Lunedì prossimo sullo Shuttle Discovery destinato alla stazione orbitante ci sarà anche una macchina-umanoide. È già una star: ha persino un account Twitter per mantenere i contatti con i fan. Ha grande capacità di manipolare gli oggetti: può usare tutti gli strumenti di CLAUDIA DI GIORGIO
SE L'AVESSERO disegnato a Hollywood sarebbe un banale robot umanoide, per di più senza volto e senza gambe: un tronco bianco con due braccia (ben muscolose, però) e una testa-elmetto con un visore dorato che riflette l'esterno, dandogli un'aria un po' inquietante. E invece, dato che lunedì prossimo parte sullo shuttle Discovery diretto alla stazione spaziale internazionale, Robonaut 2 - detto R2 per brevità - è una star: fotografatissimo, come si conviene al primo robot umanoide che va nello spazio, ha persino un account Twitter con cui manterrà i contatti con le migliaia di fan che ha già conquistato.
Progettato al Johnson Space Center della Nasa a Houston in collaborazione con la General Motors, R2 è l'esemplare più recente e avanzato di un ambizioso programma per lo sviluppo di robot umanoidi destinati ad aiutare gli astronauti in lavori complessi o pericolosi, in vista di una collaborazione uomo-robot per missioni nello spazio profondo. Più veloce e compatto del prototipo che l'ha preceduto, il punto forte di R2 è la sua eccellente capacità di manipolare oggetti: i suoi realizzatori sono riusciti a dotarlo di una destrezza manuale che si avvicina parecchio a quella umana, al punto tale che può usare gli stessi attrezzi degli astronauti senza bisogno di modifiche. E senza mai stancarsi né annoiarsi.
Inizialmente, R2 non era progettato per volare; era solo il secondo esemplare del programma, un prototipo "di passaggio" da usare per capire cosa c'era da migliorare. Ma quando è stato completato si è rivelato così efficiente ed evoluto che la Nasa ha deciso di mandarlo subito in orbita, aggiornandolo qua e là per adeguarlo alle condizioni del volo spaziale, anche per approfittare di una delle ultime missioni shuttle prima del pensionamento delle navicelle previsto per il prossimo anno.
Per adesso, tuttavia, R2 non avrà compiti importanti. Trasportato nella stiva del Discovery dentro uno speciale contenitore protettivo, una volta a bordo della stazione spaziale sarà montato su un piedistallo e sottoposto anzitutto a una serie di test per verificare le sue abilità manuali in condizioni di microgravità, dimostrando, per esempio, di saper usare i suoi oltre 350 sensori per controllare con precisione il movimento di braccia e mani una per volta e contemporaneamente. Superati questi primi test, sarà messo davanti a un pannello di controllo dove eseguirà vari compiti: tutti simulati, però, dato che non ha il permesso di interagire con nessuno dei sistemi vitali della Stazione. Anzi, in caso di malfunzionamenti, l'equipaggio potrà "spegnerlo" rapidamente premendogli su un braccio.
E a proposito di equipaggio, un'altra cosa che la Nasa vuole capire con il volo di R2 è come evolveranno i suoi rapporti con gli astronauti. Oltre a testarne l'utilità nella situazione concreta della stazione spaziale, c'è infatti anche un risvolto psicologico da prendere in considerazione prima di ammetterlo a lavorare fianco a fianco con esseri umani. In fondo, un robot umanoide non è una macchina qualunque; come la fantascienza ci ha spesso raccontato, nell'isolamento dello spazio anche un robot può diventare un amico (o un nemico). Uno dei primi a scoprire di che pasta è fatto R2 sarà l'italiano Paolo Nespoli, che a metà dicembre partirà a bordo di una Soyuz per rimanere sei mesi sulla stazione spaziale e avrà quindi l'occasione di interagire con il robot e verificarne meraviglie o difetti.
