Ricordo, da bambino, di essere stato alla festa per le nozze d'oro di nostri lontani parenti: mi sembravano d'una vecchiezza impressionate, come personaggi al di fuori del mondo reale. Ora, fra pochi mesi, insieme a Giulia (mia moglie) compiremo anche noi cinquant'anni di matrimonio, eppure non ci sentiamo così decrepiti. Intendiamoci, i segni del tempo si vedono tutti, ma il nostro amore continua a rifiorire, come il vino buono che invecchiando migliora.
Il fatto è che da qualche tempo abbiamo superato ogni desiderio di possesso reciproco, e i frutti si vedono e si sentono. Credo che in qualche modo ogni itinerario coniugale debba fare i conti con tendenze possessive, che diventano senz'altro distruttive, se non si giunge a lavorare insieme per coltivare invece la disponibilità. Non c'è solo la gelosia, soprattutto quando assume aspetti patologici, a derivare da simili intenzioni, perché sovente gli atteggiamenti possessivi assumono altre forme, più subdole e meno facilmente identificabili.
A parte le esplicite volontà di possesso, che alcuni considerano positive (ovviamente per se stessi), la naturale insicurezza umana, insieme all'istintiva ricerca di affermare una propria identità, sono elementi che sovente spingono, più o meno consciamente, a volersi impossessare degli altri, e tanto più quanto più i rapporti sono stretti e intimi. In particolare si alimentano e crescono, oppure maturano e si trasformano, nell'ambito del rapporto coniugale, dove l'impatto con atteggiamenti speculari costringe prima o poi a fare i conti anche con se stessi.
Si potrebbe dire che l'andamento standard di un rapporto di coppia è fatto di momenti piacevoli e di scontri quotidiani, anche se sovente piccolissimi. Di solito, la reazione più comune alle divergenze è la pretesa che sia l'altro a cambiare: se tu fossi o facessi così e così, allora io.... È sempre l'altro a doversi muovere per primo.
Nel corso degli anni, con Giulia abbiamo avuto abbondanti momenti piacevoli, ma ci siamo anche tanto contrastati! Dobbiamo ammettere che talvolta anche il nostro matrimonio ha corso il rischio d'imboccare strade sconnesse e divergenti. Poi finalmente la Grazia ci ha sfiorato e ci siamo incontrati: abbiamo smesso di pretendere che sia il coniuge a dover cambiare, per deciderci a cambiare insieme. O per dir meglio, siamo passati dalla voglia di convertire l'altro alla semplice e banale idea di cominciare dalla propria conversione. La nostra fortuna, o se si preferisce il grande dono ricevuto dallo Spirito santo, è di aver intuito contemporaneamente i benefici che ne potevamo trarre. Come risultato, eccoci ancora innamorati, ma in modo assai più divertente d'un tempo.
Ora ci sembra incredibile che sia così difficile capire quel che, una volta capito, appare addirittura ovvio. E cioè che l'autentico interesse di un coniuge non può mai essere in contrasto con quello dell'altro. Chi aspira a un rapporto sereno, ricco di armonia e di affetto condiviso, non dovrebbe faticare a capire che tale realizzazione è possibile solo se il coniuge ha un desiderio analogo. Ma se è così, come ignorare che l'interesse primario sarà la preoccupazione di facilitarsi l'un l'altro il compito, di spianarsi reciprocamente la strada in modo da incontrarsi su un cammino comune? Più ancora che altruismo, occuparsi dell'altro, riscoprire quotidianamente la persona amata, è conveniente per sé.
Bisogna farsi parte attiva, aprire la strada alla comunicazione, preoccuparsi di conoscere bene gli stati d'animo del coniuge, non attendere quegli accumuli che fanno esplodere rivalse, innestano comunicazioni aggressive, finiscono per fare ingigantire conflitti iniziati da piccoli e secondari problemi. Bisogna smetterla di fuggire le difficoltà nell'illusione di un pro bono pacis che maschera il problema creando altri accumuli. Comunicare è tutt'altro che facile, per riuscirci efficacemente bisogna imparare a "farsi dire", un'arte difficilissima, che si basa sull'offerta della propria disponibilità prima di pretendere qualcosa dall'altro. Con Giulia, il nostro rapporto ha fatto il decisivo salto di qualità quando abbiamo imparato a chiederci frequentemente: hai qualche cosa da dirmi? Oppure: posso fare qualcosa per te? E ci siamo rapidamente accorti che l'offerta di coinvolgersi dove ci sono differenze e contrasti è già l'inizio d'una qualche soluzione. A quel punto diventa chiaro che non si può vincere uno contro l'altro, ma si può soltanto vincere insieme. La parola convincere, che talvolta viene intesa come forzatura (mi vuoi convincere per forza?), ha invece un significato altamente costruttivo. Con–vincersi, vincere insieme, trovare insieme qualche soluzione, è l'unica possibilità di risolvere i problemi una volta per tutte.
