ROMA - Oggi consumiamo più risorse di quelle che la Terra può fornire senza impoverirsi e colmiamo la differenza rubando l'acqua che scorre in falde acquifere che non si rigenerano, bruciando foreste che si trasformano in deserto, pescando tanti pesci da spopolare i mari. C'è già di che preoccuparsi, ma il futuro - in assenza di una rapida correzione di rotta - è ancora più preoccupante: il bilancio si aggraverà pesantemente già nel 2030. E' l'allarme contenuto nel "Living Planet Report", il rapporto biennale realizzato dal Wwf in collaborazione con la Zoological Society di Londra e il Global Footprint Network, che nell'anno internazionale della biodiversità e a pochi giorni dall'apertura della Conferenza di Nagoya che dovrà decidere le nuove strategie per fermare il tasso di perdita della biodiversità al 2020.
Quello che emerge è un quadro grave, che offre anche una chiave di lettura per capire la crisi economica che stiamo attraversando: una crisi che s'intreccia con la minaccia di bancarotta ecologica. Sovrappopolazione, sprechi, disattenzione hanno portato a un saccheggio crescente delle materie prime e delle fonti energetiche che oggi hanno un andamento fortemente instabile dal punto di vista dei prezzi e disastroso dal punto di vista ambientale: la depurazione dell'acqua, la fertilità del suolo, la stabilità dell'atmosfera (e quindi del clima) sono servizi gratuiti che la natura offre e che la crescita umana senza controllo sta minando.
font: http://www.repubblica.it/ambiente/2010/10/12/news/un_pianeta_e_mezzo-7984084/
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