Ma se il presente di R2 è poco impegnativo, il suo futuro - o meglio, quello dei suoi discendenti - si prospetta ricco di avventure e di gloria. Il prossimo passo vedrà i robot umanoidi lavorare all'esterno della stazione, da soli o insieme agli astronauti. Via via che si perfezionano, saranno poi dotati di gambe (al Johnson Space Center le stanno già preparando) o di ruote per muoversi agevolmente sulla superficie di altri mondi: asteroidi, nuclei di comete, ma soprattutto sulla Luna e su Marte, dove i Robonaut andranno in avanscoperta, precedendo, e preparando, l'arrivo degli equipaggi umani. Alla NASA, infatti, non hanno dubbi: il segreto del successo dell'esplorazione del sistema solare è nell'azione comune di uomini e robot.
Progettato al Johnson Space Center della Nasa a Houston in collaborazione con la General Motors, R2 è l'esemplare più recente e avanzato di un ambizioso programma per lo sviluppo di robot umanoidi destinati ad aiutare gli astronauti in lavori complessi o pericolosi, in vista di una collaborazione uomo-robot per missioni nello spazio profondo. Più veloce e compatto del prototipo che l'ha preceduto, il punto forte di R2 è la sua eccellente capacità di manipolare oggetti: i suoi realizzatori sono riusciti a dotarlo di una destrezza manuale che si avvicina parecchio a quella umana, al punto tale che può usare gli stessi attrezzi degli astronauti senza bisogno di modifiche. E senza mai stancarsi né annoiarsi.
Inizialmente, R2 non era progettato per volare; era solo il secondo esemplare del programma, un prototipo "di passaggio" da usare per capire cosa c'era da migliorare. Ma quando è stato completato si è rivelato così efficiente ed evoluto che la Nasa ha deciso di mandarlo subito in orbita, aggiornandolo qua e là per adeguarlo alle condizioni del volo spaziale, anche per approfittare di una delle ultime missioni shuttle prima del pensionamento delle navicelle previsto per il prossimo anno.
Per adesso, tuttavia, R2 non avrà compiti importanti. Trasportato nella stiva del Discovery dentro uno speciale contenitore protettivo, una volta a bordo della stazione spaziale sarà montato su un piedistallo e sottoposto anzitutto a una serie di test per verificare le sue abilità manuali in condizioni di microgravità, dimostrando, per esempio, di saper usare i suoi oltre 350 sensori per controllare con precisione il movimento di braccia e mani una per volta e contemporaneamente. Superati questi primi test, sarà messo davanti a un pannello di controllo dove eseguirà vari compiti: tutti simulati, però, dato che non ha il permesso di interagire con nessuno dei sistemi vitali della Stazione. Anzi, in caso di malfunzionamenti, l'equipaggio potrà "spegnerlo" rapidamente premendogli su un braccio.
E a proposito di equipaggio, un'altra cosa che la Nasa vuole capire con il volo di R2 è come evolveranno i suoi rapporti con gli astronauti. Oltre a testarne l'utilità nella situazione concreta della stazione spaziale, c'è infatti anche un risvolto psicologico da prendere in considerazione prima di ammetterlo a lavorare fianco a fianco con esseri umani. In fondo, un robot umanoide non è una macchina qualunque; come la fantascienza ci ha spesso raccontato, nell'isolamento dello spazio anche un robot può diventare un amico (o un nemico). Uno dei primi a scoprire di che pasta è fatto R2 sarà l'italiano Paolo Nespoli, che a metà dicembre partirà a bordo di una Soyuz per rimanere sei mesi sulla stazione spaziale e avrà quindi l'occasione di interagire con il robot e verificarne meraviglie o difetti.
Ma se il presente di R2 è poco impegnativo, il suo futuro - o meglio, quello dei suoi discendenti - si prospetta ricco di avventure e di gloria. Il prossimo passo vedrà i robot umanoidi lavorare all'esterno della stazione, da soli o insieme agli astronauti. Via via che si perfezionano, saranno poi dotati di gambe (al Johnson Space Center le stanno già preparando) o di ruote per muoversi agevolmente sulla superficie di altri mondi: asteroidi, nuclei di comete, ma soprattutto sulla Luna e su Marte, dove i Robonaut andranno in avanscoperta, precedendo, e preparando, l'arrivo degli equipaggi umani. Alla NASA, infatti, non hanno dubbi: il segreto del successo dell'esplorazione del sistema solare è nell'azione comune di uomini e robot.
font:http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/10/27/news/robot_r2-8469603/
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