E dopo aver trovato questa complicità, questo coinvolgimento, questo fronte comune contro le pretese di chiunque dei due, sconfiggerle diventa facilissimo, perché si sente aumentare la gratitudine reciproca per lo straordinario dono di facilitarsi l'amore. Quando si sente sgorgare dal cuore la voglia di dire al proprio innamorato, non ti ringrazio perché mi ami, ma ti ringrazio di amarti, allora il gioco è fatto e rien ne va plus! Non resta che godersi la (con)vincita....(continua sul sito dell'autore)
Il fatto è che da qualche tempo abbiamo superato ogni desiderio di possesso reciproco, e i frutti si vedono e si sentono. Credo che in qualche modo ogni itinerario coniugale debba fare i conti con tendenze possessive, che diventano senz'altro distruttive, se non si giunge a lavorare insieme per coltivare invece la disponibilità. Non c'è solo la gelosia, soprattutto quando assume aspetti patologici, a derivare da simili intenzioni, perché sovente gli atteggiamenti possessivi assumono altre forme, più subdole e meno facilmente identificabili.
A parte le esplicite volontà di possesso, che alcuni considerano positive (ovviamente per se stessi), la naturale insicurezza umana, insieme all'istintiva ricerca di affermare una propria identità, sono elementi che sovente spingono, più o meno consciamente, a volersi impossessare degli altri, e tanto più quanto più i rapporti sono stretti e intimi. In particolare si alimentano e crescono, oppure maturano e si trasformano, nell'ambito del rapporto coniugale, dove l'impatto con atteggiamenti speculari costringe prima o poi a fare i conti anche con se stessi.
Si potrebbe dire che l'andamento standard di un rapporto di coppia è fatto di momenti piacevoli e di scontri quotidiani, anche se sovente piccolissimi. Di solito, la reazione più comune alle divergenze è la pretesa che sia l'altro a cambiare: se tu fossi o facessi così e così, allora io.... È sempre l'altro a doversi muovere per primo.
Nel corso degli anni, con Giulia abbiamo avuto abbondanti momenti piacevoli, ma ci siamo anche tanto contrastati! Dobbiamo ammettere che talvolta anche il nostro matrimonio ha corso il rischio d'imboccare strade sconnesse e divergenti. Poi finalmente la Grazia ci ha sfiorato e ci siamo incontrati: abbiamo smesso di pretendere che sia il coniuge a dover cambiare, per deciderci a cambiare insieme. O per dir meglio, siamo passati dalla voglia di convertire l'altro alla semplice e banale idea di cominciare dalla propria conversione. La nostra fortuna, o se si preferisce il grande dono ricevuto dallo Spirito santo, è di aver intuito contemporaneamente i benefici che ne potevamo trarre. Come risultato, eccoci ancora innamorati, ma in modo assai più divertente d'un tempo.
Ora ci sembra incredibile che sia così difficile capire quel che, una volta capito, appare addirittura ovvio. E cioè che l'autentico interesse di un coniuge non può mai essere in contrasto con quello dell'altro. Chi aspira a un rapporto sereno, ricco di armonia e di affetto condiviso, non dovrebbe faticare a capire che tale realizzazione è possibile solo se il coniuge ha un desiderio analogo. Ma se è così, come ignorare che l'interesse primario sarà la preoccupazione di facilitarsi l'un l'altro il compito, di spianarsi reciprocamente la strada in modo da incontrarsi su un cammino comune? Più ancora che altruismo, occuparsi dell'altro, riscoprire quotidianamente la persona amata, è conveniente per sé.
Bisogna farsi parte attiva, aprire la strada alla comunicazione, preoccuparsi di conoscere bene gli stati d'animo del coniuge, non attendere quegli accumuli che fanno esplodere rivalse, innestano comunicazioni aggressive, finiscono per fare ingigantire conflitti iniziati da piccoli e secondari problemi. Bisogna smetterla di fuggire le difficoltà nell'illusione di un pro bono pacis che maschera il problema creando altri accumuli. Comunicare è tutt'altro che facile, per riuscirci efficacemente bisogna imparare a "farsi dire", un'arte difficilissima, che si basa sull'offerta della propria disponibilità prima di pretendere qualcosa dall'altro. Con Giulia, il nostro rapporto ha fatto il decisivo salto di qualità quando abbiamo imparato a chiederci frequentemente: hai qualche cosa da dirmi? Oppure: posso fare qualcosa per te? E ci siamo rapidamente accorti che l'offerta di coinvolgersi dove ci sono differenze e contrasti è già l'inizio d'una qualche soluzione. A quel punto diventa chiaro che non si può vincere uno contro l'altro, ma si può soltanto vincere insieme. La parola convincere, che talvolta viene intesa come forzatura (mi vuoi convincere per forza?), ha invece un significato altamente costruttivo. Con–vincersi, vincere insieme, trovare insieme qualche soluzione, è l'unica possibilità di risolvere i problemi una volta per tutte.
E dopo aver trovato questa complicità, questo coinvolgimento, questo fronte comune contro le pretese di chiunque dei due, sconfiggerle diventa facilissimo, perché si sente aumentare la gratitudine reciproca per lo straordinario dono di facilitarsi l'amore. Quando si sente sgorgare dal cuore la voglia di dire al proprio innamorato, non ti ringrazio perché mi ami, ma ti ringrazio di amarti, allora il gioco è fatto e rien ne va plus! Non resta che godersi la (con)vincita....(continua sul sito dell'autore)
pubblicato da Noi Genitori e Figli 26 gennaio 2003
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