Barnabé, così si chiamava il nostro giocoliere, era povero e, per avere qualcosa da mangiare e dove dormire, doveva girare di città in città e fare i suoi spettacoli. Nei giorni di festa andava nella piazza di una città, prendeva il suo vecchio tappeto, lo stendeva per terra e iniziava a chiamare i bambini con tante chiacchiere divertenti. I bambini vedevano i suoi buffi gesti, le sue facciacce e pernacchie... poi vedevano com'era bravo a tenere in equilibrio sul naso un piatto luccicante... e tutti meravigliati si fermavano a guardarlo. Anche gli adulti che passavano di lì si fermavano ad ammirare i suoi giochi pieni di stupre. "Come è bravo! Come fa a fare queste cose? Oh, io non ci riuscirei mai! Trooooppo forte!" Barnabé si teneva con le mani a testa in giù, gettava in aria e riprendeva con i piedi sei palle di bronzo luccicanti al sole. Oppure si piegava indietro, metteva la testa vicino ai piedi e faceva girare dodici coltelli. Un mormorio di ammirazione si alzava dalla folla e tutti gettavano una monetina sul tappeto di Barnabé. "Come è bravo! Come fa a fare queste cose? Oh, io non ci riuscirei mai! Troooooppo forte!" Tieni, tieni una moneta, te la meriti proprio! Bravo, bravissimo!" Tuttavia Barnabé faceva molta fatica a guadagnarsi da vivere, soprattutto perchè d'inverno si sentiva debole e infreddolito, il suo corpo era duro e pieno di dolori, la piazza era troppo gelata per fare le acrobazie per terra. Si sentiva come un albero che col caldo produce fiori e frutti, ma col freddo è spoglio, triste e secco. Per consolarsi dalla sua difficile situazione, credeva fermamente che in questo mondo si fa fatica e a volte si incontrano persone cattive, ma nell'altro mondo, in Paradiso, tutto è bello e buono e non bisogna più lavorare duramente per poter sopravvivere. Così cercava di essere sempre buono e paziente e non faceva mai niente di brutto e neppure lo sciocchino. Era insomma un brav'uomo, timoroso di Dio e molto devoto a Maria. Ogni volta che arrivava in una nuova città, entrava in chiesa, s'inginocchiava davanti alla statua della Madonna e diceva questa preghiera: "Cara Madonnina, io ti voglio bene! Abbi cura della mia vita, stammi vicina, e quando è il momento prendimi in cielo con te e tienimi nel tuo Paradiso con Gesù e gli angioletti!" Ora, una certa sera, dopo una giornata di pioggi, mentre se ne andava triste e curvo, portando sotto il braccio le sue bocce e i suoi coltelli nel vecchio tappeto, e cercando qualche stalla dove poter dormire, con la pancia vuota, perchè non aveva mangiato niente di niente, incontrò lungo la strada un fraticello, vestito con la tunica marrone come il cioccolato, con un mantello color panna. "Fratello" disse il fraticello "Perchè sei tutto vestito di verde e porti quel buffo cappello? Devi forse fare il matto in qualche teatrino?" "No sicuro, caro fraticello" rispose Barnabé "sono un giocoliere e mi chiamo Barnabé. È un bel mestiere il mio, è il più bel mestiere del mondo, ma quando fa tanto freddo non posso lavorare,
così non ho neppure un soldino per comprarmi un panino." "Amico Barnabé" riprese il fraticello "fai attenzione a quello che dici. Più bello di tutto è essere frate come me, Perchè posso pregare tutto il giorno e celebrare le lodi di Dio e di maria e dei santi del cielo. La mia vita è tutta un cantico al Signore!" "Oh, caro fraticello, perdonami, ho parlato senza pensare. Vorrei bene anch'io, come te, cantare tutti i giorni le vostre belle preghiere, e specialmente quelle per Maria, alla quale voglio tanto tanto bene così." Risponde Barnabé allargando più che può le sue braccia. "Vorrei fare anch'io il fraticello come te!" Il fraticello fu molto commosso dalla semplicità di Barnabé e, visto che sapeva guardare nel suo cuore e vedeva che era sincero e di buona volontà, uno di quegli uomini per cui il Signor ha detto "Pace in terra agli uomini di buona volontà", gli rispose: "Vieni con me, caro Barnabé, ti farò diventare frate come me." Fu così che Barnabé mise la tunica marrone come la cioccolata e divenne fraticello. Dovete sapere che in quel convento i fraticelli facevano a gara a chi meglio onorava la Madonna, ognuno si impegnava per farla felice, per servirla, con tutta l'intelligenza e la bravura che