TENNIS Isner-Mahut, maratona record Fermati dall'oscurità sul 59-59


Incredibile a Wimbledon: l'americano, noto per essere il giocatore più alto del circuito, e il poco conosciuto francese sono stati in campo per 10 ore e hanno ampiamente battuto ogni primato per un match di singolare, per durata e per numero di game. Match sospeso nel corso dell'interminabile quinto set
AVREBBE dovuto essere un tranquillo pomeriggio di tennis, un semplice mercoledì di Wimbledon. Ma altro che una anonima giornata di primo turno: è stata invece storica, grazie all'incontro del campo numero 18 che ha consegnato alla storia il match più lungo, sia come durata che come giochi disputati. E non è ancora finito, rinviato per oscurità dopo dieci ore di gioco, giuste giuste. Riprenderà nel pomeriggio di giovedì. Nicolas Mahut contro John Isner: 4-6, 6-3, 7-6 (9/7), 6-7 (3/7), 59-59. Non è uno scherzo. In realtà per battere i precedenti record sarebbe stato sufficiente solo il quinto set. Pensate che al 50-50 il pubblico ha applaudito simbolicamente i giocatori. Ed hanno mandato in tilt anche i computer della Ibm che davano in diretta le statistiche. I cervelloni non avevano preso in considerazione un punteggio del genere.
Gli appassionati che avevano scelto quell'incontro, andando a sedersi alle 12.12 (ora italiana) su uno dei campi più periferici dell'impianto, erano stati attratti dall'idea di vedere quanti aces avrebbe realizzato John Isner, l'americano rubato al basket, alto 206 centimetri, il tennista più alto del circuito. E curiosi anche di vedere quali strategie difensive avrebbe opposto Nicolas Mahut, francese noto per non aver dato seguito alla vittoria da juniores a Wimbledon 2000. Bene, questi due tipi hanno dato vita ad un indimenticabile match, almeno per gli amanti delle statistiche pure. Speriamo non si sia rivoltato nella tomba Pancho Gonzales che, giocando nel 1969 contro Charlie Pasarell (lui, ancora in vita, dovrà farsene una ragione), stabilì il record del match più lungo sui prati di Wimbledon: cinque ore e dodici minuti (fu una grande rimonta, ancora oggi ricordata) per avere ragione di Pasarell: 22-24, 1-6, 16-14, 6-3, 11-9. Ma quelli erano dell'ante tie-break. Nella storia degli Slam, in realtà, il primato spettava a due francesi: il derby tra Fabrice Santoro (vincitore) e Arnaud Clement - al Roland Garros del 2004 - durò qualcosa come sei ore e trentatrè minuti (però con sospensione per il buio e ripresa il giorno successivo). Un match che aveva già migliorato il Becker-Camporese del 1991 agli Australian Open, con il tedesco che si impose sull'azzurro in cinque ore e undici minuti. A Wimbledon, invece, la maratona è stata senza soluzione di continuità, dunque ancora più dura per due tennisti abituati a risolvere i games con pochi colpi (il serve and volley vale - oltre che per Isner - anche per Mahut, che bassino non è, considerati i suoi 190 cm). Hanno cominciato la partita con pochi spettatori e, pian piano, i pochi intimi sono diventati sempre più numerosi. Dalle 17 in poi bisognava vedere la fila per entrare, dopo che si era sparsa la notizia che il match si prolungava. E nessuno ha più lasciato il proprio posto (io c'ero...). Un piccolo Centrale, è diventato campo 18. La partita, è giusto dirlo soprattutto per quel che riguarda il quinto set, di poco pathos dal punto di vista tecnico: i due hanno sempre saputo difendere il proprio turno di servizio, non offrendo mai all'altro una possibilità (a parte due match point avuti da Isner sul 33-32). Curiosamente gli aces non sono diminuiti con il passare del tempo: sia Mahut che Isner hanno tenuto alta concentrazione e lucidità: pochissimi gli scambi, decisi e influenzati sempre dai rispettivi servizi. Non hanno neppure risentito di crampi o problemi fisici: nessuno ha mai fatto ricorso al fisioterapista, sebbene Mahut sia sempre sembrato un po' più tonico del gigante Usa. Ma come poteva mai finire questo match che non è finito? Che ha visto durare l'ultimo set, e solo il quinto set, quasi sette ore? Non è stato ancora possibile saperlo, e forse ora non sarà più la stessa cosa, dopo la notte. Un match come una sceneggiatura cinematografica, quasi una sfida alla resistenza umana. Vedere quel ragazzo di due metri e passa trascinarsi in campo, muoversi quasi al ralenty dopo nove ore di gioco è stato qualcosa di crudele: parliamo di John Isner, ovviamente, ma non che Nicolas Mahut fosse di tanto più fresco. Sembrava il remake del film "non si uccidono così anche i cavalli?", una no-stop senza un finale. Con lo spettatore che resta a vedere - come ipnotizzato - solo perché vuol conoscere il vincitore, e chi alla fine cederà. Perfino i record passano in secondo piano, di fronte allo spettacolo di due ragazzi ininterrottamente in campo per quasi dieci ore. Gli aces, le volè, i colpi vincenti sono solo cose accessorie. Chi ha più fegato? Chi ha più fisico? Già, l'aspetto biologico: com'è possibile che siano stati a giocare senza mai fare una pausa, neppure per la pipì? E che non abbiano risentito di crampi, che le spalle e le gambe abbiano retto "normalmente"? Motivi di discussione, a iosa. Ma, per chiudere, non si può dimenticare l'ultimo record, quello degli aces. Entrambi hanno migliorato il precedente primato (78) del croato Karlovic: il francese ne ha messi a segno 95, Isner addirittura 99. E il match è ancora in progress. Qual è la morale? Uno solo festeggerà e resterà in tabellone, ma entrambi entreranno nella storia.

font:http://www.repubblica.it/sport/tennis/2010/06/23/news /wimbledon_isner_mahut_record-5094945/?ref=HREC2-10

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