbiamo rimosso la vicinanza della Libia, dell'Egitto. Dell'Africa del Nord. Più in generale, ci siamo allontanati dal Mediterraneo. Quasi fosse una condanna. Noi, che temiamo di "scivolare in Africa". Appunto. Come rammenta spesso Lucio Caracciolo, abbiamo rinunciato al ruolo che ci deriva dalla nostra posizione geopolitica. Al centro del Mediterraneo. L'abbiamo - volutamente - negata. Nella visione della nostra classe dirigente, oltre che degli italiani: è stata accantonata. Spinta ai margini.
Non ci ha aiutato la globalizzazione. Al contrario. La riduzione dei tempi e dello spazio. L'allargarsi della rete e della comunicazione, in ogni luogo e in ogni momento della vita quotidiana. Hanno permesso a tutti di sapere tutto in tempo reale. Con il paradossale esito che abbiamo perduto il senso delle distanze. Perché se tutto è qui, allora nulla è qui. La Tunisia e la Nuova Zelanda, la Libia e l'Iraq, Haiti e l'Egitto. L'Afghanistan e il Marocco. Ci riguardano e ci investono allo stesso modo. Perché le immagini della rivolta e della ribellione oppure della guerra e della devastazione passano in diretta, a tutto schermo, una dopo l'altra, una accanto all'altra. Davanti ai nostri occhi, a casa nostra. Così ci sentiamo disorientati. Perché tutto ha lo stesso colore, lo stesso rumore, la stessa distanza. Altrove e qui, allo stesso tempo. I terremoti, le rivoluzioni, le carestie, le guerre. La Libia è vicina eppure lontana. Lontana anche se vicina. Come la Tunisia e l'Egitto. E se ciò che avviene in questi Paesi fosse davvero simile al crollo del muro di Berlino, nel 1989, come ha osservato Vàclav Havel, ripreso da Gad Lerner su Repubblica, noi faticheremmo, comunque, ad accorgercene. A vedere. Impegnati a erigere nuovi muri - invisibili e illusori - intorno a noi, abbiamo trasformato anche il Mediterraneo in un muro. Non servirà a difenderci dal mondo e da noi stessi. Perché la Libia è vicina. Praticamente: è qui.

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PGS Sicilia: Campionato Katà 2011

Sabato 5 Marzo 2011 presso lo stadio “Angelo Massimino” di Catania, si svolgerà il “Campionato di Katà P.G.S 2011”. Le iscrizioni dovranno pervenire entro e non oltre il 3 Marzo 2011.

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L'onda rovina la foto degli sposi sulla spiaggia

Ecco una coppia di novelli sposi travolta da un insolito destino. Per le prove sul set fotografico, i due scelgono una splendida spiaggia della Contea di Sonoma, in California, senza tener conto del maltempo e delle onde minacciose alle loro spalle. Una di queste li abbatte proprio mentre stanno fissando l'obbiettivo del fotografo, facendoli cadere comicamente in acqua.



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PSICOLOGIA Il manuale d'amore degli scienziati "Ecco i meccanismi per la coppia felice"

