Bel gioco, gol, trofei e anche il primato di Cruyff del '75: 28 gare senza ko. Ma Guardiola non ha ancora rinnovato il contratto: "Lasciatemi lavorare in pace" di MAURIZIO CROSETTI
PER UNA volta, non guardiamo il Barcellona come se fosse solo quello che è, ovvero un'opera d'arte, e neppure la perfetta sintesi tra idea (il gioco), filosofia (il vivaio) e sovrumano talento (Messi, più qualche campione del mondo). Perché la più forte e la più bella squadra del pianeta (non sempre forza e bellezza sono sinonimi, nel Barça sì) è soprattutto un'equazione, un teorema. Matematica, non solo poesia. Algebra, non solo fantasia. I numeri, non le opinioni sui massimi sistemi calcistici - dei quali, pure, il Barcellona è un esempio unico - sostanziano la carne di un autentico miracolo, la ciccia sulle ossa di un capolavoro. La mostruosità dei record già battuti dai blaugrana (e siamo solo a gennaio), racconta più di mille aggettivi. I numeri in colonna spiegano veramente tutto, sono i tempi perfetti dello spartito di Mozart, l'aritmetica che si sposa con l'indubitabile prova dell'esistenza di Dio (il quale nacque a Barceloneta, non a Betlemme). Dunque, i memorabili hanno chiuso il girone d'andata con 17 vittorie su 19 partite, un solo pareggio e una misera, lontana (11 settembre), inspiegabile sconfitta contro l'Hercules (0-2). Cioè 52 punti su 57 disponibili, come loro nessuno mai. La vera impresa, a questo punto, è averne appena quattro in meno del Barça: ci sta riuscendo il Real Madrid di Mourinho, peraltro umiliato nello scontro diretto, il famoso 5-0 del Camp Nou (29 novembre, la partita perfetta). La terza forza della Liga, si fa per dire, è il Villareal remotissimo (39 punti). Anche se le due cifre che lasciano sbigottiti riguardano i gol: 61 segnati, 11 incassati, differenza reti di + 50. Tredici, nelle ultime tre partite. Le goleade non si contano: la cinquina al Real ma anche al Siviglia e alla Real Sociedad, e poi il 5-1 all'Espanyol, il 4-0 al Deportivo, il 4-1 al Malaga, il 5-1 in Champions al Panathinaikos. Più che una squadra, un rullo asfaltatore. Il Barcellona di tutti i record ha stabilito anche quello della serie più lunga senza sconfitte: 28 gare, una in più del Barça di Cruyff nel '75. Seguono il maggior numero di vittorie in trasferta (9). Alla portata, ovviamente, il tetto dei 99 punti finali (raggiunto l'anno scorso), dei 107 gol (1989-90), a un passo le vittorie consecutive (14, ne manca appena una). Persino il metro e la bilancia dimostrano come il talento del Barcellona sia qualcosa di lieve, eppure potentissimo: altezza media, 177 centimetri (la pachidermica Juve, tanto per dire, è a 186), peso medio 71,5 chili (quattro in meno della media europea). Cominciando dalle formazioni giovanili, i calciatori non vengono valutati un tanto al chilo. Pesi e attrezzi ginnici non sono il pane quotidiano, perché l'unico aggeggio da non abbandonare mai, anzi da accudire, è il pallone: infatti i giocatori del Barcellona danno l'impressione di divertirsi prima di divertire, insomma di essere proprio felici. Inoltre, il Barça è la squadra più "corta" d'Europa (36 metri in media), dunque la più raccolta e compatta. Ma sono il cronometro e il pallottoliere a chiudere il cerchio: il Barcellona tiene la palla più di tutti (70 per cento, l'Inter è al 54 per cento) e fa più passaggi nel corso di una partita (672 in media, contro i 513 del Milan, primo in Italia). L'incredibile matematica del Barcellona non è esclusiva emanazione dei singoli (a proposito di regolarità, il sublime Iniesta da cinque stagioni infila 19 presenze nelle prime 19 giornate), nonostante il venusiano Messi (già 31 gol, 18 in Liga, adesso punta a superare i 47 dell'anno scorso) abbia appena rivinto il Pallone d'Oro ("Non devo giustificarmi, non ho rubato nulla", ha detto la Pulce, piccata). E sorprende che l'architetto di questa cattedrale, l'allenatore Pep Guardiola (40 anni ieri, ecco un altro numero che spiega molto, compresa la distanza da noi), otto trofei in due anni e mezzo, terzo campionato consecutivo più che probabile, non abbia ancora rinnovato il contratto: scadrà a giugno, il club gli offre il classico assegno in bianco, lui chiede tempo: "Perché ne manca ancora molto, e io voglio solo lavorare in pace". L'unica ombra, a ben guardare, sulla meravigliosa tela, anche se i più affascinanti capolavori sono un abile gioco di chiaroscuro.
font:http://www.repubblica.it/sport/calcio/calciomercato/2011/01/19/news/barcellona_dei_record-11391987/?ref=HRLS-4
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