Si può sopravvivere alla morte di un figlio?

C’è chi ci è riuscito, come la fondatrice dell’associazione Figli in cielo

C’è un dolore più forte della morte di un figlio o di una figlia? Si può sopravvivere ad un tale perdita? Come si può dare un senso ad un lutto così profondo? Eppure c’è chi è riuscito a superare la tristezza e il dolore riscoprendo la speranza. Si tratta di Andreana Bassanetti (nella foto: il suo incontro con Giovanni Paolo II), una psicologa e psicoterapeuta che, dopo aver aiutato tanti giovani ad uscire dal tunnel delle loro crisi, ha visto la propria amatissima figliola di ventuno anni soffrire di depressione, di anoressia e poi di suicidarsi. Per il dolore non riusciva a darsi pace, finché non ha ritrovato la strada della fede.
Oggi la Bassanetti dirige un associazione denominata Figli in Cielo (www.figlincielo.it) attiva in oltre 100 diocesi in Italia, in Spagna, in diversi paesi dell’America Latina e Centrale, negli Stati Uniti, in Inghilterra ed in Nuova Zelanda.
Ha raccontato la Bassanetti che, dopo la morte della figlia per sei mesi non è riuscita ad alzarsi dal letto. Poi un giorno si sollevò, uscì, vide una chiesa aperta, entrò con la sensazione che qualcuno l'aspettasse da tempo e da quel giorno, attratta da una forza sconosciuta, per otto mesi, ritornò a inginocchiarsi in quei banchi. Leggendo i Salmi – ha raccontato nel libro Il bene più grande – storia di Camilla (Edizioni Paoline) – “sentii una voce interiore che pronunciava parole d’amore. Più che una voce era un soffio caldo, intensissimo, come una melodia, un canto dalle parole sfumate, che mi permeava e mi riempiva e mi scioglieva interiormente: riuscivo a percepire confusamente solo la parola amore”.
“Il tutto – ha aggiunto - durò solo una decina di secondi, ma ebbe un effetto grandioso, miracoloso, mi liberò dal pesante macigno che mi paralizzava”.
“Dio mi aveva dato un cuore nuovo. Mi accorsi che stavo piangendo: silenziosamente, calde lacrime mi rigavano il volto: come si può resistere ad un amore così grande?”.
“Quella notte fu per me una notte davvero santa, miracolosa – ha scritto ancora – . Ritornai a casa trasformata con il cuore colmo di gratitudine, sigillando nel profondo le parole del Salmo 39: 'Ecco io vengo o Dio a fare la tua volontà'”.
In occasione di un incontro a Verona, la Bassanetti ha commentato che “Quando muore un figlio per cause accidentali o naturali, per un genitore lo strazio è indescrivibile. È il dolore più grande che un essere umano possa provare. Un distacco così lacerante che non si rimargina più: l’esistenza di chi resta, se riuscirà a viverla, non sarà più la stessa, ma il Signore toglie soltanto per dare un dono più grande”.
Un dono più grande, ma sta scherzando?
“Dopo mesi in cui non riuscivo a sopportare il dolore e pensavo di morire anch’io, il Signore mi fece veramente visita e mi colmò di grazie, mi avvolse tra le sue braccia materne, mi consolò, medicò le mie ferite e soprattutto ammorbidì il mio cuore, indurito dal dolore. Presi coscienza di Lui, del suo Mistero, della sua Presenza, del suo Spirito che vivifica l'anima, accende il cuore e apre la mente al cielo. E nella luce che tutta mi avvolgeva e mi faceva rinascere all'amore e alla speranza, ritrovai Camilla. La Chiesa divenne il luogo privilegiato dei nostri incontri, un momento sublime di attesa, di dialogo, di unione perché se il corpo avvicina, lo spirito va oltre, unisce, fonde, con-fonde. È paradossale, ma la morte di mia figlia Camilla a soli ventun anni, mi ha fatto incontrare Dio. O meglio, la mia vita vera è iniziata quando Dio ha fatto irruzione nella mia vita. Un vero e proprio miracolo che ha dato un avvio vero e autentico alla mia esistenza”.
Come si fa a ringraziare Dio di fronte a un evento così drammatico?
“Ci sono verità che il Signore ha nascosto nel segreto del nostro cuore, che richiedono tutto un lungo cammino al buio, esigono tutta la fatica di una ricerca, fino all’incontro con Lui. Per ritrovare i figli nella Vita vera, la Verità ci dice che la Via è una sola: 'Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua' (Lc 9,23). Anziché ribellarsi e costringere il figlio a tornare indietro, a una dimensione, diciamo più terrena, è il genitore che deve andare avanti, nella sua libertà di scelta e di tempi, rinnegare se stesso. Rinnegare la maternità-paternità umana per elevarsi a una maternità paternità divina, nella nuova dimensione che lo stato spirituale del proprio figlio richiede. È importante non aver paura del dolore, anche se acuto e apparentemente incontenibile nessuna notte è così lunga da non permettere un nuovo giorno. Anche se il percorso è lungo e faticoso, è bene non lasciarsi annientare dal dolore ma rispettare i propri stati d’animo assecondando le esigenze interiori che via via si manifestano, non bisogna sfruttare i tempi saltando tappe importanti che costituiscono un fondamento importante e costruttivo per sé e per l’intera famiglia”.
Questa esperienza ha cambiato anche il suo modo di lavorare?
“L’obiettivo non è soltanto il benessere, la salute di quel ragazzo o ragazza o adulto che sono pur sempre importantissimi. Insieme cerchiamo l’incontro con Dio, la salvezza personale, pur nella libertà delle scelte e nel rispetto dei linguaggi personali. L’esperienza dolorosa che ho vissuto con Camilla, perché nessun altro soffra le sue stesse pene, e questo lo offro per la sua intercessione, a favore di tutti i giovani in qualche modo bisognosi, e sono sicura che lei, insieme con i ragazzi che sono in Cielo con lei, sta intercedendo per me”.

font: http://www.confrancesco.it/index.php?app=openRub&idRub=250&idCat=1&lang=it&pag=1&mese=13&anno=2010&word_s=

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