Uscito di recente negli Usa, il libro "Attached" è una sorta di guida alle relazioni amorose realizzata da due studiosi che hanno messo insieme decine di ricerche sulla "teoria dell'attaccamento". Dai tre profili-base del partner - ansioso, evitante o sicuro - dipende la stabilità di un rapporto. E alcuni sono incompatibili
di ADELE SARNO
ROMA - È un vero e proprio manuale d'amore perché promette di dare i consigli adatti per trovare la persona giusta e perché la storia vada avanti solida. La specialità del libro - uscito a gennaio negli Usa con il titolo "Attached. The New Science of Adult Attachment and How it Can Help You Find, and Keep, Love" - è però che l'autore non è un qualche "esperto" da rotocalco, ma due signori scienziati - Amir Levine, psichiatra e neuroscienziato, e Rachel Heller, psicologa alla Columbia University - che esplorano le relazioni tra adulti e sostengono che sia l'esatta comprensione del ruolo che si assume in un rapporto ad aiutare a trovare e a sostenere l'amore. "C'è troppa disinformazione - scrivono Levine ed Heller - , la gente vive di falsi miti, si nutre di convinzioni che non sono vere, e troppo spesso le storie d'amore diventano una perdita di tempo. In letteratura scientifica esistono moltissimi lavori sulle relazioni e su quella che oggi si chiama 'scienza dell'attaccamento adulto'. Noi abbiamo semplificato ciò che stato detto e lo offriamo ai lettori". I rapporti d'amore, in sostanza, secondo Levine ed Heller, non sono altro che relazioni vissute in maniera diversa in base alle esperienze affettive e sessuali pregresse dei due partner. Gli ansiosi - Quanto al tipo di attaccamento, il libro divide i partner in tre categorie: ansioso, sicuro, evitante. Gli ansiosi (circa il 21% delle persone) vogliono una relazione intima, vivono preoccupandosi della qualità del proprio rapporto e della capacità del proprio partner di continuare ad amare. Hanno perlopiù un carattere indeciso, scarsa autostima, paure e insicurezza rispetto alle proprie scelte.Gli 'evitanti' - circa il 25% delle persone - sono distaccati, esprimono autostima in forma narcisistica e forte disagio sociale, per cui equiparano l'intimità con altri a una perdita di indipendenza e per questo cercano costantemente di ridurre la vicinanza. È come se, di volta in volta, "negoziassero" la propria presenza in un rapporto.I sicuri - il 54% delle persone - invece godono di una forte autonomia, della capacità di gestire e di affermare la propria autostima; questo tipo di soggetto vive a proprio agio con l'intimità ed è spesso coinvolto in relazioni. Il 4% infine è costituito da persone che incrociano i vari profili. Una volta compreso a quale gruppo si appartiene (un test aiuta a farlo 1) bisogna interpretare i segnali di fumo, scrivono gli autori, comprendere cioè se l'altro ha uno stile di attaccamento evitante, ansioso o sicuro. "È come cercare un posto di lavoro - dicono Levine ed Heller - : bisogna fare le domande giuste, non vaghe e indirette, per capire se quell'occupazione è la più adatta al proprio profilo professionale. Non c'è niente di male". La domanda da porsi a questo punto è: "Il mio benessere può essere una priorità per questa persona?". E la risposta è nei comportamenti. Per capire se il partner è 'evitante', ad esempio, basta stare attenti a come usa le parole: il plurale per un'azione presente e il singolare per un progetto futuro. Oppure si può guardare al passato ed alle difficoltà che ha avuto per mantenere una relazione stabile e duratura. Attenzione, però, la diversità non è necessariamente un ostacolo. Se c'è chiarezza al primo appuntamento, o se si cerca durante il rapporto, Amir Levine e Rachel Heller sono convinti: "È possibile cambiare l'altro. Ma i tempi generalmente non coincidono con quelli desiderati. Una persona su quattro infatti muta il proprio stile di attaccamento nell'arco quattro anni". Perché questo succeda il rapporto deve avere l'effetto di un terremoto sulle convinzioni d'amore dell'uno o dell'altro. "Se sei un tipo 'sicuro' e stai con una persona 'ansiosa' - dicono gli autori di "Attached" - si ha una buona possibilità di cambiare l'altro. Al contrario, è molto difficile che un 'ansioso' muti il carattere di un 'evitante' o viceversa". Insomma una relazione è come un passo a due, perché duri bisogna ballare insieme, e assicurarsi che l'altro abbia intenzione di impegnarsi a farlo. "E se le cose vanno - scrivono gli autori - ne beneficia anche la salute. Il circuito di 'attaccamento' parte dal cervello, per cui è legato al nostro sistema nervoso autonomo, quello che governa il respiro, il sonno, la fame, la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna. Insomma una relazione serena coincide con il benessere fisico". Viceversa, sono numerose le ricerche che dimostrano che la fine di una storia lascia delle ferite nel cervello e causano un dolore reale, paragonabile a quello di una frattura. E a chi chiede agli studiosi di sintetizzare il proprio lavoro in una frase, Levine ed Heller rispondono con un consiglio sia per single che per le coppie. La domanda giusta da porsi all'inizio di un rapporto, o quando le cose non vanno, non è "Mi piace davvero?". Ma: "Ha la stoffa adatta a me?".

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