aveva. Fra Romualdo scriveva dei bellissimi libri, molto interessanti e profondi che parlavano di Maria. Fra Maurizio copiava questi scritti a mano con bella grafia e tante decorazioni preziose. Fra Alessandro dipingeva delle miniature con pittura rossa e d'oro. Fra Mariolino scolpiva, limava e tagliava nel legno delle statue di Maria, tanto che aveva sempre gli occhi un po' rossi per la fatica e la barba bianca di polverina. C'era persino fra Parolino che scriveva poesie in italiano e in latino. Infine fra Canterino suonava la cetra e persino il violino e cantava con suono melodioso e parole dolci come il miele. Vedendo che tutti erano così bravi, Barnabé si sentiva piccino piccino ed inutile: "Oh, io non so scrivere, non so disegnare, non so suonare, non so cantare, non so poetare, non riesco neppure a pensare e tantomeno a scolpire. Come posso fare felice e servire Maria, se proprio non so fare niente di bello?" Passeggiava un po' triste nel giardinetto e pensava: "Cara Madonnina, io ti voglio bene! Abbi cura della mia vita, stammi vicina, e quando è il momento prendimi in cielo con te e tienimi nel tuo Paradiso con Gesù e gli angioletti! Ma dimmi un po', ora, ahimé, tutt ti fan felice, tranne me. Cosa posso fare per lodarti, cosa posso fare per contenta farti?". I giorni passavano e Barnabé si sentiva sempre più triste perchè era proprio imbranato rispetto agli altri fraticelli. Ma una mattina si svegliò pieno di allegria, saltava tutto dalla gioia e subito corse in cappella. Rimase in cappella un'ora, tutto solo. A far cosa? Mah, chi lo sa! Fatto sta che vi ritornò il pomeriggio, e rimase in cappella un'ora, tutto solo. A far cosa? Mah, chi lo sa! Fatto sta che vi ritornò il giorno seguente, e rimase in cappella un'ora, tutto solo. A far cosa? Mah, chi lo sa! Fatto sta che... ritornò lunedì, martedì, mercoledì, giovedì. Infine arrivò il venerdì. Il capo del convento, Fra Priore, si era accorto che Barnabé andava sempre in cappella per un'ora da solo. E si chiedeva: "Cosa andrà a fare? Niente sa fare... Non sa cantare, non sa poetare, non sa suonare, sa solo poco poco pregare. Forse va a dormire? Forse va a russare? Forse vuol scappare? Ah, lo devo proprio
scoprire!" Così chiamò due frati anziani e sapienti che si misero nascosti dietro ad una porta a spiare. Osservarono da un buchino della porta cosa Barnabé stesse a fare. Allora videro Barnabé davanti alla statua della Madonna. Sotto a Barnabé videro un tappeto. Ma soprattutto videro Barnabé che si teneva con le mani a testa in giù, gettava in aria e riprendeva coi piedi sei palle di bronzo luccicanti al sole che veniva dalle vetrate colorate. Poi si alzava con un salto, oplà, una piroetta, opplà, una bella capriola, e oplà, poi si piegava indietro, metteva la testa vicino ai piedi e faceva girare dodici coltelli. Subito Fra Priore, che era il capo, si preoccupò e pensò che Fra Barnabé era ammattito: "Matto è diventato! Le rotelle del suo cervello non girano più giuste. Cari anziani fraticelli, via, via dobbiam condurlo." "Non si può fare i matti davanti alla statua della Madonna. Certo è matto e nel convento non ci può stare!" risposero i frati anziani. allora si rimboccarono le maniche della tunica e si misero d'accordo per acciuffarlo, fermarlo e fuori condurlo. Si avvicinarono piano, zitti zitti, quatti quatti, erano ormai poco distanti, quando videro... Oh... sapeste cosa videro... Sì, videro, la statua della Madonna, che non era più statua, ma camminava... Videro Maria scendere dai gradini dell'altare e chinarsi ad asciugare con il lembo del mantello la fronte di Barnabé e dargli una carezza, una carezza speciale, dolcissima, che solo la mamma sa fare. "Bravo Barnabé, bravo!" I frati anziani e Fra Priore, caddero per terra in ginocchio, ricolmi di meraviglia e di stupore: "Oh, Madre buona! Barnabé non è matto, è santo! Beati i semplici di cuore, poichè vedranno Iddio!" "Amen! Non è matto, è santo!"
Da quel giorno Barnabé potè tornare in cappella tutto il tempo che voleva, tutto solo. A far cosa? Ormai si sa! Io suo talento era fare il giocoliere, con salti, giochi e piroette lodava e faceva felice Maria e Gesù Bambino. Fra Barnabé in cuor suo era felice, di una felicità che più grandi non ce n'è.
così non ho neppure un soldino per comprarmi un panino." "Amico Barnabé" riprese il fraticello "fai attenzione a quello che dici. Più bello di tutto è essere frate come me, Perchè posso pregare tutto il giorno e celebrare le lodi di Dio e di maria e dei santi del cielo. La mia vita è tutta un cantico al Signore!" "Oh, caro fraticello, perdonami, ho parlato senza pensare. Vorrei bene anch'io, come te, cantare tutti i giorni le vostre belle preghiere, e specialmente quelle per Maria, alla quale voglio tanto tanto bene così." Risponde Barnabé allargando più che può le sue braccia. "Vorrei fare anch'io il fraticello come te!" Il fraticello fu molto commosso dalla semplicità di Barnabé e, visto che sapeva guardare nel suo cuore e vedeva che era sincero e di buona volontà, uno di quegli uomini per cui il Signor ha detto "Pace in terra agli uomini di buona volontà", gli rispose: "Vieni con me, caro Barnabé, ti farò diventare frate come me." Fu così che Barnabé mise la tunica marrone come la cioccolata e divenne fraticello. Dovete sapere che in quel convento i fraticelli facevano a gara a chi meglio onorava la Madonna, ognuno si impegnava per farla felice, per servirla, con tutta l'intelligenza e la bravura che aveva. Fra Romualdo scriveva dei bellissimi libri, molto interessanti e profondi che parlavano di Maria. Fra Maurizio copiava questi scritti a mano con bella grafia e tante decorazioni preziose. Fra Alessandro dipingeva delle miniature con pittura rossa e d'oro. Fra Mariolino scolpiva, limava e tagliava nel legno delle statue di Maria, tanto che aveva sempre gli occhi un po' rossi per la fatica e la barba bianca di polverina. C'era persino fra Parolino che scriveva poesie in italiano e in latino. Infine fra Canterino suonava la cetra e persino il violino e cantava con suono melodioso e parole dolci come il miele. Vedendo che tutti erano così bravi, Barnabé si sentiva piccino piccino ed inutile: "Oh, io non so scrivere, non so disegnare, non so suonare, non so cantare, non so poetare, non riesco neppure a pensare e tantomeno a scolpire. Come posso fare felice e servire Maria, se proprio non so fare niente di bello?" Passeggiava un po' triste nel giardinetto e pensava: "Cara Madonnina, io ti voglio bene! Abbi cura della mia vita, stammi vicina, e quando è il momento prendimi in cielo con te e tienimi nel tuo Paradiso con Gesù e gli angioletti! Ma dimmi un po', ora, ahimé, tutt ti fan felice, tranne me. Cosa posso fare per lodarti, cosa posso fare per contenta farti?". I giorni passavano e Barnabé si sentiva sempre più triste perchè era proprio imbranato rispetto agli altri fraticelli. Ma una mattina si svegliò pieno di allegria, saltava tutto dalla gioia e subito corse in cappella. Rimase in cappella un'ora, tutto solo. A far cosa? Mah, chi lo sa! Fatto sta che vi ritornò il pomeriggio, e rimase in cappella un'ora, tutto solo. A far cosa? Mah, chi lo sa! Fatto sta che vi ritornò il giorno seguente, e rimase in cappella un'ora, tutto solo. A far cosa? Mah, chi lo sa! Fatto sta che... ritornò lunedì, martedì, mercoledì, giovedì. Infine arrivò il venerdì. Il capo del convento, Fra Priore, si era accorto che Barnabé andava sempre in cappella per un'ora da solo. E si chiedeva: "Cosa andrà a fare? Niente sa fare... Non sa cantare, non sa poetare, non sa suonare, sa solo poco poco pregare. Forse va a dormire? Forse va a russare? Forse vuol scappare? Ah, lo devo proprio
scoprire!" Così chiamò due frati anziani e sapienti che si misero nascosti dietro ad una porta a spiare. Osservarono da un buchino della porta cosa Barnabé stesse a fare. Allora videro Barnabé davanti alla statua della Madonna. Sotto a Barnabé videro un tappeto. Ma soprattutto videro Barnabé che si teneva con le mani a testa in giù, gettava in aria e riprendeva coi piedi sei palle di bronzo luccicanti al sole che veniva dalle vetrate colorate. Poi si alzava con un salto, oplà, una piroetta, opplà, una bella capriola, e oplà, poi si piegava indietro, metteva la testa vicino ai piedi e faceva girare dodici coltelli. Subito Fra Priore, che era il capo, si preoccupò e pensò che Fra Barnabé era ammattito: "Matto è diventato! Le rotelle del suo cervello non girano più giuste. Cari anziani fraticelli, via, via dobbiam condurlo." "Non si può fare i matti davanti alla statua della Madonna. Certo è matto e nel convento non ci può stare!" risposero i frati anziani. allora si rimboccarono le maniche della tunica e si misero d'accordo per acciuffarlo, fermarlo e fuori condurlo. Si avvicinarono piano, zitti zitti, quatti quatti, erano ormai poco distanti, quando videro... Oh... sapeste cosa videro... Sì, videro, la statua della Madonna, che non era più statua, ma camminava... Videro Maria scendere dai gradini dell'altare e chinarsi ad asciugare con il lembo del mantello la fronte di Barnabé e dargli una carezza, una carezza speciale, dolcissima, che solo la mamma sa fare. "Bravo Barnabé, bravo!" I frati anziani e Fra Priore, caddero per terra in ginocchio, ricolmi di meraviglia e di stupore: "Oh, Madre buona! Barnabé non è matto, è santo! Beati i semplici di cuore, poichè vedranno Iddio!" "Amen! Non è matto, è santo!"
Da quel giorno Barnabé potè tornare in cappella tutto il tempo che voleva, tutto solo. A far cosa? Ormai si sa! Io suo talento era fare il giocoliere, con salti, giochi e piroette lodava e faceva felice Maria e Gesù Bambino. Fra Barnabé in cuor suo era felice, di una felicità che più grandi non ce n'è.
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